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L'Inutile Progenie

Adagiato su un' ipotesi di panchina, osservo la scena patetica dal palcoscenico di questo giorno qualunque che mi viene gentilmente offerto.
Lui la guarda con fare scomposto e disincantato. Io annoiato e distratto, sono comunque curioso nel vedere come va a finire a finire.
Lui la guarda, le si avvicina, si scosta, poi ci riprova. Lei sta al gioco, ma con il passare del tempo è chiaro che sta evidentemente stancandosi e cominciando a perdere le speranze (in gergo, sta “raffreddandosi”).
Nel mio intimo spero che il tipo lì davanti tiri fuori dal sacchetto di cui è evidentemente (e dico EVIDENTEMENTE) dotato, la quantità di palle che necessita per completare l’approccio, e dare la giusta soddisfazione a me che sto spendendo buona parte del pomeriggio a scrutare i comportamenti ed atteggiamenti di questi bipedi miei simili. Più che simili, mi piace definirli miei sinonimi.
Mi accomodo meglio sulla panchina, accavallo le gambe con la dovuta attenzione (anche la mia dotazione base rende delicata l’operazione) e rimango in attesa.
Dal sacchetto del mio simile esce ben poco, molto poco del maschio che mi sarei aspettato di vedere; i rossori fiammeggiano impunemente sulle gote, balbettii e tremori la fanno da padrone e la tipa (sembrava forse ancora troppo un travestito, devo dire, a sua discolpa) miseramente  gira sui tacchi e se ne va per altri lidi, fregandosene del fatto che il tutto sta avvenendo in una specie di campagna.
Un senso di nostalgia mi aggredisce in modo totalmente scorretto. La nostalgia è veramente una pessima compagna di viaggio, a volte, ed orribile compagna di panchina molto spesso. Ti si pone vicino carezzandoti, raccontandoti che nulla ti può succedere, e che solo un leggero velo simile a seta della migliore fattura, ti si può adagiare sulle spalle. La troia, mi arriva invece addosso con l’effetto di una carezza di un Tyson incazzato, e comincio a piangere come solo un vero povero uomo , può piangere.
Una volta, ai miei vecchi tempi, i miei vecchi cari tempi, quella tipa mascolina, l’avrei sistemata per le feste, senza pudori, senza inibizioni, senza ripensamenti. Lei se ne sarebbe andata (dopo parecchio tempo…) completamente rinata, soddisfatta, sudata, ciondolante ed instabile, tipico risultato di una solida frullata alla Max.
Già, il buon vecchio Max.
Non era più così ora. Io da tempo non sto quasi più in piedi, ora sono addirittura quasi stanco di vivere, e qui non c’è più nessuno di vero, di originale, di diverso, per il quale trovare la voglia di vivere.
Qui intorno è solo pieno di miei cloni. Tutti simili, tutti uguali, uomini (uomini…) e donne (donne??).
Il maschio perfetto
Si, Il maschio perfetto. Mi avevano attentamente selezionato, valutato, modificato e poi riprodotto. Mi avevano riprodotto in numero per loro sufficiente in versione uomo e donna.
Successivamente, questa bella combriccola (me compreso) la avevano trasportata nell’unico luogo sicuro della terra (dove fa un freddo cane, credetemi), un luogo dove questi poveri pupazzi scoglionati potevano continuare a riprodursi e cercare di dare un senso ed onore a questa terra ancora generosa. Gli altri, quelli veri, originali, sarebbero velocemente marciti nel giro di pochi mesi, riconvertendosi in migliaia di tonnellate di fertilizzante naturale (lo chiamavamo intelletto, ma pensa un pò...). Piangevo, al pensiero che ormai se ne erano tutti andati, tutti.
Me ne stavo andando anch’io, il mio premio alla vita stava scadendo, a breve avrei salutato questo branco di poveri falliti. Maschi e femmine tutti uguali, ad ogni generazione sempre meno attaccati alla vita, sempre più sciapi, sempre meno motivati. Faceva uno strano effetto vederli, provavo la sensazione di vivere in un mondo fatto di specchi, specchi maschi e specchi femmine.
I maschi, a mia immagine e somiglianza, le femmine…quasi.  A loro, alle TIPE, avevano solo fatto lievi modifiche (appunto, modiFICHE) e tolto un po di peli in abbondanza. Faceva tristezza vederli. Che fine avevano fatto le pulsazioni? L'inebriante senso di vertigine dell'irrazionalità?
Ed il tarlo del dubbio, che si insinuava sempre più. "Avevano fatto bene a scegliere me?" 
Piangevo. Questo stavamo lasciando in eredità. L'inutilità dell'essere.
 
Un popolo di miei cloni
Un popolo di superstiti
Ma popoli di coglioni
Senza un motivo per il domani
Un popolo intero, di Max Pagani.
 

FINE

 

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