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Paranza !!

I Mietitori !!.jpg
Foùre tèrre.
 
Oltre i confini del proprio borgo.
 
Chiamavano così le compagnie,
di poveri braccianti e mietitori,
portati ai campi da ricchi terrieri,
 
per latifondi delle loro terre.
Lucania e Tavoliere spighe d'oro
avevano a smaltir in calda estate,
 
un sopra l'altro sostavano nei borghi
nell'adunanza, stanchi nell'attesa,
seduti in terra, giaciglio il marciapiedi,
 
come i barboni d'oggi lì a dormire,
su materassi d'ondulata carta,
un poco spessa usata per i pacchi.
 
Addosso l'un con l'altro addormentati,
sfiniti per il viaggio fatto in bici
o con carrette prese a nolo in gruppo.
 
Con loro le bisacce con il pane,
po' di formaggio ed i pomodori,
una borraccia colma d'acquedotto
 
e pochi stracci per il cambio, un tanto,
addosso una mantella vecchia ed unta
per protezione ai brividi squassanti
 
della malaria dilagante allora,
nelle valli brulle di Lucania
o nelle terre da bonificare,
 
con stagni maldoranti di paludi.
Braccianti per travaglio "foùre tèrre",
una medaglia al collo a protezione,
 
legato a un filo grosso di cotone
un abitino dell'Immacolata
e nel panciotto immagine del Santo,
 
il più devoto che protegga l'uomo
e un paio di dozzine di tornesi
avvolti in fazzoletto, bello stretto.
 
Così l'attesa allora si spezzava
e si spezzava pure loro schiena
con falce per il mietere del grano.
 
A sera indolenzite quelle schiene
chinino, allora, come medicine.
 
 
Lorenzo 31.12.22

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