Scritto da © Hjeronimus - Sab, 04/02/2012 - 08:30
Ciao Marika, a proposito delle tue "Riflessioni", rilancio di qui per non gravare troppo sul tuo "commentario".
Certo, è affascinante la tua idea che il bacio e l’amore si possano classificare sotto uno speciale criterio della evoluzione della specie umana. Tuttavia, va onestamente rilevato che, oltre a Darwin, essa si oppone anche alla utopia dell’episteme, all’auto-strutturarsi del paradosso dell’intelligenza. Tutto ciò che ricade nell’atto di coscienza dell’animale-uomo, non è già più tale (animale) e inoltre è auto-genetico, una ipotesi che si auto-attua al momento della propria auto-invenzione.
Più che come principio evolutivo, il “gesto” dell’amarsi si determina storicamente. Nei tempi precristiani, per esempio, alla donna non era concesso statuto d’esistenza, e il suo vivere era concepito alla pari di quello di una mandria, o anche di un solo capo di bestiame. L’amore era riservato agli adolescenti e soltanto da parte dei maschi adulti (con molte eccezioni, è ovvio), almeno fino alle leggi contro la pederastia di Marco Aurelio, o Antonino Pio, non ricordo. Poi venne il Cristo, il quale, e questo gli va riconosciuto al di là di ogni querelle filosofica o religiosa, fece sorgere il femminile e le cose cambiarono. Quando nel Medioevo le civiltà cristiane produssero la cultura cortese, sulla falsariga dell’abbraccio della propria fede (si pensi al simbolo berniniano del colonnato di San Pietro, che intende “abbracciare” l’intera cristianità), ossia dell’”ama il prossimo tuo”, i cortigiani colti inventarono l’amore e, correlato a questo, l’ideale del sacrificio d’amore. Facendo trans-figurare l’icona del femminile, dalla donna-mucca precristiana, attraverso il Cristo, all’empireo dell’ideale.
Prima l’amore non esisteva, o almeno non esisteva nella interpretazione che noi gli accordiamo, che è ancora quella medioevale, quella “stilnovista”. Certo, si potrebbe obiettare che è di lì in poi che si concretizzerebbe la speciale evoluzione “naturale” dell’umano. Ma si dovrebbe tener conto di un disegno, di una intenzione implicita nella natura stessa dell’uomo, un disegno che si muove verso un suo scopo finale che, in quanto tale, non può essere interpretato che teleologicamente, ossia con l’apporto di un ente esterno (il disegnatore…). Mentre qui ci preme di ribadire le nostre fondamenta laiche: è il linguaggio l’artefice dell’agire umano, che, in quanto tale, è imaginifico, utopico, ipotetico. Ciò che facciamo può anche sembrare scienza, ma la scienza non è che la ipotesi più, come dire?, persuasiva, e anche la più evoluta, tra quelle conosciute. Ma non è La Verità. Perché, per quanto sta a quest’ultima, domani risvegliandoci potremmo averne scovata un’altra. Una ancora più vera.
Certo, è affascinante la tua idea che il bacio e l’amore si possano classificare sotto uno speciale criterio della evoluzione della specie umana. Tuttavia, va onestamente rilevato che, oltre a Darwin, essa si oppone anche alla utopia dell’episteme, all’auto-strutturarsi del paradosso dell’intelligenza. Tutto ciò che ricade nell’atto di coscienza dell’animale-uomo, non è già più tale (animale) e inoltre è auto-genetico, una ipotesi che si auto-attua al momento della propria auto-invenzione.
Più che come principio evolutivo, il “gesto” dell’amarsi si determina storicamente. Nei tempi precristiani, per esempio, alla donna non era concesso statuto d’esistenza, e il suo vivere era concepito alla pari di quello di una mandria, o anche di un solo capo di bestiame. L’amore era riservato agli adolescenti e soltanto da parte dei maschi adulti (con molte eccezioni, è ovvio), almeno fino alle leggi contro la pederastia di Marco Aurelio, o Antonino Pio, non ricordo. Poi venne il Cristo, il quale, e questo gli va riconosciuto al di là di ogni querelle filosofica o religiosa, fece sorgere il femminile e le cose cambiarono. Quando nel Medioevo le civiltà cristiane produssero la cultura cortese, sulla falsariga dell’abbraccio della propria fede (si pensi al simbolo berniniano del colonnato di San Pietro, che intende “abbracciare” l’intera cristianità), ossia dell’”ama il prossimo tuo”, i cortigiani colti inventarono l’amore e, correlato a questo, l’ideale del sacrificio d’amore. Facendo trans-figurare l’icona del femminile, dalla donna-mucca precristiana, attraverso il Cristo, all’empireo dell’ideale.
Prima l’amore non esisteva, o almeno non esisteva nella interpretazione che noi gli accordiamo, che è ancora quella medioevale, quella “stilnovista”. Certo, si potrebbe obiettare che è di lì in poi che si concretizzerebbe la speciale evoluzione “naturale” dell’umano. Ma si dovrebbe tener conto di un disegno, di una intenzione implicita nella natura stessa dell’uomo, un disegno che si muove verso un suo scopo finale che, in quanto tale, non può essere interpretato che teleologicamente, ossia con l’apporto di un ente esterno (il disegnatore…). Mentre qui ci preme di ribadire le nostre fondamenta laiche: è il linguaggio l’artefice dell’agire umano, che, in quanto tale, è imaginifico, utopico, ipotetico. Ciò che facciamo può anche sembrare scienza, ma la scienza non è che la ipotesi più, come dire?, persuasiva, e anche la più evoluta, tra quelle conosciute. Ma non è La Verità. Perché, per quanto sta a quest’ultima, domani risvegliandoci potremmo averne scovata un’altra. Una ancora più vera.
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