Scritto da © nunzio campanelli - Lun, 01/10/2012 - 20:46
Il telescopio inviava tutti i dati rilevati al centro spaziale situato a chilometri di distanza, in una zona più facile da raggiungere rispetto all’osservatorio, costruito ad alta quota. Il suo funzionamento era gestito da un computer, e a parte i due guardiani, un uomo con il suo cane, non c’erano altri esseri viventi oltre la rada vegetazione e qualche rapace. Una volta a settimana l’isolamento era interrotto dall’arrivo del furgone dei viveri e saltuariamente dalla visita dei tecnici della manutenzione.
- Dick! Dick! Su bello, è ora di dormire. –
Il cane, un grande pastore maremmano, sopraggiunse di corsa al richiamo di Mario, e scodinzolando lo seguì fino all’alloggio, dove si accomodò sul vecchio divano che aveva scelto come giaciglio. Mario amava sedersi su una pietra all’aperto per guardare le stelle. Aveva scelto, perciò, di fare il suo turno di notte, anche perché dal giorno dell’incidente quasi non dormiva più. Non aveva sonno per dormire e lacrime per piangere. Mancava anche della memoria per ricordare. Troppo dolore.
Con un ronzio metallico il telescopio orientò i suoi specchi verso un nuovo settore. D’istinto Mario girò lo sguardo nella medesima direzione. Percepì un movimento, un puntino luminoso che si stava spostando. Pensò fosse un aereo, anche se non ne era proprio convinto, visto che ora tutto era di nuovo immobile. “Mi sarò sbagliato” pensò mentre con una mano si dava dei colpetti sulla testa. Guardò di nuovo in quella direzione. Ora i punti in movimento erano almeno tre. Forse tutte quelle veglie notturne stavano producendo i primi, deleteri effetti. Distolse per un po’ lo sguardo massaggiandosi gli occhi. Poi guardò di nuovo il cielo. Decine, centinaia di stelle si spostavano con movimenti rapidissimi, intervallati da soste di durata variabile. Sembrava che seguissero uno schema, come se tutto fosse preordinato.
Sbigottito, chiamò il centro spaziale con il telefonino. Gli rispose bruscamente il suo diretto superiore.
- Che vuoi? –
- Che sta succedendo!? –
- A chi? Che hai, stai male? –
- Non vedete? Le stelle! Si…–
- Certo, le stelle. Lassù nel cielo ci sono le stelle! Una notizia sconvolgente. –
- Ma… si muovono. Guardate fuori, si stanno scambiando di posto tra loro, è straordinario! –
- Hai ricominciato a bere. Non dovevo fidarmi, lo sapevo. Domani mattina. Vengo su domani mattina. –
Dopo l’incidente Mario aveva iniziato a bere, ma da quando lavorava all’osservatorio non si ubriacava più. Però ancora tutti si ricordavano di lui piegato in due con una bottiglia in mano e un bicchiere nell’altra. Certe immagini sono indelebili. “Non dovevo telefonare” pensò “non dovevo”.
Non poteva credere che nessuno si accorgesse di quella cosa. Andò di corsa al telescopio, ma gli strumenti di controllo non segnalavano nessuna anomalia. I monitor mostravano la parte di cielo scrutata dal telescopio, e lì tutto era normale. Nessun corpo celeste in movimento. Forse stava impazzendo. Quando tornò a guardare fuori per un lungo istante sentì il cuore fermarsi. Sembrava che il cielo fosse diventato un biliardo e qualcuno stesse giocando a carambola con le stelle.
Sentì un guaito, abbassò lo sguardo e vide Dick accovacciato ai suoi piedi, spaventato come lui. “Forse non sono ancora impazzito” pensò Mario accarezzando la testa di Dick, che ricambiò con un’affettuosa linguata sul viso, dopo avergli appoggiato le zampe anteriori sulle sue spalle.
I due amici, uno in piedi e l’altro accucciato, ricominciarono a guardare il cielo, non più spaventati da quello spettacolo di cui erano testimoni. Aveva capito che ciò che stava avvenendo era vero, ma solo in quel tempo e in quello spazio. E lì c’erano solo lui e Dick. L’unica cosa che non si spiegava era il mancato funzionamento del telescopio. Forse qualcuno, o qualcosa, o tutt’e due non avevano voluto che funzionasse. Forse quello che avevano visto era un metodo di comunicazione riservato solo a chi era in grado di comprenderlo.
Comunque era bello.
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