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Il killer delle suicide

Non era stato tanto tutto quel sangue a sconvolgerlo, quanto l'espressione che si era congelata sulla faccia della giovane donna con le vene tagliate che giaceva nella vasca. Antonio Colizzi, alla sua prima esperienza nella squadra investigativa, non c'era preparato. Pensava che un suicida avrebbe avuto un viso, come dire, soddisfatto. Invece... le labbra tirate sui denti, la fronte corrugata, gli occhi sbarrati. Solo a pensarci gli venivano i conati di vomito.
«Colizzi, che ci fa qui fuori? Comincia bene, eh? Ma vedrà che si abitua, si abitua... Cos'abbiamo qui?» Il medico legale l'aveva guardato un po' con scherno, un po' con compassione, e Antonio si era fatto forza, riaccompagnandolo dentro. «Una suicida, signore...» «Ah, ha già steso il referto. E allora perché mi avete chiamato?», aveva sogghignato il dottor Lanzi, entrando nel bagno. Mentre lui cercava una risposta, il medico si era chinato sulla poveretta, bofonchiando «...un'epidemia di suicidi, da un po' di tempo. È la quinta in due mesi. Tutte giovani e belle. Mah, chi ci capisce più niente in questo mondo...»
«La quinta? ma statisticamente...» «Lasci stare la statistica, Colizzi! ce l'ha presente la storia dei due polli, no?» «Sì, dottore, ma...» «Ma niente. Succede, ci sono dei picchi per motivi imperscrutabili. Va beh, non c'è niente da vedere qui... Portiamola all'obitorio.» Niente da vedere... Quella povera da donna, da essere umano, si era trasformata in niente da vedere. Però... qualcosa avrebbe dovuto esserci, da vedere. «Dottore, ma dov'è la lama? Il rasoio o quel che è?» «Come dov'è? Baldrighi, ma non l'avete trovata?» disse Lanzi rivolgendosi al suo collega anziano, che se ne stava alla finestra a fumare un sigaro con aria annoiata. «Sarà sotto il corpo, non l'abbiamo spostato in attesa della scientifica. Lo sa come sono quelli!», replicò Baldrighi. «Colizzi, non farti illusioni. Il tuo primo caso non sarà il giallo dell'estate», sogghignò ancora l'anziano investigatore col tono di chi ne ha viste di tutti i colori.
E però, con tutta la sua esperienza, Baldrighi si sbagliava. Infatti la lama non fu trovata, il che trasformava un normale suicidio in presunto omicidio. E con il fatto che c'erano state altre quattro donne "suicidate" in modo analogo, seppure in quei casi lo strumento usato era sempre stato trovato, non ci volle molto perché quello diventasse il caso non solo dell'estate, ma dell'anno.
Ovvio dire che alla prima comparsa delle telecamere, Baldrighi e Colizzi erano stati messi in secondo piano, sostituiti dal giudice delle indagini preliminari e dal commissario capo... quanto meno nei rapporti con la stampa e nelle partecipazioni ai talk show. Per il resto, erano ancora loro a bussare a tutte le porte di amici e parenti, a cercare indizi, a scarpinare da una parte all'altra della città. Ma niente. Le cinque donne avevano tutte una vita normalissima, nessun nemico ed apparentemente nessun legame fra loro. A parte il fatto di essere giovani sui vent'anni, nessun'altra caratteristica le accomunava.
Piano piano altre emergenze soppiantarono quella di trovare il killer delle suicide, come era stato chiamato, anche perché dopo l'ultimo caso, quello che aveva coinvolto Colizzi, non ce n'erano stati altri. Antonio nel frattempo, s'era abituato, come aveva previsto Baldrighi, ma quel suo primo incontro con una morte violenta non l'aveva mai più dimenticato. Ogni tanto, si ritrovava a rileggere il fascicolo, che praticamente conosceva a memoria, alla ricerca di qualcosa che fosse sfuggito. Ormai sapeva tutto di quelle donne, ed in particolare di Ada Manghi, l'ultima. Scrutava la foto del suo volto contratto come a volerla interrogare, sfidandola a dirgli qualcosa, a rivelare chi fosse il suo assassino.
