Ritratto di donna - 8 | Recensioni | ferdigiordano | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Ritratto di donna - 8

 
 
            La passerella era il braccio robusto dei fari.
            La reggeva sul polso.
            Ai lati di ogni visione c'è sempre uno straordinario equilibrio di attese. Lì, ad esempio, il pubblico protendeva in avanti il viso: un unico volto segnato dall’ombra.
            Mostruoso il nero con decine di occhi come fanali.
            Parlava la balbuzie degli applausi.
            Qualche frammento di mormorio, tanto sudore sui palmi che strattonavano inguini.
            Molto acide le salive delle donne.
            Si sentiva dai fiati descritti nei racconti dei commerciali.
            Sui sagrati si raccoglievano oboli di tribolazione da distante, così era il peccato ripulito nei pressi. Così appariva senza alcuno scrupolo.
            Ruotava sempre a destra con quel gesto morbido della mano opposta, raccolta a cogliere dall’aria lo stupore dei maschi. L’anca mostrava il profilo di una fragola acerba. La spalla scrollava i lampioni. Il seno aveva tessiture ocra pallido. Appena appena due noccioli turgidi esprimevano il senso futuro del succo.
            Le donne giovani ne prendevano il sapore imitandola sui balconi.
            Lo intuiva in quelle ciglia socchiuse, disadattate al sole.
            Roboanti, se si fossero aperte del tutto.
            Era sottile. Uno stelo proiettato da caviglie fluide.
 
            Annunciavo i capi dell’abbigliamento intimo che poco copriva ed ancora meno rimaneva in memoria. Si vendeva quello che mai avrebbe contenuto. La mia voce era solo il suono della frustazione. Bassa, roca, a tratti l’emozione tremolava. Speravo mi notasse; poi, ovvio, sapere quanto avrebbe concesso di suo. Mi consentì di entrare nelle iridi e visitare la chimera della manequin che non divenne.
            In quel mese di fiere, fieno, passaggi a livello, rotabili sconnesse, lune più grandi della terra, stelle di piazze confuse, ci cogliemmo in più covi di buio che tra profumi di verbena. E lì mi lasciò, come ancora adesso sarebbe.
            Aveva la metà dei miei anni, ma il doppio di corsa.
            Finì che le luci caddero vuote, perchè non si può attendere che la luna porti alla notte, se la sera ci mantiene a distanza.



 

 

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