Scritto da © Nievdinessuno - Sab, 21/05/2016 - 15:05
Ho colto nel vento
la paternità
di una pelle ancora
nata d’inverno,
appena fragile è luce
sazia dei muri
che innalza la notte.
Ai limpidi astri
mappo la marea
di una finta quiete,
l’incielo
spegne sull’acqua
suture d’un collo
chinato alla luna,
e in me
rullano pensieri
tra le pendici dei piedi,
come tante piccole croci
legate ad una catena,
un’unica
promessa di chiodi
per fare al corpo
lunghe feritoie,
da dove guardare
resine lontane
claudicare
un male senza spilli,
dove poggio il passo
per tornare indietro.
la paternità
di una pelle ancora
nata d’inverno,
appena fragile è luce
sazia dei muri
che innalza la notte.
Ai limpidi astri
mappo la marea
di una finta quiete,
l’incielo
spegne sull’acqua
suture d’un collo
chinato alla luna,
e in me
rullano pensieri
tra le pendici dei piedi,
come tante piccole croci
legate ad una catena,
un’unica
promessa di chiodi
per fare al corpo
lunghe feritoie,
da dove guardare
resine lontane
claudicare
un male senza spilli,
dove poggio il passo
per tornare indietro.
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