Scritto da © Franca Figliolini - Ven, 30/04/2010 - 06:32
La parola che ha detto continua a risuonarle nella mente, come quel cortese imbarazzo che l’ha accolta. Lei non sa come le sia venuto in mente, di dirla. Le è proprio sfuggita. L’ha pronunciata a capo chino, a voce bassa. Eppure è bastata a spegnere la conversazione nel solito gruppo di amici, riunito per una cena ed una piacevole chiacchierata. Per fortuna era abbastanza tardi per congedarsi, andare ognuno a casa sua. Già se li immagina, col loro sorriso ironico. «Ma proprio lei, ma ci pensi?».
O magari no, non avranno detto niente, si saranno limitati a scrollare le spalle.
No, proprio non lo sa cosa le sia venuto in mente. Eppure in queste occasioni è sempre controllata, ironica, dispensa argute osservazioni e citazioni colte senza mai risultare supponente, insomma, la conversatrice perfetta. E adesso, fare una figura del genere...
Eppure si stava parlando delle solite cose. La politica - ma solo per fare qualche battuta ironica sull'Italia che non cambia mai - l'ultimo libro di tizio, l'ultimo film di caio, la tal mostra, il tal concerto. Poi uno ha detto: ah, per me il cinema è veramente importante. E così si è passati a parlare di quali siano le cose «veramente importanti». E chi citava la lettura, chi l'ascoltare musica, chi il viaggiare...
Lei, contrariamente al solito, stava zitta. Li ascoltava come se fosse immensamente lontana, non nella stessa confortevole stanza con loro, seduta sul confortevole divano di quella confortevole stanza. Li ascoltava e pensava: «no, no, non è così, c'è qualcosa di più importante». Ma era come se questo qualcosa le sfuggisse.
Ma lo sapeva, lo sapeva che c'era qualcosa di più importante. La sua mente analitica continuava a cercare, cercare. E poi all’improvviso l'aveva trovato, quel qualcosa, ed era rimasta stupefatta dalla semplicità della risposta. E proprio in quel momento, incuriositi dal suo silenzio, le avevano chiesto: «E per te, qual è la cosa veramente importante?» e lei non aveva potuto farne a meno di dirlo anche a loro, come se fosse la soluzione di un indovinello che era riuscita a decifrare. E l'aveva pronunciata, quella stupida parola di cinque lettere. Aveva detto:
«Amare».
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