Così, quando lei entrò nel commissariato, e gli chiese del commissario capo, lui rimase a bocca aperta, senza parole. «No, non sono Ada. Sono Paola, sua sorella gemella», mise le mani avanti la donna, notando lo sguardo scioccato di Antonio. «Sorella gemella? Ma Ada non aveva nessuna sorella!» Antonio ne era certo, sul fascicolo risultava figlia unica. «Non risulta perché io sono stata data in adozione appena nata. Mia madre evidentemente pensava che non ce la poteva fare con due neonate, così ne diede via una: me.» Il tono lasciava tradire solo un po' di amarezza. «Ma perché si è fatta vedere solo adesso? È passato più di un anno...» «Perché solo adesso i miei genitori adottivi si sono decisi a dirmi la verità. È da quando ho visto per la prima volta la foto di Ada su un giornale che chiedo spiegazioni. Ci hanno messo tre mesi a rivelarmelo!» «E adesso cerca il commissario capo per...?» «Per sapere a che punto sono le indagini, ovvio.»
Antonio sospirò, prese Paola per un gomito conducendola verso la sua scrivania e dopo che si fu seduta le spiegò la situazione. «Non siamo a nessun punto. Nemmeno un indizio che possa far pensare che qualcuno l'abbia uccisa, a parte la mancanza dello strumento con cui si sarebbe tagliata le vene e la coincidenza con gli altri quattro suicidi. «Ma Ada non si sarebbe mai suicidata», asserì Paola con forza. «Come fa a dirlo? Neanche la conosceva...» «Io lo so, sono la sua gemella.» Antonio non potè evitare di sorridere. «Adesso mi dirà che ha pure sentito quando è morta!» «Liberissimo di non crederci, ma è proprio così. Vede, io ho sempre saputo di essere la metà di qualcosa... E quando lei, quando Ada... insomma, quel giorno... io ho sentito un dolore mai provato e poi un senso di vuoto pazzesco. Ma lei non può capire...»
In effetti Antonio non capiva, ma per qualche motivo era disposto ad accettare quanto la donna gli stava dicendo. Lui pure era convinto da sempre che Ada non si fosse suicidata. Non era emerso nessun motivo per cui avrebbe dovuto farlo. La cieca logica di un serial killer psicotico sembrava l'unica spiegazione plausibile per quella morte assurda. Ma il fatto che le credesse, non serviva a niente. Piegò le spalle e ridusse la voce ad un sussurro, mentre diceva: «le credo, ma...» La sua postura doveva essere stata molto eloquente. «...ma non può fare niente più di quanto non abbia già fatto», concluse per lui Paola con voce tagliente. «Va bene, le lascio il mio indirizzo e il mio numero di telefono... fosse mai che ci sia qualche novità». Poi si alzò e se ne andò.
«La comparsa della sorella non aggiunge e non toglie niente alla situazione. Non potevi dirle altro», lo consolò Baldrighi dopo che Antonio gli ebbe spiegato la novità. «E poi, Colizzi, basta co' 'sta storia. Abbiamo altri quattro omicidi e due rapine a mano armata da risolvere, per non parlare di tutti i casi minori. Si sarà suicidata usando un pezzo di ghiaccio affilato, come in un film giallo...» tentò di scherzare il collega. Ma Antonio non lo stava più a sentire. «Senti, scusa Baldrighi, ma...», balbettò mentre si allontanava correndo.
Gli era venuto in mente che, così come per Ada era venuta fuori all'improvviso una sorella, per di più gemella, magari anche le altre... Un fattore comune sarebbe stato un inizio. Il controllo non fu troppo complicato, la cosa più difficile fu sentire la speranza che si riaccendeva nelle famiglie interpellate. «Ma allora ci sono novità?», chiedevano tutti. E lui era costretto a rispondere che no, era solo un ulteriore, ennesimo tentativo. Nei fascicoli si parlava genericamente di fratelli o sorelle. Ma fatto si è che tutte le donne morte avevano una gemella identica. Altro che picco statistico! La probabilità che si fosse davanti ad una casualità era praticamente nulla.
