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Tra il dire e il fare

Vi presento una mia poesia (anzi, una invettiva in forma di poesia) abbastanza forte e "perturbante" dalla cui lettura potreste subire una "mutazione" (scherzo, ma non tanto), sicuramente non sarete uguali a come eravate prima di leggerla... 
Chiedo allora scusa preventivamente se con questa invettiva in forma di poesia possa offendere qualcuno di voi o offuscare la luce di qualche vostro amato mito culturale, absit iniuria verbis. Le informazioni che vi leggerete sono vere e scrupolosamente raccolte in anni di ricerche (non escludo che potrei essermi sbagliato in qualche caso, a volte lo spererei).
Spero di non aumentare la schiera dei miei "nemici" soprattutto per avere arpionato così scoertesemente il lettore... e non solo 
PIERO LO IACONO
 
TRA IL DIRE E IL FARE
c’è di mezzo il male.
 
Parlano tutti i giorni di civiltà
ma poi fanno le guerre
come dalla preistoria.
Hanno la buona volontà sulle
labbra ma il lucro nelle mani.
 
Il dire e il fare sono come due occhi
estranei che hanno in mezzo il naso.
Due opposte anime agli antipodi.
Dire è un occhio. Fare l’altro occhio.
Divisi dal naso come un mare,
un muro, una muraglia, pressappoco.
 
Altro è desiderare, altro è fare.
Voler muovere il mio braccio
e muoverlo sono due azioni
distinte. Non una sola.
A volte ho il sospetto che la volontà sia mia
ma l’azione del destino o della mia natura.
 
Poiché tutti, anche tu lettore, non vivi
come parli ma non fai che parlare
del modo in cui si debba vivere.
 
Ah se fare fosse facile come dire!
E tu capace di essere quel che
predichi. Più atti e meno parole.
Invece dici e prometti come vuoi.
Le parole indipendenti dall’esempio.
Pensi e sogni ma poi fai come ti torna.
Attaccato al tuo tornaconto, al tuo
particolare, all’interesse proprio.
Ami il bene e prometti di fare grandi cose
poi dimentichi cosa hai promesso
e scompaiono gli ideali su cui giurasti.
Le bandiere e le bibbie su cui t’impegnasti.
 
Si parla troppo. E del dire, di tanto dire,
cosa rimane nel fare? Solo un lontano
riflesso, una eco soffusa, un barlume che
muore, sempre di più, sempre di meno.
 
Oh com’è difficile non fare quello
che si rimprovera agli altri!
E seguono parole di pentimento
e propositi di cambiamenti.
 
Dal dire al fare si son persi
i Seneca che predicano la frugalità
ma poi vivono nel lusso
come precettori dei Neroni.
I Petrarca che accettano l’ordinazione a prete
per fare carriera (non solo ecclesiastica).
I Guicciardini che per difendere il loro “particulare”
restano al servizio dei papi che odiano.
Gli Ariosto che sposano in segreto
le Alessandra Benucci per non
perdere certi benefici ecclesiastici.
I Cusano che si prende l’accusa di panteismo
e un anno di carcere per aver detto in pubblico
che Dio e universo sono la stessa cosa e infiniti,
poi cambia parere e viene eletto Vescovo
di Bressanone, quindi Cardinale e infine
Vicario generale dello Stato Pontificio
e fedele servitore del Papa.
 
IL FAUT VIVRE! O poter dire:
“vivo solo di quel che sono!”
 
I Montaigne che raccomandano la solidarietà
ma se scoppia il colera a Bordeaux (di cui sono
sindaci) si blindano nel castello e non ascoltano nessuno.
I Leibniz, cortigiano prostituto intellettuale
dei signori e i re dell’epoca.
I Rousseau, maestro di pedagogia e dell’arte
di educare i fanciulli che poi abbandona
negli orfanotrofi i suoi cinque figli.
Gli Alfieri che osannano la libertà e poi
tiranneggiano i familiari e picchiano
a sangue i valletti privi di zelo.
I Goethe che scrivono la tragedia di Margherita
e poi votano per la condanna a morte
di una ragazza con lo stesso destino.
I Puskin che muore a 38 anni in duello contro
il corteggiatore di sua moglie, il barone d’Anthès.
I Tolstoi che cantano le gioie del matrimonio
e poi deflorano le domestiche e le contadine indifese.
I Marx che deplorano il capitale ma sposano
la baronessa ricca, si fanno gli amici tra i ricchi
e si arrabbiano se la loro figlia sposa un impiegato.
I De Amicis che scrivono “Cuore” e poi sotto gli eccessi dell’alcool
si trasformano in bruti maneschi e prepotenti con la moglie e i figli.
Gli Ungaretti che pubblicano nel 1923 “Il porto sepolto” con la
prefazione di Benito Mussolini salutato come “un signore del
Rinascimento” perché ''poche righe di prefazione'' da parte
del nuovo capo di governo sarebbero state per il poeta
''agli occhi di tutti, un gran segno d'onore''.
I Pirandello che aderiscono al fascismo
subito dopo l’assassinio di Matteotti.
I Freud (il padre della psicanalisi) che nel 1933 dedica
un libro a Mussolini chiamandolo “eroe della civiltà”.
I Mandelstam, che arrestato, cerca di attirarsi,
la benevolenza di Stalin scrivendogli un’ode
in sua lode. Così fa la Achmatova quando
le arrestano il figlio. E così Pasternak
con alcune poesie insincere.
 
Non condannarli, o lettore, siamo come loro.
Ma non assolverti.  Sono solo pochi esempi
nei quali lo Spirito Assoluto del mondo
volle stampare più vasta orma di sé.
Non li ho presi per giudicarli.
E se ti hanno turbato è perché
non ti conosci abbastanza.
 
E tu, tu che scagli la prima pietra,
tu ami la lapidazione, la tua!
 
“Il vero male per l'uomo non è quello che soffre, ma quello che fa”
(A.Manzoni, “Osservazioni sulla morale cattolica”, cap.III)
 
 
 

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