La coscienza di Zeno | Filosofia | Charles Cros | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

La coscienza di Zeno

« Guglielmo si piegò in un inchino: "Siete saggio anche quando siete severo. Come volete."
"Se mai fossi saggio, lo sarei perché so essere severo." rispose l’Abate. »  
(Umberto Eco, Il nome della rosa, Primo Giorno, Terza)
 

La lettura è un piacere che ho sempre avuto è una di quelle cose che mi ha sempre tenuto compagnia nei giorni più uggiosi. Così in particolare la sera quando la leggerezza della televisione diventa davvero insopportabile mi diletto leggendo un po’ di tutto. Libri tecnologia, di cucina ( che sempre tecnici sono ), giardinaggio, romanzi, saggi, sussidiari, vecchie antologie insomma tutto quello che di recente ho comprato, nella vicina libreria, ma non solo. Non ho una biblioteca molto fornita perchè dopo qualche anno di accumulo mi sono accorto che non mi è utile e i libri attirano la polvere come nient’altro nella casa. La passione per la lettura poi diciamo che sicuramente si è modificata con l’avvento di Internet.


Internet ha invaso la mia vita molto prima di altri e mi ha allevato condizionando molto le mie scelte, anche letterarie, nel bene e nel male. In generale però siccome sono una persona che non si appassiona troppo alle cose dopo un po’ di tempo cerco nuove esperienze da percorrere. Questa mia naturale tendenza, l’ho avuta anche per la grande rete e i suoi servizi, i blog i forum e le chat li ho sempre vissuti come esperienze temporanee e molto brevi.
Cosi dopo un po’ di esperimenti vari, la sera ritornavo sul mio divano con la solita lampada una birretta d’estate o una tazza di te d’inverno, seduto comodo con un nuovo libro in mano. Devo essere sincero leggere in questo modo mi da delle sensazioni che la pagina web non riesce a darmi.

Qualche anno fa comprai un libro di Eco intitolato “Kant e l’ornitorinco”. E’ un testo piuttosto complicato di semiologia del dotto autore che ricordo di aver letto a fatica.
La semiologia come argomento mi affascinava e mi affascina perchè questa scienza entra in modo preponderante nello sviluppo di gran parte del mio lavoro. Più di una volta nei miei post ho fatto cenno alla teoria della comunicazione e così riprendo il concetto riassumendone  brevemente gli elementi più importanti.

Nella Teoria della comunicazione si prevede che esistano 3 elementi fondamentali.

  1. Un trasmittente
  2. Il mezzo
  3. Un ricevente
Questi elementi fisici necessitano di un quarto elemento non fisico che a me piace definire protocollo.
Il protocollo può essere complesso e quindi su più livelli e deve essere condiviso dal trasmittente e dal ricevente. Queste caratteristiche definite da Shannon ( Claude Shannon 1916 2001 ), valgono per tutti i processi di comunicazione.

La semiologia è la scienza dei segni e non è da confondere con la semiotica ( io invece li confondo benissimo, ancora adesso non ne capisco la differenza ). Queste due scienze non studiano i segni come elementi a se stanti ma ne studiano il significato a cui sono associati e i loroi effetti.
Tipico è l’esempio che fanno, quando ci spiegano cosa accade mentre si guarda l’immagine di un cavallo. Sia che venga rappresentato in una pittura rupestre o che sia una foto d’autore ( magari 3D ) quello che riceviamo da quella immagine è la ‘sensazione’ che abbiamo del cavallo. Loro parlano appunto di cavallinità per distinguerne il senso. Se prendiamo il caso della pittura rupestre anche se il tratto e stilizzato e interrotto, non abbiamo difficoltà nel riconoscere il noto animale.

