Scritto da © maria teresa morry - Mar, 01/04/2014 - 22:48
Ho preso in affitto questa casa al mare, per una settimana. Io da sola, affascinata forse dalle sue tende morbide ed impalpabili come la seta dei paracadute. Una casa poco abitata, non abituata agli inquilini che d’estate rientrano solo per dormire qualche ora, la notte, e passano la giornata alla spiaggia sottostante. Rincasano portando nell' ingresso sottilissima sabbia rimasta nelle fessure delle dita dei piedi scalzi. La sento ora, la sabbia, che scricchiola sotto ai miei sandali. Ho appena deposto la valigia e avverto il vestito di cotone un poco umido di sudore. Guardo le pareti con rari quadri appesi e l’arredo bianco, senza storia, tipico delle case di vacanza, senza sguardi che si siano soffermati appena sui posacenere. La finestra del tinello è aperta, la luce del mezzogiorno non lascia traccia di ombra, c’è un colloquio in corso, tra essa e la casa. Eppure sono invitata anch’io: un passo al davanzale e vedrò il mare. Che non vedo, ma lo sento da qui, nel suo borbottìo continuo, con una leggera impennata non appena sbatte contro il piccolo molo. Oltre la finestra si intuisce il lento mondo estivo della marina. Mi sfilo l’abito e appoggio la schiena contro la fresca porta di legno, tirata ad olio.
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