Nell'intreccio umido scuro dei rami
il sole è una grossa tiepida macchia
che s'allarga sull'orizzonte spento
espandendosi rossa
Dietro boschi di pini
chiusi come bande d'armati
scende l'alito inumano del vento
ma il gelo non può carpirmi dentro
la brace povera dell'emozione
Nell'anfratto più oscuro e contorto
c'è un io che si strugge
come un dio commosso
in un lamento delirio muto
da sempre inespresso
Non mi so leggere fino in fondo
oltre le pagine aperte della vita
nello schiudersi d'una persiana
l'eco d'un riso
d'una parola sfuggita
il rimpianto in uno sguardo incrociato
nel buio appena acceso da un lampo
Non so vaneggiamenti onirici
né indecifrabili ermetismi
fuggo dal termine raro
che non oso pronunciare
Resto
in quel gesto lento di marcia
la cadenza dolorosa d'un passo
ripetuto nel tempo
quello stesso passo vissuto
e rivissuto ancora
per un'ultima estrema volta
Ulm, 19 dicembre 1988
- Blog di Vittorio Fioravanti
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