Scritto da © Lorenzo - Dom, 26/11/2023 - 16:29
“Il padrone di casa mi aveva avvertito
che sarei stato spesso disturbato
dal rumore del trappeto,
il frantoio che era sotto alle mie stanze;
ci si entrava dall’orto,
per una porticina di fianco agli scalini
che portavano in casa.
Avrebbe lavorato anche di notte,
il trappeto mi aveva detto.
Quando girava la vecchia mola di pietra,
trascinata in tondo da un asino bendato,
la casa tremava, e un rombo continuo
saliva dal pavimento"
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, pag. 185,
Einaudi Editore, Torino, 2014.
E s'apre il cuore quando leggo il nome
dell'antico trappeto sulla via
della marina nostra amica mia
ambienti da rettangoli formati
le volte a botte ed asini a girare
le mole delle vasche con le bende
un tetto a chiancarelle a copertura
lamine in pietra dura sembra selce
interno di museo d'altri tempi
macine, torni e tini, un focolare,
il regno dell'attiva vivandiera
che preparava il pasto agli operai
si davano a scambiarsi la fatica
tre volte in ventiquattro di giornata
o forse due in tempo sindacato.
Ricordo vivandiera del trappeto
a fianco di stazione del ridotto
lo scartamento della ciclatera,
erano i tempi primi al secondario
e la gran madre era vivandiera,
legumi cucinati al focolare
fagioli o ceci ed acqua al primo sale
unico piatto e ricca colazione
con olio fuoriuscito dalla pressa,
e pane la schanata, tre fettine
del forno di Lucrezia fatto a mano
zuppa di pane intriso di quell'acqua
profumi di quell'olio appena fatto
e sento ancora odori di quel luogo.
Ma è tempo di tornare alla marina
a proprietà di nobile casato
d'alte mura protetto e custodito
d'intrecci di famiglie e di progenie
economia d'un tempo trapassato
ed era pieno il luogo di strutture
fondante conduzione e di risorse.
Tutto è cambiato ormai non più le presse
e l'olio con lattine a noi concesse
Lorenzo 26.11.23
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