Scritto da © Marcello Caloro - Ven, 26/07/2013 - 08:06
Spesso invadevi i lieti, casti, sogni
Mutandoli in tormenti passionali
Nel sonno ti prestavo la mia mano
E noi cullati, sospesi, s’uno stelo
Al centro d’una corolla, sugli stami
I capelli impollinati, umidi e gialli
Sciupavamo i nostri corpi sotto il sole
Come quegl’insetti che alla Primavera
Quando sussurra i comandi alla natura
Obbediscono al richiamo dell’amore.
Erano quelli i tempi giovani dell’ardore
Dei primi approcci timidi e impacciati
Degli incontri clandestini per le scale
Dei nostri sessi sempre palpitanti e pronti
Del furto delle chiavi di quella porta
Che schiudeva su ogni nostro desiderio
E quella panchina schiva e imbarazzata
In fondo al viale, nel Perìpato ombreggiato?
Ascoltava le nostre più audaci fantasie
Soddisfatte appena tramontato il sole.
Ma a quell’età, vagabonda e scanzonata
S’inseguono i vertici d’una perfetta sfera
E dopo te solo amori e virgole e mai a capo
Un periodo che pare destinato a non finire
Che stanca alla lettura e si disperde vano
Ma quando vista stenta e barba imbianca
Si smette di cercare in fondo al mare
Si guarda finalmente dentro il cuore
E nel labirintico vagare ho ritrovato te
Il primo Ibisco colto e mai dimenticato.
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