Scritto da © Antonella Iuril... - Dom, 08/01/2012 - 10:19
Se il nostro lessico rivela la nostra cattiva piega, la situazione non sembra destare poi così tanta preoccupazione. Si tratta di una lenta assuefazione ad un danno che ha radici molto lontane e non può più essere inteso come un antagonismo tra i sessi.
L’assurdo è che, persino quei movimenti rivoluzionari che avevano lo scopo di liberare l’uomo dalle sue catene, proprio a causa dell’insita incapacità di evidenziare, analizzare e risolvere l’interiorizzazione progressiva della conflittualità maschile - femminile, hanno finito con il togliere vecchie catene come religione, Dio, per sostituirle con altre forme di tirannia e fanatismo, chiamate stato, macchina, partito o quota di produzione.
Reich conosciuto dai più come il padre della rivoluzione sessuale, era uno degli allievi più brillanti di Freud, nonché un attivissimo membro del partito comunista. Negli anni trenta scrisse un libro “Psicologia di massa del fascismo” (2), che gli valse l’esclusione dalla comunità psicoanalitica e dal partito comunista. In questo libro come in altri, Reich studiò e illustrò la natura del successo della manipolazione nazista nei confronti dei Tedeschi.
La nostra umanità è soggetta ad un costante dissanguamento delle sue qualità genuinamente femminili, e per rendersene conto basterebbe considerare lo stato di salute emozionale di uomini e donne.Vitalità, gioia di vivere e profondità emotiva, hanno tacitamente ceduto il passo a iperattività, depressione, angoscia, superficialità emozionale, mancanza di senso, violenza ed inconsistenza.
La femminilità non è prerogativa esclusiva delle donne, ma è un fondamentale aspetto energetico, fisico e psicologico che influenza il senso di identità di uomini e donne. Secondo Joseph Campbell qualità del femminile sono:
“Il lato sinistro del corpo, la protezione, la maternità, la seduzione, il potere fluido della luna e la sostanza del corpo, il ritmo delle stagioni, la gestazione, la nascita, il nutrimento e l’accoglienza; e allo stesso tempo : la malizia, la vendetta, l’irrazionalità, la collera scura e terribile, la magia nera, il veleno, la stregoneria e la delusione; ma anche l’incanto, la bellezza, il rapimento e la benedizione.”
Prettamente maschili sono:
“L’azione, i mezzi di difesa, la forza bruta e crudele, la benevolente giustizia; senza tralasciare l’egoismo, l’aggressione, la lucida razionalità, il potere creativo solare, ma anche la malevole freddezza emotiva, l’astratta spiritualità, il coraggio cieco, la dedizione teoretica, la sobrietà e l’indiscutibile forza morale.” (1)
E’ abbastanza semplice valutare a quali elementi una cultura attribuisce maggior valore, grazie ad una indagine del suo lessico. Per esempio nel sanscrito, che è la base delle lingue orientali, ci sono almeno 96 termini per definire la parola "Amore"; in antico persiano ce ne sono 80 ; in greco 4 ; in inglese 1 e anche l’italiano scarseggia.
Non dobbiamo meravigliarci se poi siamo a corto di mezzi di comprensione, quando cerchiamo di cogliere sfumature nella complessità della nostra vita interiore.
Gli eschimesi a loro volta, hanno almeno trenta termini per la parola "Neve", dal che si puo’facilmente dedurre che la neve per loro è una realtà davvero importante.
Le donne al pari degli uomini, vanno rafforzando giorno per giorno le caratteristiche maschili, uniformando le loro identità a valori che esaltano il raziocinio, il potere, la lotta, l’utilitarismo ela supremazia del più forte sul più debole. Siamo diventati più ricchi e potenti a scapito delle nostre qualità femminili quali: calore, sentimento e soprattutto integrità, parola ormai largamente in disuso .
Se il nostro lessico rivela la nostra cattiva piega, la situazione non sembra destare poi così tanta preoccupazione. Si tratta di una lenta assuefazione ad un danno che ha radici molto lontane e non può più essere inteso come un antagonismo tra i sessi.
La conflittualità sociale, ormai e’ giunta ad un tale punto di interiorizzazione personale che non possono più essere usate le formule sociali e politiche di cui ci siamo avvalsi in passato. Le donne al pari degli uomini, sebbene abbiano, almeno in apparenza, conquistato maggiore benessere e libertà, non si sentono più libere di ieri: entrambi i sessi vivono incessantemente una lotta senza quartiere, in minima parte consapevole ma in larga parte inconsapevole, con se stessi.
Entrambi sono ben lungi dall’essere felici, nonostante il maggior benessere materiale conquistato, e la conseguente emancipazione dalla fatica. La lotta interiore pone l’uomo in uno stato di prigionia perché la lotta, richiede tensione, e la tensione, una volta cronicizzata, imprigiona l’uomo in una capsula che lo rende rigido e insensibile.
Il patriarcato è stato fondato sulla meticolosa e inesorabile divisione tra testa e corpo, raziocinio e sentimento, funzioni materiali e esperienza spirituale, scienza e magia, medicina e conoscenza dei rimedi naturali, sessualità e sacralità, arte e mestiere, lingua e poesia, per restituirci invece, una conoscenza specializzata astratta e meccanicistica nelle mani di élites privilegiate, organizzate in professioni, gerarchie e classi. Persino la vita è stata divisa in categorie di maggiore o minore valore.
