Scritto da © maria teresa morry - Sab, 20/10/2012 - 17:52
Eh già, tutto vero. Lui se n’era andato definitivamente. Lo aveva detto e lo aveva fatto. Adesso Louise se ne stava appoggiata allo stipite della camera da letto a guardare le ante spalancate dell’armadio. Il mobile pareva come sventrato. Era evidente la rabbia che aveva provato Phil nello svuotare cassetto dopo cassetto e nel cacciare le proprie mutande e calze nel borsone da viaggio.
Gli appendiabiti in plastica stavano immobili e in una lunga fila , ancora distorta dagli strattoni con i quali erano stati privati delle maglie e delle giacche .
Perché poi tutta questa fretta? Si chiedeva Louise. Infondo lui aveva detto che si sarebbe trasferito a casa di sua madre, a qualche isolato di distanza. Sempre nella stessa piccola cittadina di Dingle. Sia la mamma che la casa sbilenca in cui la vecchia abitava non sarebbero mai scappate. Perché davvero tutta questa fretta ?…
La vita a due era diventata uno schifo, questo Louise lo sapeva. Ma Phil non ci metteva nulla di suo, per migliorarla. Tutte le sere davanti alla Tv a vedere le partite di rugby dei Giants e popcorn e birra Guiness a tutto spiano! Guai a dire “Phil tutta quella porcheria ti farà male” …Si alzava bestemmiando dal divano mezzo sfondato con i pallidi fiori di glicine stampati , pigliava la giacchetta e usciva, sbattendo forte la porta. Cosa che i vicini di casa disapprovavano. I vicini: i signori Peace. Gente silenziosissima che cucinava apple pie ogni giorno.
Allora Louise se ne stava in cucina a finire la manicure, sotto la bianca luce sparata dal neon che spaventava anche i poveri pesci rossi, i quali nemmeno più giravano in tondo dentro la boccia d’acqua. Erano ipnotizzati dal neon, lei ne era convinta.
Louise si finiva la manicure e limava con attenzione estrema le unghie. Perché sì, lei era una semplice cameriera del pub O’ Connor, poco colta e troppo sorridente, forse anche con nulla da dire davanti ai clienti sfrontati che le facevano proposte spinte, ma lei alle sue unghie perfette ci teneva ! Sapeva quant’era seducente offrire , con unghie perfettamente limate e rosso fuoco,un doppio cheeseburgher con tripla senape e noccioline …
Adesso però Phil se n’era davvero andato. Louise si strusciava la schiena contro lo stipite per colpa di una maglia cinese che aveva comperato e che le procurava un prurito incredibile. Cercava con lo sguardo un qualche cosa dimenticato da Phil. Ma tutta la stanza sembrava dimenticata da Phil ! Solo dentro al copriletto appariva l’infossatura lasciata del grosso corpo dell’uomo e un calzino appallottolato sbucava da sotto al comodino. Sul posacenere stava in equilibrio un mezzo sigaro avana, intatto con il suo puzzo macerato dallo spengimento dentro la tazzina del caffè.
Louise prese il mezzo sigaro e lo rigirò tra le mani. Anzi lo tratteneva solo con le sue lunghe unghie laccate. Se lo mise tra le labbra e, trovato un accendino nella tasca della gonna, lo accese. Aspirò avidamente e quasi succhiava quando la brace apparve in punta al mozzicone.
Sì sì…una nuvola azzurra e spessa si diffuse nell’aria e l’ aroma inconfondibile cominciò a salire fin sopra le vecchie tende di nylon. “Niente male – si disse Louise , prima di scoppiare in un colpo di tosse che le squassò il magro petto. Restò appoggiata allo stipite, aspirando dal sigaro. “ Che ore saranno? ..ah quasi le nove…sono in tempo …alle dieci va in onda la prima partita di campionato dei Giants”. Pensò quindi di prendere una lunga sorsata di whiskey dalla bottiglia mezzo piena che stava dietro al comò. Si chinò, la cercò proprio fino all’angolo del mobile contro alla parete. Ma niente da fare: Phil s’era preso anche quella ! Si alzò sbuffando, seccata. Picchiò con stizza il pugno destro contro il ripiano del comò e , colmo delle sventure, si scheggiò l’unghia lunga del dito mignolo, la più raffinata.
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