Questo processo di interpretazione dell’immagine però è effettuato sia dal trasmittente che dal ricevente. Coincide questo processo di trasduzione fra i due elementi del processo ? Direi di si in gran parte, ma non del tutto. Il trasmittente, che vive in una caverna preistorica e che disegna con il legno carbonizzato sulla parete, avrà un idea del cavallo che non è sicuramente avvicinabile all’idea che ne posso avere io e che sono il ricevente in questo remotissimo processo di comunicazione.
Ma allora, questo vuole anche dire che il senso di quella immagine, o forse meglio, il suo significato è  andato perduto ? E molto probabile ma non è detto. Ora però il vero problema che mi interessa considerare, in questo momento è di altro genere.
In questo processo di comunicazione infatti c’è un altro elemento implicito, di non secondaria importanza, che è il tempo. Fra il paleolitico trasmittente e il moderno ricevente intercorrono migliaia di anni. A questo punto mi chiedo: quando un processo di comunicazione può definirsi concluso ? Riflettendoci sopra penserei : solo dopo che si eseguono le finalità della comunicazione. E fin qui tutti poterebbero essere d’accordo e tutti, più o meno, intuiscono cosa voglio dire. Allora rifletto e mi domando ancora, ma cosa intendo veramente con il concetto di  finalità ?

Spesso i semiologi, citano anche l’esempio dell’alieno che, sceso da un sospeso disco volante, raggiunge l’incrocio di un centro cittadino.  L’alieno ad un certo punto si ferma, perplesso, perchè davanti a se c’è un oggetto stranissimo, con tre palle colorate che si accendono e si spengono. Il  semaforo.
Il senso associato al rosso del semaforo implica la necessità da parte del ricevente di fermarsi in prossimità dell’incrocio stesso. L’alieno, pur avendo notoriamente un quoziente intellettivo superiore a quello umano, non sa dare però un senso a quella luce rossa, perchè nessuno glielo ha spiegato prima e non evendo niente di simile nel suo pianeta di origine, inevitabilmente morirà schiacciato dalla prima macchina, appena tenterà di passare incautamente il crocevia. Fine dell’invasione aliena.
La conoscenza, che per l’alieno era consapevolezza del semaforo rosso, sembra quindi essere la finalità.

Bob Pease un notissimo ingegnere elettronico d’oltrcoceano  in uno dei suoi mitici post raccontò l’incredibile storia di un suo  collega che lavorava in  una altra famosissima azienda americana la Signetics.
Siamo agli inizi dei floridi anni 70 americani. Mentre da noi noi c’era la rivoluzione industriale che soppiantava l’economia agricola, loro cavalcavano l’onda della tecnologia elettronica, sviluppando apparati che sarebbero poi diventati il fondamento della rivoluzione economica del futuro.
In questa azienda c’era appunto un ingegnere che redigeva quelli che in gergo vengono chiamati  datasheet. Questi datasheet in parole povere sono come le istruzioni d’uso dei componenti elettronici scritte per gli ingengeri. Per rispettare gli elevati standard qualitativi questi documenti finivano nelle scrivanie di uffici limitrofi al suo, dove altri ingengeri effettuavano estenuanti controlli formali della documentazione. Ogni inezia veniva bloccata e rimandata al mittente che riprendendo il testo doveva occuparsi della tediosa correzione. Questa farraginosa organizzazione era diventata un incubo insopportabile.
Così dopo l’ennesimo rifiuto tramò una terribile vendetta. Il solerte ingegnere infatti quel giorno  scrisse il datasheet di un nuovo componente che chiamò WOM.
Ne trascrisse le caratteristiche i diagrammi elettrici tutti rigorosamente finti e le specifiche funzionali. WOM era l’acronimo di Write Only Memory. L’infingrado si era completamente inventato questo componente partendo dal presupposto che se riesci a vendere dei componenti chiamati ROM ( Read only Memory ) e che per definizione possono essere solo letti perchè non si possono vendere componenti WOM che possono essere solo scritti ?
Incredibilmente il nuovo documento passò tutti i filtri del controllo qualità, visto che era perfettamente redatto e finì così con successo nel catalogo di vendita.
Così vi chiederete Il problema dove sta ? Il problema è che un componente elettronico dove puoi scrivere dei dati e non puoi leggerli, non serve nulla ed è al limite del paradosso logico. Ma non è finita. La cosa che nessuno si aspettava e nemmeno il vendicativo ingengere poteva immaginare era che questa follia non aveva ingannato solo gli addetti della qualità, che non hanno brillato certamente di acume, ma aveva ingannato anche i clienti della Signetics che richiesero comunque le quotazioni e i tempi di consegna di questo inesistente componente.
In questo link il pdf originale del diabolico ingegnere
Signetics ebbe all’inizio un po’ di imbarazzo, forse qualcuno all’interno tramò manovre per produrlo veramente ma alla fine si fece passare la cosa per un pesce di aprile e tutto si concluse con una risata generalizzata. Questa storia però mi ha dato qualche spunto di riflessione.

