Scritto da © 'O Malament - Dom, 31/05/2015 - 23:22
- Ieri sera, con Alessandra e Thomas, mentre salivano nella loro auto, ti sei lasciata uscire una frase che non ho colto immediatamente in tutta la sua gravità, ma soltanto quando la portiera di lei ha colpito senza veemenza la carrozzeria da entrarmi, il suono senza violenza, dentro la tempia. Quel “anche noi siamo stati innamorati come voi” era per caso riferito al tempo in cui non lo eravamo? Era l'esatto punto d'osservazione da cui vedevi lo stato, il presente di tua sorella? Perché, ti rendi conto, è un passato prossimo quel che hai usato?
- Ma cosa dici? Io sono felice. Sono felice di averti scelto, di stare con te.
- Ok, ti credo amore; non metto in dubbio le tue parole; se tu dici che sei felice non c'è motivo di pensarci su ulteriormente. Lo sono anch'io. Sono felice.
- Hai ancora le tue ossessioni di allora.
- Ma non le stesse.
- Vuoi parlarne? Perché io ho cercato di dimenticarmene. Mi ferivano.
- So quanto te quanto ti ho ferita e, poiché ti amavo...
- Ah, bene.
- Ma no...Vieni qui, facciamo subito pace.
- Qui...in macchina?
- Perché?
- Io aspetterei, anche soltanto di essere arrivati a casa. Ho necessità di una doccia.
- Mh...
- Mh cosa?
- Sto pensando...
- E a che cosa di grazia?
- Sto pensando che...
- Si?
- Che al primo boschetto mi fermo...il medesimo che un anno fa.
- Eh si, e magari ci troviamo anche la macchina di Thomas e Alessandra che hanno avuto la stessa idea.
- Era proprio questo ciò a cui mi riferivo.
- Fila dritto. Ora siamo sposati. Sono appena dodici chilometri.
- Come si può sudare con l'aria condizionata al ristorante e in auto? Poi tu che non hai mai sudato? Ti voglio, capisci?
- Di cosa hai paura amore?
- Di nulla. Ora siamo felici.
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