«Ma come non ve ne eravate accorti?», urlò il commissario capo, senza far caso al fatto che lui stesso non se ne era accorto, pur avendo discettato dei suicidi forse omicidi in circa cento talk show «Come può sfuggire una cosa così. Baldrighi, Colizzi, siete due teste di.... Mi avete capito, va'». «Sì, signore.... ci scusi. Adesso, riprendiamo tutto in mano e...» «Avete una settimana. Una settimana per portarmi risultati concreti. Se no vi sollevo dal caso e farò di tutto per farvi trasferire in qualche paesino sperduto! Ci siamo capiti?»
Baldrighi avrebbe strozzato volentieri il suo giovane collega. Che se ne facevano di quella bizzarra informazione? Una settimana... «Senti Baldrighi... Io un'idea ce l'ho. Bisogna trovare chi sapeva che Ada Manghi avesse una gemella. Loro sono state separate alla nascita, non era un'informazione risaputa, la stessa Ada forse è morta senza saperlo...»
Secondo la madre di Ada, però, a saperlo erano solo i medici dell'ospedale dove aveva partorito, i funzionari che si erano occupati dell'adozione e i genitori adottivi di Paola. Il padre l'aveva lasciata prima che si sapesse che aspettava due gemelle e lei non si era confidata con nessun altro. «Nessuno? Ne è sicura?», insistette Antonio. «Vuole che non sia sicura di una cosa come questa? No. Ho fatto tutto da sola. Ero sola e disperata... Come adesso». La donna soffocò un singhiozzo e poi chiese: «Ma Paola? Lei l'ha vista, vero? Com'è? Le ha detto qualcosa di... di me, del fatto che l'ho abbandonata?» «Ma no, signora, niente. Ci siamo parlati solo dieci minuti, capirà...», replicò Colizzi un po' a disagio.
Già, Paola. Forse avrebbe dovuto avvertirla di questa svolta nell'indagine. «Tanto la dobbiamo interrogare, visto che sa», gli fece presente Baldrighi. «Vero», replicò Antonio. «Peccato non sia venuta prima...». «Senti Colizzi, ma come te l'ha spiegato di essere venuta solo adesso?» «Beh, mi ha detto che i genitori ci hanno messo tre mesi ad confessarglielo...» «E i nove mesi precedenti? Perché non ha saputo niente?» «Non so, non mi ha detto nulla... immagino fosse fuori Italia» «E i genitori? Perché non si sono mai fatti sentire?» «Baldrighi, non lo so! Ma hai ragione, andiamo a chiederglielo.»
La famiglia Rizzi abitava in un grazioso villino in periferia. La signora Carla, madre adottiva di Paola, era una donna di una cinquantina di anni, ma il volto segnato e le occhiaie profonde la facevano sembrare più vecchia. «Buongiorno signora, sono l'ispettore Colizzi e questo è il mio collega Baldrighi. Dovremmo farle qualche domanda...» Antonio si era rivolto alla signora con molta gentilezza, ma la donna sbarrò gli occhi, apparentemente terrorizzata. «E' successo qualcosa a Paola...». «Ma no signora, perché dice così? Siamo qui per Ada, Ada Manghi. Lei sa di chi parlo, vero?», si affrettò a rassicurarla Colizzi. «E perché dovrebbe essere successo qualcosa a Paola, signora?», la incalzò invece Baldrighi con un'occhiataccia al collega.