Siamo sotto uno tsunami di informazioni che ci innondano in continuazione e purtroppo non siamo più in grado di filtrare. Non abbiamo più modo di controllare le cose che ci dicono e che leggiamo, alla fine, queste informazioni vengono recepite vere solo quelle che ci sembrano più credibili. La realtà che ci investe pesantemente ci lascia storditi e l’appello alla conoscenza che facciamo con i nostri studi non ci aiuta perchè incredibilmente non riusciamo a finalizzarla.
Questo perchè passiamo la nostra vita ad acquisire dati e informazioni come se queste potessero essere la nostra salvezza sperando di utilizzarle quando ci sarà l’occasione. La vita cosciente però non è solo conoscenza, non è accumulo di sapere. Già perchè se questa si fermasse li saremmo proprio noi le WOM inventate dall’anonimo ingengenre. Saremo dei buchi neri che inglobano energia cognitiva senza rilasciare nulla.
Così per non essere delle WOM, la coscienza deve far seguito a qualcos’altro. Nel caso dell’alieno la conoscenza doveva fa seguito a tutta una serie di azioni coscienti che gli impedissero di attraversare l’incrocio. Quindi forse la finalità della comunicazione è  un sistema di azioni che coinvolgono il nostro essere e non solo la nostra mente. Ma forse non basta...

Nei romanzi di Umberto Eco i protagonisti sono tutti super uomini in grado di controllare gli avvenimenti, di pianificarli. In alcuni casi sono dei farabutti ed in genere non perdono mai il controllo della situazione. Partendo dal francescano Guglielmo da Baskerville nel Nome della Rosa, a Casaubon del Pendolo di Foucault, al naufrago Roberto de la Grive nell’Isola del giorno prima, al ingenuo Baudolino dell’omonimo romanzo, allo smemorato Yambo nella Misteriosa fiamma della principessa Loana sino ad arrivare al grande farabutto Simonini nel Cimitero di Praga.
 
Nella Coscienza di Zeno redatto del 1923, un classico romanzo adolescienziale,  l’iperrealismo letterario di Svevo ( 1861 1928 )  fa vivere il protagonista come se fosse sempre trascinato dalle storie che accadono intorno a lui. La sua vita è vissuta continuamente a rimorchio delle vite di altri, sorprendendo il lettore per la sua sfacciata inettitudine. Ovviamente il super uomo di Eco è molto più accattivante ma com'è la realtà delle cose ? Noi sorridiamo delle sue incapacità, magari argomentiamo asetticamente sul testo disquisendo sugli aspetti patologici del protagonista. Quello che facciamo inconsciamente è però di occultare un elemento molto fastioso che il romanzo svela al lettore. Svevo ha costruito un protagonista che è purtroppo un riflesso della coscienza di chi lo legge. Noi ovviamente ambiamo a diventare il superuomo di Eco e ci fa paura capire che invece siamo molto più ridicoli e stupidi di quanto si creda.
 
Considerando ad esempio anche i super eroi della Marvel. In questi soggetti si può indubbiamente diagnosticare un disturbo bipolare schizzofrenico che condiziona pesantemente il loro comportamento a seconda del ruolo che ricoprono. Considerate per esempio l’impacciato Klark Kent e l’impavido Superman o anche il timido Peter Parker è il suo alter ego temerario Uomo Ragno o ad esempio Robert Bruce Banner e il suo clorofilliano iracondo Hulk, o infine al gracilissimo Steve Rogers che diventa il muscolare Capitan America.
Con questa duplice natura loro impersonificano le paure interiori più profonde della gente. La loro notorietà potrebbe essere in qualche modo sintomatica di un globale apocalittico disagio sociale ? Questo continuo sdoppiamento potrebbe essere un problema o invece è una terapia ? Diciamo che capita di sentire tipi che si tirano di sotto dal terazzo all’urlo di superman, ma tralasciando le grottesche realtà ci sono elementi che indicano come le masse abbiano la tendenza a rifuggire dalla quotidianeita della vita che vivono. Cavalcando queste onde emozionali il potere economico attraverso major cinematografiche soddisfando questo bisogno naturale delle masse e si sollazzano con i profiqui guadagni. Quindi sembra che la coscienza abbia anche bisogno, come di una sorta di leggerezza della conoscenza, che gli permetta di sviare dal mondo che si è creata.

