Scritto da © fantasia - Dom, 19/12/2010 - 15:34
Erano molto suggestivi i nostri Natali nella casa sotto la Madonnina ad Ariano Irpino. Tanto freddo fuori, a volte anche la neve, ma noi bambini non lo sentivamo grazie alla stufa a carbone sempre accesa nella grande cucina, con una pentola d’acqua a bollirci sopra, visto che non avevamo l’acqua calda in bagno…
Le feste per noi cominciavano dal 6 dicembre, S. Nicola, quando la nonna Rosa, zia Pia e zio Gino ci mandavano da Molfetta un pacco natalizio colmo di dolciumi e oggetti vari di cioccolata da appendere al futuro albero di Natale, secondo la tradizione pugliese che festeggia S. Nicola così.
Mio padre allora cominciava ad attivarsi nei lunghi preparativi che per noi bambini avevano sempre una nuova magia ogni anno e giorno dopo giorno fino al Natale e oltre.
Si procurava una frasca di abete in campagna che poi i coloni ci portavano fino a casa sul dorso della loro asina (la famosa ‘ciuccia di Antò’, e quando noi la chiamavamo così, la nonna Liberata ci correggeva sempre dicendo “si chiama asina”).
Generalmente questo nostro albero di natale veniva sistemato nel grande corridoio, nell’angolo tra la sala da pranzo e la cucina. Era sempre grandissimo, andava a toccare il soffitto e noi lo guardavamo incantati arricchirsi di luci colorate, candeline illuminate, nastri, torroncini (della principessa Maria, immancabili!), gli oggetti di cioccolata contenuti nel pacco di S. Nicola, ma anche i mandarini! che rallegravano il tutto col loro colore e profumo inconfondibile, unito a quello della resina dell’abete.
Il Presepe babbo lo costruiva nel lato lungo del corridoio tra le porte della stanza da pranzo e la camera da letto. Non mancava niente: la grotta, le casette, le botteghe artigiane, le montagne, il castello… gli sfondi del paesaggio e del cielo stellato, e tutti i personaggi di gesso fissati nella sabbia e nel muschio, tutti gli artigiani nei loro negozi e tanti animali, quelli classici del presepe, per la nostra gioia che ci giocavamo inventando storie fantastiche.
A volte la mattina li trovavamo tutti caduti, sdraiati sulla sabbia, a causa di qualche scossetta notturna di terremoto abbastanza abituale ad Ariano… e noi subito a rialzarli e sistemarli nel loro posto o dove ci diceva la nostra fantasia.
Nel nostro Presepe mancava sempre il Bambinello: l’avrebbe adagiato con cura nella mangiatoia il più piccolo di noi dopo una breve processione insieme agli altri familiari, per la casa a lume delle candeline e cantando “Tu scendi dalle stelle”. Un rito che si ripeteva tutti gli anni!
Quel Bambinello di gesso, un po’ consumato, dai colori tenui e sbiaditi, lo custodisco gelosamente e teneramente io ancora oggi e lo metto nel mio Presepe artistico ed elegante, ma che ha il ‘bambino’ della mia tradizione, del mio passato e dei miei ricordi.
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