Scritto da © Anser - Lun, 21/03/2011 - 15:17
“Hic sapientia est qui habet intellectum conputet numerum bestiae numerus enim hominis est et numerus eius est sescenti sexaginta sex.”
(Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è un numero d'uomo; e il suo numero è seicentosessantasei.) – Apocalisse di Giovanni – 14:13-18
Sibilo infetto di malattia
oltre le corde vocali del cielo
ombra che disarticola le note
pupille spezzate
uncini piantati nell’angolo acuto
della ragione.
Eternità vagabonda sospesa
come entità paradossale
mani protese come imbuti
sorrisi di gommapiuma
distorti e sudati, tragici.
Maschere di catrame
altari e incensi e ori
pallidi volti esangui
e abiti viola,
souvenir di morte.
Habemus papam.
Grido strozzato nella folla
variopinta, ipnotizzata
le colonne attorno come un abbraccio,
garrota affilata, monatti e peste,
bubboni affilati nella mente
pietà e misericordia perdute
come escrementi infetti
l’obelisco un ago piantato
nel cuore di dio
ombra ossuta senza vergogna,
sembianze umane, maschere.
Vicarius filii dei
pantomima del cielo.
Assoluto dolore
che chiude il velo al colore
e la morte miete morte.
Inutilmente
falegname Joshua
hai gridato all’infinito cielo
nell’arsenico gelato
della palestina
il dolore del mondo
che uccide
il tuo colore.
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