Scritto da © seb11 - Lun, 10/03/2014 - 18:36
La percezione del tempo a livello fisiologico pare sia legata alla differenziazione tra gli strati concettualmente più esterni (recenti ...) e di quelli più interni del cervello; i primi hanno poca “memoria” e registrano gli stimoli esterni passandoli a quelli interni; essi, per assolvere questa funzione “dimenticano” rapidamente, come – tanto per fare un esempio tecnico – un tester rilevando una corrente muove l'ago che indica la misura, ma al cessare del fenomeno misurato si riazzera per essere pronto a nuove misurazioni; se dietro il tester c'è un umano che registra ecco che quel che lo strumento ha rilevato viene registrato su carta, in base ad un criterio ponderato.
In questa situazione, in caso di veglia, si determina la relazione tra fatti e tempo; ma il sonno, pur non azzerando ogni attività cerebrale, avviene per via di un calo più o meno alto dell'attività cerebrale più esterna; è per questo che la sensazione del tempo nei sogni è fortemente alterata; qualche immagine-ricordo condensata in tempi brevissimi viene vissuta come un episodio che si evolve nel tempo ... in un tempo soggettivo nettamente più lungo di quello rilevato oggettivamente con vari test scientifici ormai noti e provati. In certi casi si ha persino un rovesciamento del tempo: tipico il caso della sveglia che squillando genera la percezione di qualcosa di analogo, come ad esempio un treno che fischia ... La mente vive soggettivamente eventi precedenti l'arrivo del treno e, dopo, il treno che arrivando fischia, anche se l'evento è generato dallo squillo della sveglia; questo prova che la fulminea cristallizzazione mentale del sogno rovescia la normale percezione temporale che, salvo disturbi psichici gravi, funziona nello stato di veglia.
Ed ora l'argomento cui volevo arrivare dopo questa premessa alquanto schematica: “la morte” ...
... un'esperienza conosciuta solo da chi è già morto, quindi da miliardi di persone, ma per ovvie ragioni non fruibile da chi è vivo ... nonostante religioni, leggende e miti insistano su fantasie infondate non esiste al momento alcun riscontro degno di attenzione su quel che i morti possono raccontarci; a meno di non dar fede a quei fantasiosi che la fantasia la usano per mortificare l'intelligenza, piuttosto che per creare. La fantasia, se usata in modo creativo, è un prezioso linguaggio ...
Ora, pur senza prove, azzardo una ipotesi; cosa può accadere nella mente di un vivo che dalla vita sta scivolando nel nulla della morte?
Forse in quei micro istanti il cedimento delle funzioni periferiche può generare un sogno che in un brevissimo istante di “ancor vita” dura soggettivamente per l'eternità, anche se oggettivamente cessa per sempre con la fine dell'individuo. Poco importa che quel sogno abbia una durata oggettiva infinitesima; per colui che muore può essere soggettivamente vissuto come l'ultimo sogno eterno.
Che ciascuno -- pensando con serenità alla morte libera da menzogne di eternità, di aldilà, di paradisi o inferni – costruisca in vita il suo personale sogno di “pace eterna”, liberandosi -- insieme alle turpi menzogne dei sacerdoti di ogni razza, civiltà e colore – di ogni senso di colpa che, in vita, genera paura della morte: un evento naturale parte della vita.
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