scrivere nella casa morta | Prosa e racconti | plissè | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

scrivere nella casa morta

 
Ogni giorno ci passo d'avanti. La sfioro. La sento. Essa è lì, sempre presente. Indelebile. Ha un tetto rosso. Le colonne. Finestre affumicate e vetri sbriciolati. La porta chiusa da un grosso catenaccio. Ma apribile. La domenica, con le strade sfollate, è più solitaria che mai. Di notte è una lapide dormiente, gli occhi accesi di sfumature fosforescenti. La casa dei giochi. Me la ricordo così. La casa dei "coraggiosi". Era già vuota da più di un secolo, quando andavo a giocarci coi bambini del quartiere. Fatiscente, le stanze semibuie, avvolte da una luce appannata, intinta nella polvere. Giocavamo a nascondino. Ricordo la paura di perdersi in quelle stanze enormi. Scivolare nell'oblio. I grandi dicevano che era infestata dai fantasmi. Nei lunghi corridoi soffiava un vento ansimante, spifferante dalle crepe. Mi piaceva nascondermi dietro ad un pianoforte del salone piccolo. Mi piaceva andare per le strade della casa, mentre gli altri mi cercavano. La casa ti risucchiava al suo interno. Le porte si aprivano in un lungo intestino e ti ingurgitava. La conosco bene. Entravo da un punto e ne uscivo da un punto qualsiasi. Riuscivo ad arrivare, di soppiatto, alle spalle degli altri, afferrandoli. oppure, mi piaceva ululare da un buco della soffitta, facendo scappare tutti. Una volta mi lasciarono da solo. Era la prima volta che ero davvero solo in quella casa. Davvero. Le stanze diventarono sconosciute,  più ampie. Senza ritorno. Il vuoto circondava la penombra. Il respiro del vento era una filastrocca, divenuta richiamo. Stanco mi addormentai all'incrocio dei due corridoi principali, a forma di T. il silenzio era una fornace ed i sogni sentinelle nell'aria muta di una pace solitaria. Le porte scricchiolavano. Chi? Nessuno. CHI? I raggi di un sole pomeridiano entravano a fatica, accarezzando le guance. Chi? Il sonno era ancora tiepido. Passi leggeri scomparivano e raffioravano. Chi è? C'è qualcuno? Forse qualche bambino. Forse la piccola Emilia. I passi si fermarono e, poi, ricominciarono a rincorrersi. Da sotto le palpebre mi accorsi che una testa si affacciava dall'ultima porta del corridoio principale, a varie altezze. Mi sembrò che il suo collo si allungasse per guardarmi più da vicino. Ma ero stanco e caddi in un sonno profondo. Era già buio, quando mi alzai ed uscii. I miei dovevano essere preoccupati. Prima di prendere la rincorsa e volare, mi voltai guardandoLa. Due occhi neri, ripieni di rabbia, mi osservavano dall' ultima finestra a destra. Corsi via e da allora......Ieri, domenica ci sono entrato di nascosto. Mi sono addormentato nello stesso punto. Mi sono svegliato, mentre "qualcosa" mi trascinava di forza nelle segrete della casa.
Da allora vivo qui, in una gabbia di ferro.
Ho una catena al collo e due occhi neri, che mi fissano dal buio.

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 0 utenti e 3856 visitatori collegati.