“Come sto un corno, ti vuoi decidere una buona volta a dirmi dove lo hai messo? Ma messo chi, cosa... Senti tesoruccio, non fare lo gnorri che con me non attacca...Se non me lo dici... giuro che ti faccio un buco in testa... A fatica cercai di mettermi in una posizione migliore di quella che i due energumeni mi avevano messo, ma visto che ero impacchettato come un salame non ne fui capace. Olga, con un cenno della mano, diede ordine ad uno dei due uomini di slegarmi, cosa che lui fece subito senza battere ciglio. L’ammiravo per la sua forza e la sua arroganza che non guastava affatto la sua matura bellezza, ma ancor più ammiravo la sua dolcezza e la sua sensualità. Erano state proprio quelle sue qualità ad affascinarmi. Mentre la osservavo in quella bellezza tipicamente russa, ricordai il nostro primo incontro. “Quel giorno ero così intento ad ammirare e fotografare la piazza Rossa con i suoi monumenti: la cattedrale di S.Basilio, costruita da Ivan il Terribile, e il Cremino, che tutto quello che mi stava intorno non aveva più consistenza. Il Cremlino di Mosca, il più famoso dei cremlini, una cittadella fortificata posta nel centro geografico e storico della città, sulla riva sinistra del fiume Moscova e sede del governo, il più importante complesso artistico della nazione. In cirillico=kreml che significa fortezza per l’appunto, circondato dai “giardini di Alessandro” uno dei primi parchi pubblici moscoviti e che si affaccia sulla piazza più suggestiva e conosciuta al mondo. Era una giornata fredda ma luminosa, il cielo era terso, i raggi del sole dardeggiando sulle cupole della cattedrale facendone risplendere gli ori e creando attorno ad essa un alone di mistero. Tanta era la gente che come me affollava la piazza, turisti e non. Camminando all’indietro per centrare nel mirino della macchina fotografica la prospettiva migliore di quel magnifico luogo, andai a sbattere contro qualcuno alle mie spalle, che proruppe in un lamento. Mi girai per scusarmi e rimasi subito abbagliato da una donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi di gatta in calore che, inginocchiata, si massaggiava un piede calzato da una scarpetta non adatta a quella rigida stagione. Il mio sguardo sembrava essere calamitato dal suo, porgendole la mano l’aiutai ad alzarsi, lei mi sorrise di rimando un sorriso dolcissimo. Per scusarmi l’invitai al bar, invito che lei accettò ben volentieri. Fu così che iniziò la nostra storia. Per due mesi mi parve d’essere approdato in Paradiso. Con lei visitai tutta Mosca, ma poi mi portò nella sua dacia in mezzo alla steppa dove il nostro amore divampò bruciando giorno e notte. Quanto l’ho amata. Amavo, adoravo tutto di lei, del suo corpo fremente e voglioso. Poi una mattina, svegliandomi, non c’era più, era sparita, volatilizzata…”. Ed ora si trovava davanti a me, molto inquieta, a reclamare qualcosa di cui non sapevo assolutamente nulla. “Va bene, visto che non vuoi parlare…Cambierò tattica”. Con un gesto brusco della mano affusolata congedò gli energumeni, che s’affrettarono ad uscire dalla stanza lasciandoci soli. Olga sorridendo mi fissava intensamente ed io cominciavo a sentire caldo e un formicolio tra le gambe. Molto lentamente sbottonò la giacca, che gettò poi a terra senza cura. Quando mi fu di fronte, con una mossa da prestigiatore, mi tolse il maglione, mi scaraventò sul pavimento e, prendendo i lembi della camicia tra le mani, tirò con forza...A quel gesto energico, i bottoni schizzarono come proiettili impazziti. Ora, avevo gran parte del petto scoperto e solo a quel punto, come gatta, iniziò ad accarezzarmi con tocchi leggeri il costato, quelle dita avevano avviato un gioco passionale di cui sovente mi nutrivo ancora nella memoria. Non soddisfatta del tutto, completò il suo piano sollevandosi la gonna fino a scoprire gran parte delle cosce e mettendosi a cavalcioni su me cominciò a mordicchiarmi il petto e a tormentarmi. Ero alla sua mercé e, mentre la sentivo fremere, improvvisamente, si concretizzò nella mente la possibilità d’approfittare della situazione per scappare. “Senti, ti rendi conto che potrei approfittare di questa possibilità per immobilizzarti e fuggire senza alcuna difficoltà…” palesai il mio pensiero con una punta di emotività per via delle sue effusioni.
