Scrivo nascondendomi perché mi piace espormi.
A 36 anni mi sono resa conto di essere stanca degli uomini. Avere una forte componente snob nel mio sangue non mi aiuta, me ne rendo conto, ma mi rendo anche conto che per il mio “essere”, i maschi sono troppo maschi, troppi peli, odore forte con forti richiami preistorico-animalesco di ere passate, ormai troppo passate.
Scrivo su un sito e sono Max, ovvero Massimo detto Max, sempre meglio di Minimo detto Min, o peggio ancora di Medio detto Med. Così di solito mi presento, a chi mi chiede "perché Max?".
Scrivo su un sito modello Mezzogiorno in famiglia, dove profumi e riflessi rosa la fanno da padrone, un sito che ricorda Radio Chatnoir, Radio Subasio, Teleradiostereo, dove del soffice e del non pensare ai pensieri se ne è fatta virtù. E non è cosa da poco.
È appunto in quel sito tutto fragole e panna, che due giorni fa mi ritrovo un tipo non ben definito che spazza tra tutti i sitoidi, lasciando commenti agli scritti ed ai legittimi proprietari degli stessi, commenti inopportuni e del tutto irriverenti, al solo scopo di destare interesse ed alzare virtuali polveroni fatti di semplici bit.
“Ma smettila...” era il suo veloce passaggio depositato nella mia personalissima area, un “ma smettila” affilato come un rasoio. Diciamo “percepito” dalla scrivente, come un affilato rasoio. Quel tipo attaccabrighe cercava solo guai virtuali, evidentemente, ma quel giorno ero molto ma molto maldisposta, e decisi pertanto che da quel giorno i guai li avrebbe trovati sul serio, e non virtuali. Quel tipo attaccabrighe, avrebbe finalmente trovato le sue brighe dalle quali difendersi nei giorni a venire…
Enter- In questo momento spingere il tasto Enter mi da un brivido inspiegabile. Palpitazioni, fibrillazione, uno stato di eccitazione e nuovo anomalo entusiasmo cominciano a spurgare dai pori della mente. Un sorriso leggero so che mi sta addolcendo i lineamenti del volto.
Lo so, lo sento. Ho raggiunto l’obiettivo. Il tipo ha abboccato in pieno, e mi riversa improperi che evito per decenza di riportare tra queste righe. Abbocca talmente bene che gli faccio capire che sono della stessa città, e che se vuole risolviamo la cosa privatamente, occhi su occhi, invece di smembrare i testicoli ai poveri beati sitoidi improfumati di coriandoli color lillà.
Ha abboccato talmente bene che mi trovo a vestirmi di corsa, mi trovo che comincio a tremare dalla rabbia e sento crescere una specie di follia irrazionale, sento che è il momento adatto per potere poi stare meglio, almeno per un po’. Sento che ho voglia di farlo stare male, male male. Sento che ho voglia di nuovo del rosso rubino. Ho l’indirizzo, dobbiamo incontrarci tra un’ora, so di avere il tempo necessario per ragionare e decidere cosa fare, cosa “fargli”. Stupido malato paranoico.
Esco. Non è lontano, giro per il quartiere in uno stato di indefinibile trance sensoriale, un orgasmo continuo fatto di elettricità innaturale, che arriva da un cervello in piena attività. Trovo il posto, salgo le scale, non ho paura, non posso avere paura perche è LUI che deve avere paura. So che troverò la porta appena accostata, so che dentro è luce e non buio, ed io non ho paura. Ho smesso da anni di avere paura, quando mi accorsi che la paura aumentava solo le mie paure, e stavo irrimediabilmente male.
Quello che non sapevo di dover sapere e che mai mi sarei aspettata di trovare e di dovere immaginare, era che entrando nel corridoio, avrei trovato proprio li, li all’ingresso, le mie deliziose scarpine bianche.
Ero convinta di averle messe.
Quello che immaginavo di non dovere immaginare, era di trovarmi davanti mia madre spaventata e rassegnata, ad aspettarmi con una valigia riempita velocemente, e i due infermieri pronti a prelevarmi, con delicatezza, ma sempre a prelevarmi, me e il mio coltello preferito.
Quello che so di sapere, ora, è che un altro mese di reparto psichiatrico non me lo leva nessuno.
Aspettami stupido, aspettami, che prima o poi ritorno...
Fine
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