Siamo sotto attacco dei mass media e loro sono fortissimi, se non hanno un mercato se lo creano, se non c’è il bisogno se lo inventano. La loro vera forza sta nella capacità di manipolarti senza che tu te ne renda conto.
I poteri forti usano questi mezzi di comunicazione per i loro scopi il più delle volte mascherati dalle buone intenzioni. Ammorbano e sedano la gente con un insieme di messaggi pilotati e manipolati sapientemente attraverso i mass media. I fini sono diversi anche se in genere il  motivo economico è dominate. Alcuni di questi mezzi sono chiamati poeticamente, armi di distrazione di massa. Le organizzazioni piramidali ad esempio acquisicono adepti distraendo le persone dalla realtà che li circonda e che nella maggioranza dei casi viene percepita ostile. Ovviamente questo accade quando è una ‘percezione’ di disagio sociale. In questo sistema ci sono posti dove la realtà quotidiana è davvero ostile però in quel caso queste organizzazioni semplicemente non esistono. Se distrai il popolo lui non si renderà conto della voragine che ha sotto i piedi.
 
In “Totò, Beppino e la guerra psichica”, un saggio redatto nel 1996 dal collettivo Luther Blisset si smaschera questa sorta di eterea consistenza che le persone hanno attraverso internet e i loro avatar. Il collettivo pensò bene di  suicidarlo (?) qualche anno dopo ( nel 2000 ) rievocando il seppoku orientale, cercando nel loro delirio di onnipotenza di dare al fantomatico autore quanto di più concreto l’essere umano può ottenere nella sua vita, la sua morte appunto.
Luther Blisset nacque nella rete e vi morì poco dopo ma nel suo breve percorso col suo nome ne fecero di tutti i colori, dimostrando che le connessioni in rete esistono funzionano e rendono vivi.
Il romanzo di esordio “Q” del 1999 e il suo “senza nome” protagonista fu un fulmine a ciel sereno, perchè dimostrò che sotto la rete ci sono persone che possono fare successi letterari. Quanto sia di spessore il romanzo non sta a me giudicarlo, ovviamente il successo fu spiazzante, a quel tempo, e la critica si frantumò. All’inizio qualcuno sostenne che ci fosse Eco dietro a questa operazione, l’unico in Italia in grado di creare l’enorme interesse mediatico. Ma si sbagliavano...
Il collettivo rinacque nel sempre poliemorfico WuMing dal quale sono nati nuovi romanzi tutti discussi dalla critica con voci coerentemente contrapposte.
Asce di guerra, 54, Guerra agli umani .. e poi Manituana e poi Altai. Quando va bene sono cani sciolti della letteratura italiana, quando va male una operazione commerciale.
Il collettivo Luther Blisset aveva ambizioni di paladino della giustizia mediatica sobillando il popolo della rete attraverso degli atti terroristici ( atti di terrorismo bianco ovviamente ) che smascheravano la malafede ( e quindi i farabutti ) e la superficialità ( e quindi gli stupidi ) del sistema mass mediatico.
 
Nel 1988 uscì in Italia un libro intitolato “Allegro ma non troppo” scritto dallo storico Carlo Maria Cipolla (1922-2000). Questo libello distrusse l’idea che anche con le buone intenzioni della gente si può andare avanti e dichiarò che nella società umana oltre alla mafia e alle associazioni criminali c’è un gruppo di persone che sono molto più pericolose per l’umanità stessa e che addirittura ne possono decretare l’estinzione.
Suddividendo il comportamento umano selezionando ciò che ci avvantaggia e cio chè invece ci procura danno, Cipolla suddivise gli esseri umani in 4 differenti sezioni
 
  • Intelligenti : fanno il proprio vantaggio e quello degli altri
  • Sprovveduti : danneggiano sé stessi e avvantaggiano gli altri
  • Banditi : danneggiano gli altri per trarne vantaggio
  • Stupidi : danneggiano gli altri e sé stessi

Mentre i primi tre creano comunque vantaggio, solo l’ultimo non è in grado di farlo distruggendo tutto quello che è alla loro portata. La cosa un po’ fa sorridere ma le capacità di distruzione di queste persone è molto più grave e sottovalutato di quello che si pensa.