“Olga…”.
“Zitto…”
“Ma non avevi detto che se non parlavo mi facevi…”
“Prima, ora sta zitto e baciami…”. Come potevo non ubbidire ad un ordine simile? Allontanai, quindi, da me quel pensiero di fuga e lasciai che l’emozioni prendessero il sopravvento. Percepivo un forte afflato emozionale, che s’espletava inevitabilmente nel basso ventre. Sentivo crescere una pulsione istintiva, alimentata ovviamente dal ricordo di lei durante il periodo russo e, ora, poterla avere lì, non mi pareva vero. Era sparita senza darmi alcuna spiegazione e quel suo comportamento era stato tanto incomprensibile quanto inaccettabile…A distanza di tutto quel tempo, mi aveva fatto rapire e voleva da me qualcosa…Era tutto molto strano. Mentre pensavo queste cose, lei, intanto, con mosse lievi s’era posta con la sua parte intima proprio sopra il mio sesso, che ormai aveva raggiunto dimensioni ragguardevoli. Fu allora che buttai lontano tutte quelle elucubrazioni che la mia mente aveva partorito per concentrarmi totalmente su Olga ed il suo corpo…Al diavolo tutte le teorie, a culo ogni considerazione relativa al caso…In quel preciso momento, dovevo focalizzarmi su quella stupenda donna russa. Con entrambe le mani la sollevai dolcemente, la guardai fissandola dritta nel ghiaccio dei suoi occhi e riappoggiandola meglio sul mio sesso sussurrai: ”fammi impazzire come allora…”. Lei, pungolata da quella mia frase e già leggermente trasognata, con una mano scostò il tessuto delle mutandine quel tanto che bastava affinché potessi intravedere ciò che non avevo mai scordato. D’istinto, a quella visione, slacciai i pantaloni e tirai fuori il mio sesso. Era in tensione e già pulsava ritmicamente, come un soldato in attesa d’istruzioni. Olga, nel vederlo, sospirò lungamente e con la mano cominciò ad accarezzarlo con parsimonia, sapendo bene che il gioco era nelle sue mani e stava a lei condurlo. Quel suo tocco così esperto mi lacerò il petto e con esso sentii esplodere in testa un desiderio incontrollabile. Mi sollevai fino ad assumere una posizione più agevole, con una mano strappai gli slip e con l’altra gli stuzzicai i capezzoli fino a farli diventare turgidi e gonfi, poi, mentre lei gemendo si donava, mi avvicinai ulteriormente fino a che con il sesso non sfiorai la sua passione, che già stava palpitando. Con delicato movimento, infine, affondai entrando in lei. Ben presto, la passione si tramutò in energia pura. Olga gemeva con desiderio e senza trattenersi mi stringeva con le gambe. Io, baciandola con ingordigia, mi muovevo con energia ed ad ogni colpo che portavo sentivo crescere in lei il piacere. Era una danza di movimenti, gemiti, sussurri e atteggiamenti che non s’erano mai cancellati per quanto ci fosse stato un intermezzo, sembrava quasi che in lei vi fosse una forza che, durante tutto questo periodo, fosse stata tenuta imbrigliata e che invece ora poteva liberamente darle il via libera. Nel magazzino i gemiti s’erano fatti corposi e il desiderio era diventato cosa palpabile. I nostri corpi, dopo una passione così travolgente, lentamente si rilassarono e restammo abbracciati per qualche momento. Non appena riacquistai lucidità, compresi che il momento era propizio e, agendo con velocità, riuscii a bloccare Olga e, mentre con una mano le tenevo la bocca tappata, esplosi: “ascoltami bene…potrei legarti ed imbavagliarti senza che i tuoi scagnozzi s’accorgano di nulla…ma non ho intenzione di farlo, se mi prometti di spiegarmi ciò che sta succedendo…”. Lei, dapprima intimorita, nel sentire quelle parole, si tranquillizzò e con gli occhi acconsentii...
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