Scritto da © pedronessuno - Sab, 25/04/2015 - 09:07
Ha posato il pc sul tavolo della cucina,
davanti alla finestra, quella con l'orchidea preferita di sua moglie.
Per un po' ha fissato un albero, fuori, nel giardino accanto,
con qualche germoglio verdissimo sui rami.
Si è messo a scrivere, qualche riga, pieno di qualcosa
di così bello da dover essere scritto. Non ha mai letto
una poesia, non ha tempo, dice. Sua moglie entra in cucina
vuole sapere se si è deciso
a prenotare la vacanza nordafricana,
la crociera sul Nilo. Glielo chiede proprio lì,
nel mezzo di un verso importante. Si ricorda benissimo il motivo
per cui ha sposato quella tizia: era giovane.
Fuori l'albero non si è mosso, i germogli sono cresciuti
dell'ordine di qualche micron, al massimo. La Via Lattea
invece ha percorso una distanza pazzesca. Dice alla moglie di non rompere
che non è proprio il momento. Lei esce e pensa di andarsene
per sempre. Si ricorda benissimo perché ha sposato quel fallito:
era stupida. Non che al mondo servano altre poesie,
ce ne sono a milioni, di poesie, nel mondo. Dall'altra stanza
Giusy – questo il nome della moglie – inizia a parlare,
che ieri è morto uno, giovane, della loro età.
Il marito di quella che aveva il negozio di scarpe, hai capito?, quello
che voleva comprare la vicina tanti anni fa ma poi non se n'era fatto niente,
hai capito? Dalla finestra entra la luce del Sole,
ci ha messo otto minuti per arrivare fin lì. La poesia è quasi alla fine.
A cena aspettano amici: lei una dermatologa, lui un coglione.
Cesare – questo il nome del poeta – vorrebbe essere da qualche altra parte,
con qualche altra persona, che capisca la sua anima.
Con qualcuno che gli dica finalmente
che la sua anima non esiste.
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