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nun sugnu saccu ca m'abbuccu (non mi svuoto come un sacco, perché non lo sono)

Cara Nina, oggi ti scrivo sull’onda emotiva di quanto è successo ieri e che tu in parte sei a conoscenza.
Noi oramai ci leggiamo da tempo, abbiamo fatto un percorso insieme, usando questo strumento che è la posta elettronica così come la chat. Ora, come ci siamo già detto, siamo in quella fase che definiamo “riflessiva” finite le vampe, restano i tizzoni sotto la cenere, tanti o pochi, dipende da cosa abbiamo messo sul braciere. Io ci ho messo tutto me stesso, tolte le fronde, come sempre e quasi con tutti, mi butto a capo fitto senza badare a chi e per che cosa.
Ancora una volta, mi sono buttato in questa ultima avventura, il sito letterario rossovenexiano, come tu sai e ribadito anche con altre persone. Tu mi hai dato coraggio e promesso sostegno, come altra amica ed amici. Mi avevi promesso di correggere i mie scritti prima che li pubblicassi, ma ho notato il tuo imbarazzo,  seguendo i tuoi suggerimenti ho sempre riveduto ed in parte corretto le mie esternazioni, prima, durante e dopo la pubblicazione. Tu, a mio modestissimo parere,  sei un’attenta lettrice, hai buona memoria e tante altre doti, ma, c’è un ma, sei timida, introversa e soprattutto “fimmina”.
Ti ho scritto e detto che i segni si possono lasciare sui quaderni, sui muri e sulle menti.
Molti, i più sfortunati li lasciano sui libri di testo, mentre i più bravi e fortunati in opere che durano nel tempo. Opere che si conservano ed usano come cose preziose. Alcune di queste segnano e colorano lo scandire del tempo.
Sai quale sia la differenza tra un rigattiere ed un mercante d’arte?
io penso che entrambi siano necessari  e complementari.
Ti parlo brevemente di una persona di cui tu potrai già sapere e comunque è facile da conoscere, si chiamava Vincenzo Rabito (1899-1981), autore di Terra matta edito Einaudi. Era un contadino che un giorno sul finire della sua vita prese una macchina da scrivere dallo studio di suo figlio ingegnere e cominciò a scrivere su fogli di carta protocollo. Per strana coincidenza questo signore è nato l’anno in cui è morto un illustre personaggio suo compaesano, Serafino A. Guastella (1818-1899).
Ti faccio questo accostamento, senza citarne altri, per dirti che la memoria si tramanda con i libri, con i racconti degli anziani, mentre i segni dei tempi sono un po’ più difficili da interpretare e soprattutto tracciare. Se poi sono pure “filtrati” dalla una classe politica o dominante e comunque prevaricatrice, immagina tu cosa ne viene fuori.
Ti dicevo prima di rigattiere ed antiquario, io mi ritengo un rigattiere della memoria, raccolgo e procuro emozioni, per me e per altri. Trasmetto ora ai miei nipoti, come feci coi miei figli, sentimenti  e principi, formalità ed apparenze dovute ed altre cosette che non ti sto qua a dire. Metto in bella mostra le cose lucide ed intatte, in seconda fila cose utili ed infine, quasi nascoste, quelle cose meno nobili, consumate.
 Il perche?  può essere utile sia per me, ora, che per altri, sono una testimonianza di questo tempo.
Concludo questa mia  con ancora due cosette una raccolta per la strada, l’altra è mia, molti si zittiscono a sentirla.
La prima è: il vino del villano è come il ragazzo cresciuto in strada, mentre il vino della cantina (quello prodotto in scala industriale) è come il bambino cresciuto in collegio.
La mia: la persona che porta in lavanderia la propria camicia, non è una persona sporca, è una persona che capisce che la sua camicia è sporca ed ha bisogno di essere lavata.
Sembra che non ci sia nesso tra quanto scritto prima e questi due aneddoti o come li vuoi chiamare tu, riflettici, fai un piccolo sforzo di memoria.
La strada vivacizza, il collegio – convitto omologa.
L’autocritica come la critica è necessaria,  gli eccessi o l’assenza uccidono.
Non so se aspetterò la tua risposta, prima di pubblicare questa lettera, qualcosa mi dice che come per le altre volte,  mi darai qualche consiglio e nel frattempo passa l’onda emotiva ed a rileggerlo mi sembrerà  o banale oppure troppo personale, quindi limo, cambio, insomma stravolgo quella che era il mio pensiero, la mia intenzione. In certi casi, anzi sempre per quelle cosette messe da parte da tempo, s’è rivelato un consiglio utile, ma oggi no, testa dura come sono, la butto là subito in contemporanea alla mail che ti invio stamani, poi mi faccio del lavoro e se posso seguo gli sviluppi, tu se vuoi e puoi leggimi e consigliami, posso correggere anche dopo la pubblicazione.
Ciao un bacio, mia cara amica, tvb, ricordati di me ti amo come donna, mentre come femmina accendi in me ancora un fuoco destinato (haimè)a fare solo fumo per disegnare in cielo un cuore che posso decorare con un aquilone.
Gino Soloperte

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