Scritto da © Francesco Paolo - Gio, 19/11/2009 - 21:55
(dedicata all'unico amore)
Non avrei bisogno d’altro
se non del tuo amore,
della tua pelle che si slega
passando sul mio corpo
fresco ancora di gioventù vissuta,
della tua esistenza che plasma
su di me modelli di mare calmo,
ritagli d’aria e di cielo,
luce di un sole
che nel mio profondo si ritrova!
La tua parola
seducente come la luna
delicata come la carezza di un bambino,
inebriante come l’intenso gusto
di un vino in fermento,
si solleva nella notte sino all’alba
come musica nell’immenso dell’infinito.
Nel tuo amore vorrei dormire
e nel tuo ventre anche morire
per non tornar mai più
sulla schiena dell’uomo ombra
dio dell’ignoto e padrone
dell’urlo che ingoia in un lampo
tutto il silenzio del mondo.
Oggi, inondami ancora della tua bellezza
perché possa unire in me
ogni parte vissuta che perdo,
ogni parte vissuta che il vento mi ruba
e dal pensiero s’allontana.
Nella rosa più rossa del sangue
più vergine di un nido non ancora nutrito
più tenero di un romantico amante
semina, dolce mio incanto,
la tua linfa
perché tutto l’amore raccolto
in quelle notti di primavera
sarà mio come quando nuda
di corpo e di mente
cacciavi la paura dal nostro letto
e cantavi con me l’opera più divina del cielo.
Quel ramo spezzato
dall’innesto da tempo maturo,
adesso attende il caldo tepore del sole
per dar vita ad un fiore
e da quel fiore
la nascita dell’unione non più finta
ma vera.
Un vento d’amore rigonfia la vela,
porta sull’onda
l’azzurro del mare confuso col cielo,
i miei pensieri bianchi, vergini e puri
portano
la tua passione in ogni cosa che mi circonda,
portano
i miei giorni, i tuoi dolci sospiri,
le mie parole, le tue amate poesie.
Adesso canto come gli uccelli
al profumo del mondo in primavera
ma ancora piango
come la cera strutta di una candela
sull’altare dell’unica passione sfuggita
quando penso al passato che più non torna.
Tu, fata vivente,
anima che ha lasciato un amore nel grido,
un amore pacato e vero,
cuore che piange più degli occhi
e della pioggia di un temporale,
tu,
avvicinati alla mia fede come una volta
condividi il cibo della mia passione
partecipa al volo dell’anima
e mangiami le mani, le braccia
le labbra e la faccia,
io sarò capace per te di fermare il tempo
di rubare la notte all’ombra
e mutarla in alba senza tramonto.
Sarò capace d’invertire l’ordine del mondo
di bruciare tutte le cose inclinando il dolore
e sarei beato per sempre tra le tue tenere braccia.
S’e t’avvicinassi lasciando la distanza all’inconscio,
se strappassi il velo di carta che appare muro di ferro
se mi baciassi col solo soffio del vento,
l’inverno non avrebbe gelo
da portare in terra per ghiacciare l’amore
e il tuo sorriso inonderebbe l’anima
che per sempre ti dono.
L’inverno non avrebbe modo
di rendere le notti angoscianti per il bene lontano,
il vento non porterebbe schiaffi al mare
affogando barche e pensieri nelle burrascose tempeste
e neppure le mie paure avrebbero posto.
Il giorno
sarebbe più grande di un’antica quercia
maestosa e solenne, padrona e Signora della collina,
il giorno
sarebbe più grande e
luminoso di un raggio rubato al sole
e più devoto della bianca luna alla sua terra.
La mia vita, breve nell’arco dell’infinito
ma viva nel tempo che vivo
ha visto momenti che d’altri al mondo
paragoni non ci sono e mai ci saranno.
Se questo amore, partorito dalla vergine del tempo,
nascosto al buio delle menti
e custodito nel più profondo dei nostri petti
potesse dir tutte le parole mai dette
sarebbero meno pungenti i dolori del mondo.
La mia virtù d’amore semina gioie
come agli occhi la visione di un campo di papaveri rossi,
come all’udito l’ascolto di mille sirene
come al cuore il tuo battito dolce incessante e forte.
Quando anche il canto dell’usignolo
guida il mio sonno ancora sveglio
nostalgia mi solleva la pelle,
mi denuda da ogni pena
e smettono i denti di mordermi le labbra
e il cuore di battermi fuori dal petto.
Un’ascia affilata
non potrebbe dividere il mio pensiero,
nessuno
potrebbe più strapparmi di dosso i ricordi,
nessuno rubarmi la luce
con cui ho dipinto arcobaleni
nati al profumo dell’erba bagnata
e sulla terra soffice come un manto di lana pura.
La prigione per me non ha cancelli
e neppure pareti
sono libero di volare dove voglio
ed è per questo che volo dove trovo
l’altra tua ala onesta e pura
pronta e sicura per quel sentire divino
che comanda e non chiede, ma lontano arriva.
Sulle nuvole trovo sostegno tra Angeli in silenzio,
cuori smarriti colmi d’amore
e colorate aurore dove
più bello del cielo e bello più del sole
dipinto trovo il tuo volto.
Tra le stelle ascolto
il silenzio dolce del tuo cuore immenso,
ostento la mia seduzione dove
s’incontrano i nostri pensieri
dove le nostre passioni, i nostri progetti
non hanno mai fine e nessuno a volerli bruciare.
Il mio sentimento non si consuma,
nel tuo fascino m’immergo
con tutta la gioia che tante volte
in quel fatato mese di maggio
tra profumate rose e verdi prati
ho vissuto
ed ancor prima
quando il senso del vuoto e della distanza
venne a mancare e fummo travolti da passione cieca
ma colma di luce.
Nel tuo sguardo l’attesa dell’addio
e nel mio
l’insieme di un passato che perdevo per sempre.
L’ultimo giorno sotto la pioggia
i nostri occhi parlarono l’amore,
un bacio sfiorò il tuo viso
come fossimo soli sull’isola dei sogni
e una carezza parve un tocco dal cielo.
D’improvviso svanisti nella nebbia,
la mia gola ingoiò l’amaro dell’abbandono,
il mio pensiero si spense
e nella pioggia si confuse il mio pianto.
Oggi non c’è goccia che non porta il tuo nome
non c’è parola che non s’incide nell’aria
e giunge sulla riva dove tu solo porgi l’ascolto.
Nel mio ritorno per sempre nell’unico mondo che vivo,
quel sogno ancora lo innalzo al dono divino
e tu ancora mi appari elegante e bella e
come nessun’altra tanto fine!
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