«Non sta bene Paola... Non è mai stata bene, a dire il vero. Però era riuscita a studiare, a laurearsi, a lavorare anche... ma da un anno a questa parte ha avuto un vero crollo... Sarà una coincidenza, ma è successo dal giorno stesso della morte della sorella. Sì, so chi è Ada Manghi, ispettore. Lo so bene...» «Non sta bene? A me è sembrata in perfetta salute, signora». «Ispettore, non sta bene di testa. Fisicamente non ha nessun problema, ma.... Pensi che il giorno della morte di Ada, ha tentato il suicidio! Per questo non siamo venuti da voi. Con Paola così... È stata nove mesi in una casa di cura, non sa cosa abbiamo passato.» «Signora, ci faccia capire. Sta dicendo che Paola, il giorno stesso della morte di Ada ha cercato di suicidarsi? E come?» «Tagliandosi le vene.... » Baldrighi e Colizzi si guardarono. «Signora Rizzi, dov'è Paola?», chiese Antonio.
«Sono qui.» La giovane donna era entrata dalla portafinestra che dava sul giardino, cogliendoli di sorpresa. In mano aveva un rasoio a mano libera. «Paola, ti prego...», sussurrò la madre. Baldrighi fece per alzarsi. «Fermo!» gli intimò Paola. «Stia fermo o mi ammazzo.»
«Paola, stia calma, non si preoccupi, non vogliamo farle niente...» disse Antonio, cercando di rassicurarla. «Io sono calmissima. E voi non potete farmi niente. Se vi avvicinate mi taglio la giugulare. E anche se non vi avvicinate. Ci vuole un secondo. Per me è finita in ogni caso. E tu, non far finta di piangere, non sei nemmeno mia madre, che t'importa di me?» «Paola, ti prego... Perché, perché?»
«Io le vedevo. Sin da bambina le vedevo. Identiche, sempre vestite uguali, felici. Complete... loro. Io no, non ero completa. Sapevo che mi mancava una metà. Io lo sapevo. E loro due, i miei cari genitori, a prendermi in giro. A dirmi che se lo avessero saputo mi avrebbero fatto una gemella... Ma io ce l'avevo una gemella. Loro me l'hanno tolta! Loro e quell'altra sgualdrina di nostra madre.»
«Ma perché uccidere quelle povere ragazze? E come poi?», chiese Antonio. «Volevo che l'altra, quella che restava, si sentisse come mi sentivo io. Dimezzata. Non era giusto che fossi solo io a soffrire. Non era giusto! Come? Sono una psicoterapeuta, specializzata in ipnoterapia, non ve l'ha detto quella? Le ho suggestionate, o ipnotizzate, se preferisce. L'hanno fatto da sole. Io non le ho toccate. Le ho solo convinte che la vita non aveva senso...» «E Ada? Perché Ada? Come ha potuto? Proprio quando aveva trovato la sua metà.»
Per la prima volta Paola sembrò cedere. «No, non sono stata io!», gridò. «Io.... io lavoravo in un centro di ascolto. Lei ha chiamato. Ho sentito la sua voce: era uguale alla mia.... e mi diceva che era disperata, che sentiva di essere solo una metà di qualcosa di più completo... io le ho detto che sarei andata da lei, di aspettarmi, di non fare sciocchezze. E invece, quando sono arrivata, lei si era già tagliata le vene, era già quasi morta. Devo essere stata l'ultima cosa che ha visto. Il mio viso, uguale al suo... Ho preso il rasoio. Volevo ammazzarmi anch'io. Ma non ce l'ho fatta....», disse piegandosi in due, sopraffatta dal dolore. Baldrighi con un balzo cercò di immobilizzarla, ma Paola fu più veloce e con un unico, repentino gesto si recise la giugulare. Il sangue schizzò fuori e non ci fu modo di fermarlo. Quando tutto fu finito, ad Antonio non restò che registrare come la faccia di Paola apparisse finalmente felice.
 
^^^^^^^^^^
Ai miei gemelli di web, Max e Giulia,
e a tutti quelli che qui scrivono racconti
e mi hanno stimolata a farlo
(Fulvio, eddai, sono solo 2307 parole.... :D)

ps: è il mio primo esperimento con un "giallo", siate clementi :)
 

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