Scritto da © Max - Dom, 22/02/2015 - 15:01
Senza lampare a guidare la rotta
Una sera d'agosto, di tardo agosto, quando il calore del giorno voleva sfiatare da ogni pertugio o anfratto in cui s'era alloggiato in vena di sorprese. Sì, non sembrava che la calura fosse atroce, mentre la brezza soffiava dal mare verso la terrazza da cui si scorgevano le vele bianche e azzurre, sparse a manciate tra le onde. Spruzzi d'acqua salsa nebulizzavano in gocce semiserie che avevano il dispetto di pungere il viso, ma poi regalavano frescura e un senso pieno di pace e tranquillità. Il sole era a riposo sull'orizzonte e sembrava volesse dettare nuove regole alla sera che avanzava, ma si rendeva conto che aveva altro da fare dove le albe lucenti si svegliavano con grandi sbadigli di rosa e azzurro. Alla fine la luce rossastra si smorzò in spontanei boccheggi e il sole decise di annegare in segreto, d'improvviso, risucchiando la scia spumeggiante delle barche a ritroso verso la riva più vicina. Ora si potevano toccare le pareti di sasso per provare quanto arduo fosse stato il giorno a patire l'incandescenza dell'aria e sembrava un conforto assorbire per lunghi momenti quelle effusioni del sole in amore. Il buio giunse frettoloso ad appropriarsi degli spazi sonnolenti e riaccese lo spasimo che si prova nelle notti d'agosto tra le calde lenzuola e i rivoli di sudore sugli sprimacciati cuscini. Il mare mormorava che la luce delle stelle gl'impediva di dormire, le avrebbe spente con onde altissime, ma era pigro per scuotersi dalle profondità dove la vita e la morte s'incrociavano rapide senza lampare a guidare la rotta. Era una scelta comprensibile quella di alzarsi per non boccheggiare come pesci fuori dall'acqua e rimirare l'incanto della notte, in attesa di quei refoli di vento venuti chissà da dove. Sarebbero arrivati, lo si percepiva come un desiderio represso e atteso in silenziose movenze sulle cime degli alberi appena carezzati per non svegliarli. Una sera d'agosto, una di quelle sere che sarebbero state rimpiante all'arrivo del solstizio d'inverno.
Una sera d'agosto, di tardo agosto, quando il calore del giorno voleva sfiatare da ogni pertugio o anfratto in cui s'era alloggiato in vena di sorprese. Sì, non sembrava che la calura fosse atroce, mentre la brezza soffiava dal mare verso la terrazza da cui si scorgevano le vele bianche e azzurre, sparse a manciate tra le onde. Spruzzi d'acqua salsa nebulizzavano in gocce semiserie che avevano il dispetto di pungere il viso, ma poi regalavano frescura e un senso pieno di pace e tranquillità. Il sole era a riposo sull'orizzonte e sembrava volesse dettare nuove regole alla sera che avanzava, ma si rendeva conto che aveva altro da fare dove le albe lucenti si svegliavano con grandi sbadigli di rosa e azzurro. Alla fine la luce rossastra si smorzò in spontanei boccheggi e il sole decise di annegare in segreto, d'improvviso, risucchiando la scia spumeggiante delle barche a ritroso verso la riva più vicina. Ora si potevano toccare le pareti di sasso per provare quanto arduo fosse stato il giorno a patire l'incandescenza dell'aria e sembrava un conforto assorbire per lunghi momenti quelle effusioni del sole in amore. Il buio giunse frettoloso ad appropriarsi degli spazi sonnolenti e riaccese lo spasimo che si prova nelle notti d'agosto tra le calde lenzuola e i rivoli di sudore sugli sprimacciati cuscini. Il mare mormorava che la luce delle stelle gl'impediva di dormire, le avrebbe spente con onde altissime, ma era pigro per scuotersi dalle profondità dove la vita e la morte s'incrociavano rapide senza lampare a guidare la rotta. Era una scelta comprensibile quella di alzarsi per non boccheggiare come pesci fuori dall'acqua e rimirare l'incanto della notte, in attesa di quei refoli di vento venuti chissà da dove. Sarebbero arrivati, lo si percepiva come un desiderio represso e atteso in silenziose movenze sulle cime degli alberi appena carezzati per non svegliarli. Una sera d'agosto, una di quelle sere che sarebbero state rimpiante all'arrivo del solstizio d'inverno.
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