Scritto da © nunzio campanelli - Sab, 27/10/2012 - 10:58
Le onde, con il loro monotono sciabordio, favoriscono il riflusso della memoria. Per questo motivo quando sento prepotente l’ansia di abbandonarmi ai ricordi, quando l’aurora non è altro che un vago presagio, vado a camminare in riva al mare, dove terra, acqua e aria si fondono in attesa che il primo raggio di sole si unisca a loro in quelle specie di nozze alchemiche degli elementi dalle quali si origina l’alba marina.
Sono quasi due ore che immergo le caviglie nell’acqua, tira un vento che sa di bora e di sabbia bagnata, in lontananza le luci dei pescatori delimitano l’orizzonte. Bisogna avere una fede sovrannaturale per credere che quell’immane polmone nero che mi circonda a breve espirerà una stella, e che un giorno riuscirò a dimenticare il futuro. Intanto le ferite dell’acqua si rimarginano passo dopo passo. Forse anche le mie.
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