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Shockinblog III

É passata circa una settimana.
In effetti, come ho detto ad Eloisa in chat, mi sento solo. Ed è vero, ci sentiamo sempre un poco soli. Niente e nessuno che riesca completamente a riempirci.
Nonostante questo, ho fatto di tutto per non aspettarla, non fermarmi con lei, per venirle incontro. Ho visto altre persone, vissuto la mia vita. Si, non mi sono fermato a lei. Soprattutto, ho compreso che, per non tradire me stesso, non posso nemmeno tradire questa donna, eventuali aspettative in sospeso da parte sua e mia; certo, curiosità per ora, che le nostre reciproche domande possono avere suscitato, un piccolo interesse.
È un processo identitario, questo. Comune.
Chissà quali sono i vuoti che ha Eloisa. I vuoti che a vicenda potremmo riempirci.
Più che potrebbero fare altri con i quali siamo già in contatto, che frequentiamo.
Voglio essere chiaro, anche se cerco di essere un po' folle.
Magari abbiamo una o più relazioni in essere. Voglio dire, concrete. Andiamo a letto, (scherzo, ma non tanto – ditemi che non vi è mai capitato o non vi è mai passato per la testa) con una o più di una persona, abbiamo dei genitori, potremmo avere dei figli, abbiamo colleghi di studio, di lavoro, amicizie; insomma, cose simili. Abbiamo la nostra quotidianità, ecco: relazioni che non ci appagano in modo totale anche se da ognuna di esse traiamo qualcosa. Di gassoso: ossigeno, o anidride carbonica per questo sangue in circolo.
Capirei i soddisfatti, ma perché vuoi aggiungere qualcun altro alla lista degli insoddisfatti, dei delusi?
Comunque, è andata a finire così: che dopo una settimana non ce l'ho più fatta e l'ho cercata.
Mi sono appostato lì in agguato e, zac.
- Perché questo nome da favola, Eloisa? Sei bionda, di origini parigine?
Mi ha risposto d'acchito: -Perché così scemo? Dimmi piuttosto come ti chiami tu. Anzi, fammi indovinare. Ralph o Abel?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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