Scritto da © Maria34 - Mer, 11/03/2015 - 12:11
(prima della caduta del muro)
Siamo andati per molti anni in Croazia, nel mesi si agosto, fino al 1990, anno della guerra.
Affittavamo una villetta a Trogir, vicino a Spalato, stavamo per 10 giorni a goderci il magnifico mare azzurro ed i bellissimi paesaggi.
Proseguivamo il viaggio andando a visitare i paesi dell’Est.
Allora era molto conveniente. Con i soldi di un cornetto e cappuccino, in Jugoslavia, si poteva andare a cena al ristorante e pasteggiare con gamberoni e datteri di mare.
A Berlino Est abita una cugina di mio marito, figlia di suo zio e di una tedesca.
Prima della caduta del muro (1984) era ancora in vita lo zio e ci invitò a passare a trovarlo.
Tre mesi prima della partenza abbiamo chiesto i permessi necessari per varcare le varie frontiere.
Ora non ricordo bene, ma fu un’impresa molto ardua.
Dopo la Croazia siamo partiti per la DDR.
La Germania è un bellissimo paese, con sconfinate foreste di conifere, strade lunghissime e ben tenute, tutto pulito ed in ordine.
Davanti alla Porta di Brandeburgo, tutto cambiava.
Filo spinato dappertutto, militari con mitra puntati e su delle collinette minacciosi carri armati.
Dopo un percorso a zigzag c’era la frontiera.
Siamo arrivati con incoscienza e senza nemmeno immaginare cosa ci sarebbe successo.
Dopo aver consegnato passaporti e permessi, siamo stati rinchiusi in una stanzetta senza sedie, con un bancone dietro il quale un militare tentò di farci un interrogatorio.
Ma non sapeva l’italiano, parlava un po’ d’inglese e francese.
Noi ci siamo messi d’accordo di parlare in piemontese di modo che se fosse stato un trucco, non avrebbero capito niente.
Dopo ore, si sono arresi.
Eravamo arrivati il mattino e nel pomeriggio, senza poter né mangiare né bere, ci hanno rilasciato il permesso di 24 ore per andare dagli zii dei quali abbiamo dovuto fornire generalità, indirizzo e numero telefonico.
Credevamo di salire in macchina e partire, ma ci avevano scaricato tutto il bagaglio, aperto le valigie e smontato anche la macchina. Avevano smontato anche il cambio.
Finalmente dopo un’altra ora siamo potuti partire.
Ho notato che stava traversando la frontiera un invalido in carrozzina.
In due l’hanno sollevato e depositato in terra, gli hanno perquisito la carrozzina, trovato niente, l’hanno rimesso al suo posto e questi è andato via.
Mi ha fatto veramente male veder quella scena.
Arrivati dallo zio, che ancora non conoscevamo, dopo i commoventi saluti, mio marito tira fuori “LA STAMPA” e gli dice che gli portava notizie di Torino.
Lui l’ha subito nascosta sotto la giacca: era proibito importare giornali dall’estero, se ci avessero scoperti andavamo in carcere.
A noi è venuto da ridere, ci hanno smontato la macchina, aperto i bagagli,controllato tutto ed il giornale che era sul sedile non l’hanno visto.
A casa zia Henny ci aveva preparato la cena che consisteva in una coscetta di pollo ed una cucchiaiata di verdura misteriosa bianchiccia ed amarognola, scoprimmo che erano peperoni.
Il mattino seguente riuscì ad accaparrarsi due brioches che non erano altro che due piccoli panini dolci. Aveva fatto una coda di un’ora.
Dopo aver visto il nostro permesso lo zio scoprì che non era per 24 ore
Ma avremmo dovuto attraversare la frontiera entro le 24.
Non era permesso passare la notte presso parenti, si doveva avere la prenotazione per un Hotel.
Siamo andati al Consolato e ci hanno confermato che dovevamo partire subito.
Berlino Est appariva ancora come alla fine della guerra, tutta devastata, persino le rotaie del tram.
Ovunque desolazione ed incuria.
I negozi senza niente da vendere.
Non abbiamo potuto comprare neanche un ricordo. Non c’era niente da comprare.
Ritornammo alla frontiera e questa volta fu peggio.
Ci rinchiusero nella solita stanza, da soli, con telecamera accesa.
Siamo stati lì, in piedi, per ore.
Poi arrivò un militare un po’ più importante perché aveva mostrine dappertutto, ci fece un interrogatorio.
Lui parlava tedesco e noi non capivamo niente.
Noi cercavamo di spiegarci in italiano e lui non capiva niente.
Ha ceduto per sfinimento dopo parecchie ore.
Ricaricammo tutto in macchina e finalmente oltre la frontiera abbiamo respirato la libertà.
