Scritto da © Antonella Iuril... - Sab, 31/12/2011 - 06:08
Come la campana d’una cattedrale volevamo che il cuore purificasse il mondo ogni rintocco suonare come una chiamata che liberasse l’essere dalle sue tenebre ingrandendo il territorio fino a estrarre la Coscienza pura dalla sua tana abbandonando la Verità in fondo al pozzo per volare con ali che consumano il fuoco sapendo che l’errore è un messaggio sacro Senza parole c’è forse una realtà?
Fragili camminiamo per la città degli arroganti mortali guardandoli costruire lussuosi letamai accumulare noci d’oro sotto le radici dei loro stivali, fabbricandosi visi di marmo perfetto. Questa è la città degli specchi controllati dalla torre centrale che diffondono riflessi astutamente costruiti per dare la sensazione di eternità.
Interminabili viali dove tutto esibisce un prezzo dove i proprietari stabiliscono testamenti a favore dei propri vermi esigendo che si comportino come uccelli Fenice. Indifferente il mondo ci espelle verso un futuro multiplo dove il caso concede sempre la stessa strada.
Se la madre divora i propri figli per quale motivo allora partorisce? Non andiamo, ci portano. Non facciamo, ci accade. Non scegliamo, c’impongono, non parliamo, come un fiume millenario le nostre parole ci escono dalla bocca non ci appartengono, il tempo le produce.
La nostra vecchiaia è quella del mondo. Ognuna delle nostre orme è un abisso senza fondo. Avanziamo verso il futuro su un tappeto di rondini morte. La coscienza è un fiore impossibile dove non viene a liberare la speranza. Cosa c’è per noi nelle implacabili rive del cielo ora che si dà ai bambini una macchia di sangue come bandiera? Cosa c’è per noi, quando le colombe medicano pane
coperte di annunci pubblicitari?
Con le narici gonfiate dalla cocaina il presidente lascia che due milioni di boia torturino un povero diavolo. Decenti signore lo bastonano sulla testa con i loro portafogli pieni di cupidi d’oro dalle nuvole cadono televisori a otto zampe. Tutto va bene il dollaro ci benedice con la sua lingua verde. I burocrati con viso da coniglioci annunciano che né oggi né domani né mai ci sarà qualcosa per noi nelle implacabili rive di cielo.
Non c’è nemmeno solitudine. Nell’albero si è dissolto l’eremita. Siamo arrivati là dove l’Essere è solo paura del niente e la paura di perdere la maschera dell’io stesso è l’unico indizio che ancora seguiamo per vivere.
Criticando la conoscenza e senza la speranza di sapere in terreni tanto ambigui ci è impossibile ottenere un’esperienza dobbiamo accontentarci di avanzare divorando la nostra razione di carote:la teoria che la materia come un immenso tumore racchiuda al suo centro una goccia di miele chiamato spirito e che una medusa eterna, Dio, sistemi intenzionalmente una successine di banali incidenti chiamata vita fra di loro prendere a ceffoni il vicino perché il suo cane ci ha morso.
La fede è sempre accompagnata da un paio di mani vuote. Un giorno smetteremo di pregare e ci metteremo a vomitare pietre. Camminiamo per strada mutati nel vestito d’un degno cavaliere. L’abito cammina vuoto. Il futuro è forse un bandito senza pietà? E il passato?
Chi ci vede? Chi muove i fili? Quale bambino organizza la danza? Valeva la pena creare questo Universo come un banchetto per la morte? Per caso l’unica maniera di vivere è forse lasciarsi dietro il mondo come un infinitasuccessione di incubi che sognano se stessi? Senza il pubblico perché lo spettacolo? Quale orecchio ha permesso la schiusa del verbo?
Tempo perso navigare contro il sangue, il fiume scarlatto. Sbocca nella fonte che è la sua origine. La vita è un sogno senza sognatore. Sono i passi degli altri che segnano la nostra strada. Dietro i loro talloni ci stendiamo come ombre. Dalla nostra bocca escono fili di parole che si legano alle stelle. In questo mondo tutto è necessario tranne noi.
Se il cervello trova la sua perfezione nel vuoto il cuore non arriva al cuore se non è completamente pieno. Sfortunatamente ci muoviamo tra segni incompletisgozzando le parole per svuotarle dei loro intestini trasformandole in porte senza sangue che galleggiano nel niente.
La memoria sono le briciole che lascia la pazzia. Non abbiamo ricevuto ancora dalla lucertola il sigillo che ci autorizza ad essere noi stessi. Mai potremo unire il cielo alla terra qui i defunti inumati non si trasformeranno in dei.
In nessun modo l’immagine dello specchio è il nostro doppio. Una madre vergine può forse partorire gemelli opposti? Dal miserabile corpo umano non può scappare un diavolo. L’odio e l’amore sono inesistenti come i draghi. Quando smettiamo di scegliere la nostra anima può trasformarsi in albero.
La carezza è una realtà sacra. In una casa davvero abitata, il padrone vive contemporaneamente in ogni stanza. Affondiamo il viso nel mondo come se fosse la nostra maschera. O stiamo in cima o lontano a veder passare la sfilata di noi stessi. I giorni e le notti hanno la forma dei nostri passi Ridotti ad essere un occhio ci definiamo tramite i suoi scintillii.
Se non c’è osservatore non c’è nemmeno differenza tra una formica e una stella. L’atteso Messia non è che il testimone. Colui che senza comunicare, constata è lo scriba che nomina e che separa.
Non è il sale che si dissolve bensì l’imperturbabile diamante. A cosa serve all’uomo invisibile la sua collezione di specchi? Solo quando non sono le cose possono essere. Il padrone senza cane svanisce.
Alejandro Jodorowsky
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