Scritto da © giuseppe pittà - Mer, 08/08/2012 - 14:23
non hanno più sensi da
salvaguardare
i nostri eroi delle nude
spade
crescono come strali di
vento
sulle dune del campo nuovo
tra il mare che infuria e
la tempesta che guarda la
luna
non hanno cieli da
difendere
con gli attacchi di
circostanza
soccombono ch’è una
bellezza
mentre ridono negli
antri dell’ultimo mago
oggi
è solo tempo di
ferite
il femore si spezza
nella catena della nostra
solidarietà
contiamo i litigi e le
chiusure sempre nette le
conflittuali malattie
il gioco di negarci a
vivere
ho troppi sforzi di cuore nel
mio incubo quotidiano
scrivo con il
carbone
nel fuoco di una rinuncia
non conosco più tempi e spazi
soltanto angoli acuti
spigoli senza tenerezza
ho provato il suicidio d’anima
spingendo la mia mano al
sacro morbo dell’omicidio
uccidendo troppe cose
perfino la concretezza dei
sogni
di quei momenti infiniti nel
palpito sublime del
sole
quando di baci e sospiri si
colorava l’aria del
pensiero
e noi che eravamo carne di
pulsazioni
cercavamo il filo dell’equilibrista
per provare ebbri l’altezza dal
suolo
come a ringraziarlo
per il sostegno
e per la crudezza della realtà
svegliarci oggi secoli dopo
fuori da ogni abbraccio
freddi di ghiaccio e intemperie
a contare delle parole
tutte le sillabe
cercando di evitare l’errore
lo stesso errore di
sempre
che sempre ha portato e porta alla
condanna senza repliche
per la malvagità del giorno
per la bontà della notte
proprio qui all’incavo del
braccio
tre quattro centimetri dal
cuore
dove dovrebbero accendersi
ancora i
fuochi della nuova splendida aurora
dove invece
stritolati dai segreti
dalle infinite imprecazioni
celebriamo nella sintonia della partenza
le migliori esequie
con un requiem originale
ispirato senza fretta
dall’ultimo sapore
regalo del tempo
sulle labbra con un tuo bacio mai
veramente dato mai
veramente raccolto
forse soltanto sognato nelle
notti
senza prezzo della
tristezza della
malinconia
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- Blog di giuseppe pittà
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