Rosanna Conti
Siamo andati per molti anni in Croazia, nel mesi si agosto, fino al 1990, anno della guerra.
Affittavamo una villetta a Trogir, vicino a Spalato, stavamo per 10 giorni a goderci il magnifico mare azzurro ed i bellissimi paesaggi.
Proseguivamo il viaggio andando a visitare i paesi dell’Est.
Allora era molto conveniente. Con i soldi di un cornetto e cappuccino, in Jugoslavia, si poteva andare a cena al ristorante e pasteggiare con gamberoni e datteri di mare.
A Berlino Est abita una cugina di mio marito, figlia di suo zio e di una tedesca.
Prima della caduta del muro (1984) era ancora in vita lo zio e ci invitò a passare a trovarlo.
Tre mesi prima della partenza abbiamo chiesto i permessi necessari per varcare le varie frontiere.
Ora non ricordo bene, ma fu un’impresa molto ardua.
Dopo la Croazia siamo partiti per la DDR.
La Germania è un bellissimo paese, con sconfinate foreste di conifere, strade lunghissime e ben tenute, tutto pulito ed in ordine.
Davanti alla Porta di Brandeburgo, tutto cambiava.
Filo spinato dappertutto, militari con mitra puntati e su delle collinette minacciosi carri armati.
Dopo un percorso a zigzag c’era la frontiera.
Siamo arrivati con incoscienza e senza nemmeno immaginare cosa ci sarebbe successo.
Dopo aver consegnato passaporti e permessi, siamo stati rinchiusi in una stanzetta senza sedie, con un bancone dietro il quale un militare tentò di farci un interrogatorio.
Ma non sapeva l’italiano, parlava un po’ d’inglese e francese.
Noi ci siamo messi d’accordo di parlare in piemontese di modo che se fosse stato un trucco, non avrebbero capito niente.
Dopo ore, si sono arresi.
Eravamo arrivati il mattino e nel pomeriggio, senza poter né mangiare né bere, ci hanno rilasciato il permesso di 24 ore per andare dagli zii dei quali abbiamo dovuto fornire generalità, indirizzo e numero telefonico.
Credevamo di salire in macchina e partire, ma ci avevano scaricato tutto il bagaglio, aperto le valigie e smontato anche la macchina. Avevano smontato anche il cambio.
Finalmente dopo un’altra ora siamo potuti partire.
Ho notato che stava traversando la frontiera un invalido in carrozzina.
In due l’hanno sollevato e depositato in terra, gli hanno perquisito la carrozzina, trovato niente, l’hanno rimesso al suo posto e questi è andato via.
Mi ha fatto veramente male veder quella scena.
Arrivati dallo zio, che ancora non conoscevamo, dopo i commoventi saluti, mio marito tira fuori “LA STAMPA” e gli dice che gli portava notizie di Torino.
Lui l’ha subito nascosta sotto la giacca: era proibito importare giornali dall’estero, se ci avessero scoperti andavamo in carcere.
A noi è venuto da ridere, ci hanno smontato la macchina, aperto i bagagli,controllato tutto ed il giornale che era sul sedile non l’hanno visto.
A casa zia Henny ci aveva preparato la cena che consisteva in una coscetta di pollo ed una cucchiaiata di verdura misteriosa bianchiccia ed amarognola, scoprimmo che erano peperoni.
Il mattino seguente riuscì ad accaparrarsi due brioches che non erano altro che due piccoli panini dolci. Aveva fatto una coda di un’ora.
Dopo aver visto il nostro permesso lo zio scoprì che non era per 24 ore
Ma avremmo dovuto attraversare la frontiera entro le 24.
Non era permesso passare la notte presso parenti, si doveva avere la prenotazione per un Hotel.
Siamo andati al Consolato e ci hanno confermato che dovevamo partire subito.
Berlino Est appariva ancora come alla fine della guerra, tutta devastata, persino le rotaie del tram.
Ovunque desolazione ed incuria.
I negozi senza niente da vendere.
Non abbiamo potuto comprare neanche un ricordo. Non c’era niente da comprare.
Ritornammo alla frontiera e questa volta fu peggio.
Ci rinchiusero nella solita stanza, da soli, con telecamera accesa.
Siamo stati lì, in piedi, per ore.
Poi arrivò un militare un po’ più importante perché aveva mostrine dappertutto, ci fece un interrogatorio.
Lui parlava tedesco e noi non capivamo niente.
Noi cercavamo di spiegarci in italiano e lui non capiva niente.
Ha ceduto per sfinimento dopo parecchie ore.
Ricaricammo tutto in macchina e finalmente oltre la frontiera abbiamo respirato la libertà.
Rosanna Conti
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