Scritto da © Franca Figliolini - Gio, 13/05/2010 - 06:41
In ogni scritto, caro Ferdinando, abbiamo delle parole intenzionali, quelle che dobbiamo respirare appieno perché lì è lo spirito dell'autore, e altre non-intenzionali, ma messe perché andava colmato un apparente vuoto, sia questo costituito da un legame sintattico o anche da un percorso logico che si riteneva di dover seguire. Ebbene, come la vedo io, tralasciare queste seconde parole non solo non danneggia il lavoro ma addirittura lo amplifica proprio attraverso quei silenzi che le tolte parole riescono a creare.
(ormedelcaos)
Ossignore e chi me lo doveva dire che io, adesso
-proprio adesso che pure gli ormoni fanno le bizze e il cuore batte a mille e il respiro s'affanna e non ho tempo, non ho mai tempo adesso-
chi me lo doveva dire, dicevo
-ma a chi dicevo, a chi? a quante persone corrispondono questi pixel, e a quali e io dove sono se sono loro e se non sono, sono? me la sono e me la canto, io-
dicevo qualcosa? cosa dicevo?
- dicevi: chi me lo doveva dire.
ah si, ecco: chi me lo doveva dire adesso che bisogna riprendere in mano, riprendere in mano tutto ciò che non è o che è o insomma, giù di lì, riprendere in mano tutto e...
...comprimere tutto l'universo in una palla
E farlo rotolare verso una domanda che opprime......
ah, lasciati andare lasciati andare: respira, respira e canta.
lo senti? lo senti?
...allora andiamo tu ed io...
perché se io ci sono, ed è un'ipotesi non verificata, allora forse anche tu ci sei.
e se c'è un noi c'è amore. e questa è una parola intenzionale l'unica parola intenzionale. il resto è contorno, specchio, riflesso di riflesso. il resto è silenzio. e zitta sto.
(a orme, a gil, a tutti)
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