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L’angelo si sorprese del grande oceano

 
Il primo mattino è una misura che non ha tempo sulle nuvole
dove ogni volo incalza
e l’est lima alla bussola la ruggine delle direzioni
verso nuove rotazioni che s’iniziano.
 
Sono per tutta quell’ansia terrestre
che ingiunge a un guanto d’aria
l’arrampicata diagonale in fede all’ascensione
o lo stallo.
 
Qui per ogni dislivello un tumulto d’ali
scrolla nove cilindri Wright-Whirlwind
così mi scio in fumi opachi
al magico coraggio / delle bronzine in guerra agli oli.
 
Qui nessuna ruga ondosa
per i pistoni che fuggiranno in avanti al rostro l’aquila
e non ho battiti
su questa rotta d’acqua
e controventature sazie di sostegno.
 
Plano di randa dalle lunghe laterali vele
come un inverso Colombo senza gusci
traccio solchi di rumore che sarà del poi / il cruccio dei trasvoli
piango col ghiaccio che m’intrama ai nembi
ma sfuggo al nord verso la croce
e lascio coste di coraggio
con ruote fisse alla terra di partenza
ruote confrontate al sole
dove non tracciano linee i capitani
per questa rotta retta al curvilineo sfoggio
dell’orizzonte che precede
la dimenticanza dell’erba
su cui mi poggio.
 
E sono qui, ah, le Cinèma!  /  il suolo è più tenero di ogni aria concava.

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