Scritto da © pedronessuno - Ven, 02/08/2013 - 15:33
C’è una sola cosa che non ricordo della sera in cui ti ho conosciuta.
Per il resto ho tutto chiaro in mente, come se fosse ieri: il pub in cui passavo le mie notti, quelle che – ci avrei giurato – sarebbero state le ultime, la gente che parlava ad alta voce, i cocktail e la musica.
Tanta musica.
C’era l’atmosfera giusta di una qualunque sera di giugno che si rispetti.
Io me mi ero piazzato sul marciapiede, con la mia solita birra in mano e guardavo tutte quelle persone ridere, parlare e conoscersi e non me ne fregava assolutamente nulla.
Le guardavo come si può guardare un quadro in movimento.
Macchie colorate.
Guardavo quel fiume tumultuoso di vita scorrermi accanto ed ero sempre più deciso: non mi ci sarei mai bagnato.
Perché?
Perché non riuscivo a trovare un motivo per farlo, per correre così in fretta come mi sembrava corresse tutto il resto del mondo.
Tanto alla fine ci si ferma tutti quanti, nello stesso punto, quindi a che serve muoversi tanto, prima?
Vedi, a quel tempo tutti avevamo un sogno e la maggior parte di noi sarebbe riuscita a realizzarlo.
I pochi che non ce l’avrebbero fatta dormivano raramente e non gli restava tempo per sognare.
Io ero convinto di essere uno di quei pochi.
Il mio sogno segreto, che non avrei mai rivelato a nessuno e di cui mi vergognavo come un ladro, era di riuscire a trovare un motivo per immergermi in quel fiume di vita che osservavo intorno a me.
Avere un motivo per essere felice.
Ti è mai successo di comportarti così a lungo in un certo modo per cui poi quell’abitudine diventa parte di te, come una specie di maschera che ti porti addosso e che gli altri riconoscono con il tuo nome e cognome, ma che in realtà non sei tu?
Ecco, io ero una maschera dai mille volti, tanto abile da nascondere i miei veri sogni anche a me stesso.
Ma quella sera avrei incontrato qualcuno che avrebbe cambiato la mia vita.
E quella persona non eri tu, ne sono certo.
Perché l’unica cosa che non mi ricordo di quella sera è proprio di averti conosciuto.
Me ne avresti parlato tu stessa molto tempo dopo, e io avrei finto di ricordare.
La verità è che quella sera conobbi anche un'altra persona, qualcuno che per lungo tempo non avrei saputo neppure dire se si trattasse di un individuo reale o piuttosto una specie di angelo venuto a salvarmi.
Anzi, meglio, non un angelo ma un demone.
Un demone al contrario.
Giunto da chissà dove per restituirmi l’anima, che mi ero venduto molte notti prima, quando aveva scelto rinunciare a qualunque sogno che la vita avesse previsto per me.
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