Scritto da © Franca Figliolini - Mer, 18/07/2012 - 07:37
Rieccolo, con quel suo sguardo da cane bastonato. Adesso ricomincerà con la solita solfa del «perché lo fai?». Lui vorrebbe una qualche storia patetica, anzi, tragica sarebbe meglio. Un qualche farabutto che mi abbia costretta. Genitori cattivi. Povertà. Figli affamati. Insomma, qualcosa. Invece, non c'è niente. Tranne il fatto che qualcosa bisogna pur fare, per vivere. E questo è qualcosa.
Periodicamente capitano, questi tipi. Ti vogliono redimere. Dimentichi del fatto che prima di conoscere te, ci sono andati eccome con le tue colleghe. Hanno fatto i loro comodi e le hanno pagate. Ma tant'è. Siccome io ho gli occhi azzurri e sono molto giovane, a me, mi vogliono redimere. Alla povera Roberta, coi suoi cinquant'anni suonati ancora in mezzo alla strada, non la vuole redimere più nessuno, nemmeno il prete che passa una sera a settimana per portarci qualcosa di caldo e confortarci.
Che poi, Roberta l'aveva trovato uno che l'aveva redenta. Se l'era sposata, addirittura, il buon Filippo. Però poi, dopo un paio di mesi d'idillio, erano cominciate le botte. Perché aveva guardato il fornaio mentre comprava le rosette, perché aveva sorriso a un ragazzo per strada, perché c'era uno che doveva averla riconosciuta. «Puttana, sei una puttana!» gridava Filippo, e lei cosa poteva dire? Anche se adesso era assolutamente fedele al suo redentore, lo era stata, una puttana, e lui lo sapeva quando l'aveva sposata. Comunque, per fortuna di Roberta, era durata poco, la redenzione. Dopo un anno, era già di nuovo qui.
Per fortuna di Roberta, e anche mia. È stata lei che mi ha insegnato praticamente tutto, di questo mestiere. Ah, vedo già il sorriso lascivo. Invece no: non le posizioni per far godere meglio i clienti. Ma come farli godere più in fretta, per farsene di più in meno tempo. Come riconoscere i violenti ed evitarli. Come farsi dare più soldi. Insomma, le cose veramente necessarie. Mica siamo escort: siamo mignotte da strada.
Beh, non si può dire che questo fosse il lavoro che sognavo da ragazzina. Ma quanti possono dire di fare quello che sognavano? Qualcuno ha mai sognato di fare la cassiera al supermercato? O l'impiegata postale? Nessuno ci crede, ma questo è un lavoro come un altro. Quando torno a casa, mi tolgo i tacchi alti, la minigonna di lurex o quello che mi sono messa per arrapare i gonzi, mi faccio la doccia ed è finito tutto. Proprio come per la cassiera. Solo che guadagno di più.
Ma lui non ci vuole stare. Lui vuole il dramma. Il corpo infangato da ripulire con le sue lacrime di coccodrillo. Invece no, io quello non glielo do. Si cerchi qualcun'altra per lavarsi la coscienza. È troppo facile chiedere a me «perché lo fai?» Mai nessuno di loro che chiedesse a se stesso, perché lo fa.
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