Scritto da © Piero Lo Iacono - Gio, 09/09/2010 - 11:27
Rose di carta igienica strozzo
nel torchio delle mie mani adunche.
Cavo gli occhi elastici di una pupazzola
e le sue flaccide braccia di lattice.
Voglio il solito latte di renna per lavarmi i piedi
e ammorbidirmi i peli e i calli della carne.
Ogni specchio mi impone di guardarmi.
E a sé mi trascina col fiato contrario.
Cocciuto mi clona, mi duplica e tutto mi rinfaccia.
Ma frantumarlo sarebbe moltiplicarmi.
Così d’impulso in faccia gli sputo.
Poi il meno peggio m’incoraggia
al pensiero d’un male peggiore:
lo spregio di guardarmi e non vedermi!
Riprenderò a parlarmi allo specchio nudo.
Davanti ai miei occhi che mi guardano
come sorrisi senza volti.
Devo migliorare l’immagine di me a me stesso!
Col rasoio faccio a spicchi un limone
(come uno di quelli nello shampoo).
C’è come un telefono che mi squilla
a intervalli nella coscienza
e intenti e intenzioni m’interrompe.
Poi mi faccio cattedrale gotica
e fiero mi slancio
con la mia selva di pugnali appuntiti
puntati contro il cielo.
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