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Il Paradiso Terrestre

Il Paradiso Terrestre esiste. Ha l’aspetto di una foresta incantata ed è abitata da piante magiche, animali mansueti e alberi dalle forme particolari e dai frutti più gustosi. A godere di tale Paradiso non sono gli uomini, bensì le fate, uniche sovrane del luogo incantato. Esse vivono in pace, condividendo un legame profondo per la foresta, amandola come una Madre, venerandola come una Dea. Qui sorge il loro regno, guidato dal giovane sovrano Elia, Re di tutte le fate. La vita di tali creature scorre come sempre serena e monotona, finché la curiosità di una di loro non stravolge tale equilibrio.
- Umani?
- Sì, mio Re.
Elia fissa la graziosa fatina inginocchiata ai suoi piedi. I capelli color magenta le ricadono sulle spalle esili e l’espressione del suo viso è a metà tra la curiosità e il timore.
- Non è insolito che degli umani vaghino per questi luoghi. Perché sei così agitata?
- Non sembravano pastori. Indossavano abiti di metallo e portavano legate alla vita grossi bastoni dalla forma strana, credo che le chiamassero spade.
- Erano cavalieri dunque. Se sono venuti fin qui è solo per una ragione. Accedere al Paradiso Terrestre. Ma frena le tue ansie. Nessun umano può entrare qui dentro se non accompagnato da una fata. Siamo al sicuro come sempre.  
- Ho visto Aiace con loro.
Elia impallidisce. Strabuzza gli occhi e qualche goccia di sudore gli scivola dalla fronte.
- Come hai detto, prego?
- Mio Re, ho visto Aiace chiacchierare con loro, ammirare le loro spade e mostrare con orgoglio le sue ali a quegli umani. Infine li ha salutati ed è tornato qui, come se nulla fosse.
- Digli di venire al mio cospetto. Subito!
La fatina vola via, tornando pochi minuti dopo in compagnia di Aiace.
- Volevate vedermi, mio Re?
- Aiace, mi è stato riferito che eri in compagnia di un gruppo di umani. È la verità?
- Sì, mio Re.
- E cos’hai da dire al riguardo?
- Mi sono divertito.
- Aiace, non amo scherzare. Dimmi perché ti sei intrattenuto con degli umani. Dei cavalieri tra l’altro!
- Mio Re, uno di loro che era rimasto indietro, ha avuto un malore e mi sono avvicinato per sorreggerlo. Si è appoggiato a me, ringraziandomi di cuore. E quando i compagni ci hanno raggiunto, mi hanno ringraziato a loro volta, baciandomi addirittura le mani.
- Aiace, era tutta una messa in scena per far sì che una fata ingenua si avvicinasse a loro. E così è stato!
- Vi sbagliate. Ho stretto amicizia con loro. Sono cavalieri di un regno lontano e vengono in pace. Quel che cercano è un’alleanza…
- Non voglio sentire altro. Aiace, ti proibisco di rivedere quegli umani.
- Come il mio Re desidera.
Nei giorni seguenti la vita delle fate subisce una notevole svolta. Ignorando il volere del suo re, Aiace continua a frequentare i cavalieri e, giorno dopo giorno, convince sempre più fate a seguirlo. Elia non gode più dell’autorità di un tempo.
- Mi avete mandato a chiamare, mio Re?
- Aiace, quel che fai mi spezza il cuore. Non solo hai ignorato volutamente un mio ordine, ma hai fatto in modo che molte fate si ribellassero a me, seguendoti e stringendo amicizia con quegli umani.
- Mio Re, il mio rispetto per voi non è cambiato, ma io non sono vostro schiavo e non rinuncerò mai alla mia libertà.
- Ne sono consapevole, Aiace. Ormai non detengo più molta influenza su nessuna fata e questo grazie a te. È mio dovere, tuttavia, rammentarti della profezia. Quando gli esseri umani accederanno al Paradiso Terrestre, essi lo trasformeranno nell’Inferno in terra. Aiace, nessun umano dovrà mai accedere al Paradiso Terrestre. Questo è il mio ultimo ordine ed è indiscutibile.
- Sì, mio Re.
Passano i giorni. Elia siede su un albero in compagnia di tre fate, alcune delle poche ad essergli ancora fedeli. Una brutta sensazione lo inquieta. Quando da lontano vede giungere Aiace, il cui corpo è logoro e sanguinante, capisce che il suo turbamento non è immotivato. Tende le braccia verso Aiace che si lascia cadere sul suo petto.
- Avevate ragione, mio Re. Ho commesso un errore imperdonabile. Le fate che erano con me sono state catturate e brutalmente uccise. Sono state strappate loro le ali e divorate le loro carni. Solo io sono stato risparmiato, servendosi di me per accedere nella foresta. Con le ultime forze rimastemi sono riuscito a volare fin qui ad avvertirvi. Stanno arrivando. 
Aiace si lascia morire tra le braccia del suo re che alza lo sguardo verso la sua foresta, udendo grida disperate, mentre nubi di fumo si alzano in cielo e fiamme infernali divampano tra gli alberi.
Elia guarda intensamente le fiamme dell’Inferno che profanano il suo Paradiso, riempiendo d’amarezza il suo cuore.
- La profezia si è avverata. 

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