Scritto da © Marco valdo - Gio, 03/04/2014 - 10:00
Gli si scioglie il passo, il piede affonda nel morbido di un universo parallelo, non poggia sul terreno, le sue gambe non pretendono il moto, subiscono la spinta della corrente, che poi sale a creare un vortice nei fianchi, un'onda di risacca.
Lui da dietro, per contrasto, ripensa al passo isterico delle indossatrici, vademecum ortopedico di distorsioni, il culo come un metronomo, che batte il tempo troppo di corsa; e riaffonda nel centro del movimento, sente nella nuca il vento che muove le intenzioni, galleggia dal vuoto fino al tacco, che lo desta, per il breve istante di un lampo, il tacco è il suo naturalmente, lei non risponde alla gravità di questo mondo.
Si sorprende di una meraviglia posticcia, alla coincidenza della direzione, quando già nell'altalena dei gradini, non c'è dubbio d'intenzione, il ritardo all'ingresso e contatto di fiato sul collo, ancora sconosciuta la pelle, il sussulto degli oggetti destati da mani nervose, fino al tintinnio riconosciuto, lui non c'era mai stato, in quel tempio di ninnoli e specchi, l'ultima volta era sempre precedente all'oblio.
Lei compie i gesti del quotidiano, ancora da sola nella stanza, un dedalo di impressioni i pochi passi di lui, che si allungano di chilometri, danno il tempo alla pelle di respirare, dura un piccolo infinito l'approdo, l'immediato futuro imprimerà una accelerazione spaziale, nel momento che il dito aprirà il contatto.
Ora sono nello stesso luogo, passeranno ancora il futuro, prima di cercarsi lo sguardo, l'uomo e la terra, la disubbidienza ancora ignorante, una conseguenza inevitabile ne varrà la pena.
Adesso tutto diventa sensibile e nessuno può più mentire, lui cerca oltre la meccanica, il miracolo di quel passo, lei glielo cela nell'evidenza.
Lui da dietro, per contrasto, ripensa al passo isterico delle indossatrici, vademecum ortopedico di distorsioni, il culo come un metronomo, che batte il tempo troppo di corsa; e riaffonda nel centro del movimento, sente nella nuca il vento che muove le intenzioni, galleggia dal vuoto fino al tacco, che lo desta, per il breve istante di un lampo, il tacco è il suo naturalmente, lei non risponde alla gravità di questo mondo.
Si sorprende di una meraviglia posticcia, alla coincidenza della direzione, quando già nell'altalena dei gradini, non c'è dubbio d'intenzione, il ritardo all'ingresso e contatto di fiato sul collo, ancora sconosciuta la pelle, il sussulto degli oggetti destati da mani nervose, fino al tintinnio riconosciuto, lui non c'era mai stato, in quel tempio di ninnoli e specchi, l'ultima volta era sempre precedente all'oblio.
Lei compie i gesti del quotidiano, ancora da sola nella stanza, un dedalo di impressioni i pochi passi di lui, che si allungano di chilometri, danno il tempo alla pelle di respirare, dura un piccolo infinito l'approdo, l'immediato futuro imprimerà una accelerazione spaziale, nel momento che il dito aprirà il contatto.
Ora sono nello stesso luogo, passeranno ancora il futuro, prima di cercarsi lo sguardo, l'uomo e la terra, la disubbidienza ancora ignorante, una conseguenza inevitabile ne varrà la pena.
Adesso tutto diventa sensibile e nessuno può più mentire, lui cerca oltre la meccanica, il miracolo di quel passo, lei glielo cela nell'evidenza.
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