Scritto da © Piero Lo Iacono - Dom, 10/08/2014 - 13:05
Chiedilo a
Chiedilo alle foglie che mi rammentino
le vanaglorie in cui mi ammantello.
Ai monti scolpiti dal pianto
d’innumerevoli nuvole.
Chiedilo alle pietre allineate dal viandante,
a quelle sistemate a segni della strada
che cessi questa polvere addosso
che doso ostinato a peso d’oro.
Chiedilo al vento se si ferma
per ricostruirsi altrove presso
i licheni nella forra boschiva.
Chiedilo al cuore
che adora riempirsi
di sabbia e smemorare.
Al sole, chiedilo, al cielo, alle betulle
entrati in questi specchi d’acqua
senza bagnarsi.
Chiedilo alla riva,
all’arida arena d’ira,
all’onda che il mare infligge
ad una condanna di spiaggia.
Questo morire che non lascia
rumore di schiuma.
Né riflesso di suoni.
Chiedi al lanciatore di coltelli
la perizia dell’improvvisatore
che getti lo sguardo oltre l’effimero
in un’ampiezza che dilati me e te
invece di guardare il mondo
dall’unghia della tartaruga.
Chiedilo alle foglie che mi rammentino
le vanaglorie in cui mi ammantello.
Ai monti scolpiti dal pianto
d’innumerevoli nuvole.
Chiedilo alle pietre allineate dal viandante,
a quelle sistemate a segni della strada
che cessi questa polvere addosso
che doso ostinato a peso d’oro.
Chiedilo al vento se si ferma
per ricostruirsi altrove presso
i licheni nella forra boschiva.
Chiedilo al cuore
che adora riempirsi
di sabbia e smemorare.
Al sole, chiedilo, al cielo, alle betulle
entrati in questi specchi d’acqua
senza bagnarsi.
Chiedilo alla riva,
all’arida arena d’ira,
all’onda che il mare infligge
ad una condanna di spiaggia.
Questo morire che non lascia
rumore di schiuma.
Né riflesso di suoni.
Chiedi al lanciatore di coltelli
la perizia dell’improvvisatore
che getti lo sguardo oltre l’effimero
in un’ampiezza che dilati me e te
invece di guardare il mondo
dall’unghia della tartaruga.
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