Nel 1963 venne pubblicato un libro intitolato la “Banalità del Male” l’autrice si chiama Hannah Arendt. Era la corrispondente americana presso il New Yorker a Gerusalemme presente al processo del nazista Adolf Heichmann per crimini contro l’umanità e per lo sterminio in Germania del popolo Ebraico. Quello che venne fuori, di sconvolgente per lei, era proprio quello che Cipolla gli avrebbe confermato e spiegato molto tempo dopo.
La storia di Adolf Heichmann è simile alla storia di Zeno Cosini in alcuni punti addirittura molto più patetica è sarebbe dovuta fermarsi la dove era nata se non ci fosse il piccolo dettaglio che è diventato un agente delle SS. Con la sua inettitudine e la sua perfetta incapacità di capire cosa stesse facendo, riusci a mandare allo sterminio migliaia di Ebrei.
Hannah non riusciva a chiamarla stupidità preferiva chiamarla incapacità di pensare. Ma il pensiero non è capacità, non è che non ti rendi conto di pensare ne puoi smettere di farlo. Il pensiero è lo sviluppo logico c’erano, ma erano stati contaminati e corrotti dall’ideologia nazista. Ideologia che aveva bisogno di gente come Adolf Heichmann per concretizzare il socialismo delirante che Hitler voleva portare in Germania. Hitler e i suoi accoliti ambivano a fare i banditi, cercando di ristabilire lo stato tedesco dal disastro della guerra mondiale perduta qualche anno prima, ma fortunatmente hanno fatto la fine degli stupidi. Solo nell’immaginario di Harris si è concretizzata l’idea di Hitler scrivendo il libro  FatherLand (1992) best seller mondiale. Davvero un mirabile esempio di ucronia fantapolitica.

Così dopo questo lungo perigrinare, ancora non abbiamo risposto alla domanda chiave e così la ripetiamo, allora qual’è la finalità della comunicazione ?
Nel caso dell’alieno la finalità della comunicazione risiede nell’applicare il significato del simbolo semaforico, è richiesta una azione specifica o meglio una non azione specfica che è quella di non passare l’incrocio quando il semaforo si illumina con il colore  rosso. Ora si potrebbe dire che questa condizione poteva salvaguardare l’alieno se solo lui lo avesse saputo prima ?
Si e no perchè come abbiamo visto la conoscenza non ti salva dalla stupidità. Nel nostro caso l’alieno poteva aver letto sulla sua astronave il manuale di scuola guida e quindi poteva sapere benissimo che il semaforo rosso obbliga il ricevente a fermarsi. Ma la conoscenza non tiene conto che in quel momento i processi attivi del nostro cervello biologico o sinteticamente integrato come quello alieno sono molteplici, alcuni di questi processi hanno come soluzione finale comunque il passaggio dell’incrocio indipendentemente dal colore del semaforo. Non ci credete ? Provate a vedere cosa accade nell’incrocio vicino a casa vostra. Non è mica strano trovare persone che passano comunque candidamente col semaforo rosso per chissà quale motivo e vi garantisco che loro non sono alieni e conoscono benissimo il codice della strada. Come possiamo considerare queste azioni se non con il loro nome e cioè stupide.

Nella finalità della comunicazione c’è quindi una sorta di tendenza alla saggezza che è qualcosa di più vasto. Questo qualcosa di così ampio ci permette di comprendere che certe cose bisogna farle senza doverci pensare su. La vastità delle questioni cosmiche che alcuni hanno credendosi  filosofi suburbani devono essere considerate in altri momenti e quando siamo in prossimità di un incrocio non dobbiamo pensare ad altro che a fermarci. Semplice la vita, non credete ? Nella comunicazione c’è un insieme di informazioni  infinito che deve essere filtrato gestito manipolato. Questo lavoro a lungo andare porta ad avere componenti di comprensione e consapevolezza di valore sempre più alto. La comunicazione così ha come fine la conoscenza e la conoscenza ha quindi come fine la coscienza … se non ci fosse la stupidità di mezzo.

 

 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 0 utenti e 3480 visitatori collegati.