In questa gerarchizzazione e suddivisione, la natura e il femminile hanno paurosamente avuto la peggio. Il progressivo saccheggio della natura e l'incalzante svalutazione del femminile hanno condotto il nostro pianeta sull'orlo del collasso del suo sistema immunitario, così come del nostro, in nome di tecnologia, utilitarismo economico e potere assistiamo insensibili alla perdita del nostro stato di grazia originale.
L’assurdo è che, persino quei movimenti rivoluzionari che avevano lo scopo di liberare l’uomo dalle sue catene, proprio a causa dell’insita incapacità di evidenziare, analizzare e risolvere l’interiorizzazione progressiva della conflittualità maschile - femminile, hanno finito con il togliere vecchie catene come religione, Dio, per sostituirle con altre forme di tirannia e fanatismo, chiamate stato, macchina, partito o quota di produzione.
A tale proposito ritengo che l’analisi sociologica e psicoanalitica condotta da Wilhelm Reich negli anni trenta, sia ancora di un’attualità stupefacente.
Wilhelm Reich, non è abitualmente collegato al marxismo, ma è proprio da una “weltanschauung” , di tipo marxista che ha iniziato la sua analisi.
Wilhelm Reich, non è abitualmente collegato al marxismo, ma è proprio da una “weltanschauung” , di tipo marxista che ha iniziato la sua analisi.
Infatti con i suoi primi lavori cercò di collegare l’analisi economica di classe alla comprensione del ruolo giocato dalla repressione sessuale delle maggiori istituzioni quali: stato, chiesa, famiglia, scuola ecc. Quando Reich parlava di sessualità, non si riferiva eslusivamente alla genitalità, che è solo una componente della sessualità, bensì all’Eros.
Reich conosciuto dai più come il padre della rivoluzione sessuale, era uno degli allievi più brillanti di Freud, nonché un attivissimo membro del partito comunista. Negli anni trenta scrisse un libro “Psicologia di massa del fascismo” (2), che gli valse l’esclusione dalla comunità psicoanalitica e dal partito comunista. In questo libro come in altri, Reich studiò e illustrò la natura del successo della manipolazione nazista nei confronti dei Tedeschi.
Secondo il suo punto di vista, ad un livello psicologico e biologico più profondo, le persone erano state così pesantemente condizionate da secoli di repressione religiosa e psicosessuale, da rispondere obbedientemente e cooperare, senza protestare , non solo di fronte a sadismo, tirannia, e genocidio; ma soprattutto nei confronti di un concetto religioso, antifemminile e paranoide di ossessiva ricerca di purezza, e superiorità in generale, e in particolar modo della razza.
Un leader per quanto ipnotico, non ha la capacità di di creare gli eventi, ma è solo un catalizzatore fra i condizionamenti e le sue conseguenze. Similmente il Fascismo non fu un fenomeno barbarico che apparve all’improvviso nel bel mezzo della “ civilizzazione” ma fu il risultato di un lungo processo di condizionamento, nel quale le istituzioni responsabili del condizionamento, furono le stesse responsabili della “civilizzazione”.
Reich ci ha ripetutamente messo in guardia dal non cadere nell’ingenuità di credere che un reale cambiamento equivalga ad un cambiamento che migliori lo stato economico sociale. Peculiarita’dei totalitarismi, quali repressione, relazioni di potere, sadismo, desiderio di sopraffazione e umiliazione, nonostante il nostro adattamento rimangono profondamente alloggiati nelle cellule del sistema nervoso dei membri delle nostre cosìddette società “civilizzate”, e determinano le successive evoluzioni / rivoluzioni.
Tanto gli oppressori quanto le vittime sono danneggiati dall’esperienza, poiché l’impianto repressivo avviene a livelli molto più profondi : sia a livello della sessualità eros, quanto a quello dello spirito logos, ovvero quello che noi sentiamo e quello che noi diciamo .
Al punto in cui siamo il problema non è più se abbiano , più o meno, ragione i partiti di destra o di sinistra, il sistema capitalistico occidentale o il comunismo sovietico gli uomini o le donne ecc . L’uomo non è più libero di ieri, ha solo cambiato la marca della catena che lo imprigiona, e ha sostituito le vecchie , arrugginite e rumorose , con altre più sofisticate e maggiormente infisse nelle sue carni e per questo ormai pericolosamente inconsce.
Le rivoluzioni sono destinate a fallire, la Storia ce lo insegna, il vero cambiamento può solo partire dal singolo, dal suo interno, dalla piena presa di coscienza dei suoi limiti ma anche delle sue immense possibilità, da una maggiore acquisizione di coscienza e sensibilità rispetto alle proprie disfunzioni e patologie.
Una prigione non può essere evasa dice Marguerite Yourcenar, fino a che il suo perimetro diventerà noto quanto la nostra carne. Senza i sentimenti e la considerazione dei limiti a cui siamo soggetti è impossibile procedere oltre.
Così patologicamente dissociati all’interno di noi stessi, abbiamo dimenticato di essere soggetti alla natura, alle sue leggi, abbiamo dimenticato come vivere. Ci siamo adattati a sopravvivere accontentandoci di surrogati e di patetiche menzogne che ci impediscono di vedere che a moltissimi livelli delle nostre esperienze non siamo più capaci di sentire e di capire cosa stiamo facendo, perché ormai abbiamo perso il senso della misura e con essa la forza, la salute e la bellezza che derivano dall’essere integri per vivere in pace.
Antonella Iurilli Duhamel
scultura A. Iurilli Duhamel
(1 ) Joseph Campbell, Creative Mithology, New York,Viking1968)
(2) W. Reich, Psicologia di
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