Sono qui in questa stanza di ospedale.
Seduto, sopra una scomoda sedia di legno e anche se è stata una lunga giornata di lavoro. Dovevo venire. Mi torturo le mani guardando quel letto e le sue immobili pieghe. Patrizio non c’è l’ha fatta, il suo è un coma irreversibile. Respira flebile, circondato da queste luminose macchine infernali con schermi lcd, led lampeggianti con variegati bip sonori che sostengono in vita un corpo incosciente. Difficile capire se questa cosa ha un senso oppure no, fortunatamente la cosa non è un mio problema, Patrizio è solo un amico.
Però non sono mica sicuro che questa cosa non sia davvero un mio problema.
Quando penso che non è un mio problema, ecco, in quel preciso istante diventa un mio problema...
Patrizio era quel tipo di amicizie adolescenziali che, ad un certo punto nella gioventù, si troncano e dopo un lungo periodo di tempo si ritrovano.
Quando poi, magari, ti vedi una sera al bar e inizi raccontando le vostre storie come se fossero lontani amarcord. Poi ad un certo punto ti accorgi, malinconicamente, della sequenza infinita di sliding doors che ci sono stati fra te e lui. L’incontro poi è un classico, un bar, al supermercato tu non lo riconosci lui non ti riconosce, poi ci si riincrocia un altra volta “ma tu sei Marelli... “” Bianchi!... da quanto tempo..”.
Questo tipo di amicizie, si imprimono nella memoria e rimangono li come pensieri lontani condizionandoti, senza che tu te ne accorga per tutta la vita. Patrizio e le scorribande che avevamo fatto da adolescenti erano il mio imprinting ed ora ,dopo quasi quarant’anni ,il suo incontro fu un vero tuffo nella memoria.
Ma quell’incontro non fu solo un ritorno al passato, perchè in seguito la vita mi cambiò definitivamente; ancora io non lo sapevo e lui non se ne sarebbe mai accorto.
Gli ospedali sono fatti di attese silenziose, di attimi che non finiscono. In quel momento poi avevo bisogno di vedere cose che fossero diverse da quel letto. Volevo semplicemente distrarmi da quel dolore.
Quella vicinanza con la morte aveva tutto un significato particolare per me. Non è come leggere o scrivere della morte e sulla morte e trovo odiosa la speculazione su questo tipo di sentimento che fa leva solo sulla curiosità morbosa delle cose occulte. Le serie televisive, di qualsiasi tipo, hanno come argomento principale, la morte e pullulano di serial killer impersonificandoli nelle più fantasiose figure, la mamma, la figlia, il fratello, il nonno, il cugino ,il tabaccaio.... Così mi sono posto dei limiti. L’argomento, a prescindere, non deve occuparmi per più di un certo tempo. Appena scade mi ritiro in soffitta e leggo Topolino con le storie di Paperino, Archimede, Gastone, Pluigi Psalomone Pcalibano Psallustio Psemiramide Pluff meglio conosciuto con Eta Beta e le sue tasche infinite, Clarabella, Paperoga e via cantando....
Esco un attimo da quella stanza. Sulla sinistra la porta del bagno e poi un andito con delle sedie di legno per i visitatori e i parenti.
Sulle pareti c’erano dei poster di imberbi artisti che inneggiavano alla vita e di lato piccole lettere di ringraziamento all’ospedale.
Un anonimo malato con la flebo al gunzaglio passeggiava mentre due infermiere, incamiciate, con passo veloce e lo sguardo asettico, non si soffermavano più. Ampie finestre con fitte veneziane creavano strane figure a strisce nel pavimento lucido e con le indicazioni ai reparti in rilevo. Jessica entrò in quel momento e mi alzai d’istinto. Mentre la guardavo, lei mi vide e subito mi sorrise inclinando la testa. Si, non avevo una bella faccia, evidentemente non riuscivo a nascondere lo stato contrito che quella situazione mi stava procurando e le donne bontà loro in questi casi capiscono tutto.
“Quando sei arrivato ?”
“Da non molto...”
Jessica si avvicinò al letto
“Quando è entrato in coma ?” chiesi cercando di mantenere un minimo di conversazione
“Ieri... Ieri sera” rispose alzando e abbassando lo sguardo.
Aulla 25 ottobre 2011 ore 17:35
Patrizio terminò di lavorare dopo una giornata piuttosto tranquilla. Lavorava in una officina per motocicli. Il capo era un rivenditore multimarca molto conosciuto.
Salutò Flavio, e Marcello che erano i due giovani meccanici appena assunti. C’erano un paio di revisioni da ultimare.
Patrizio era una specie di Doctor House dell’officina. Qualsiasi malattia incurabile delle moto passava sotto di lui. Ma lui al contrario dell’ecclettico protagonista televisivo era molto meno eccentrico.
Aveva un Harley Davison originale in officina e spesso si chiedeva e mi raccontava come faceva una moto del genere ad essere ancora venduta.
Il motore era si solido ma la tecnologia del bicilindrico con la doppia biella sull’albero motore portava numerose problematiche.
Niente a che vedere rispetto alle Honda che erano un concentrato di efficienza e razionalità. Ma queste moto, al contrario della Harley, non avevano cuore è questo bastava a fare la differenza.
Le Bmw si distinguevano per la notoria solidità tedesca e anche con loro si sarebbe confermata la frase di Patrizio: dammi un motore e ti dirò chi lo ha costruito.
L’avvento dell’elettronica ha un po’ sconvolto il mondo della meccanica rendendo possibili prestazioni un tempo impensabili.
Ma i miglioramenti meccanici pur in sordina ci sono stati e sono tutt’altro che marginali. Le camere a scoppio, il sistema di iniezione, gli alberi a camme cavi e ultraleggeri. La base in lega leggera o in alluminio ha una resistenza termica inferiore e così migliorava la dissipazione del calore e il rendimento del ciclo di combustione.
Patrizio conosceva tutto nei minimi dettagli: l’alesaggio e la corsa dei pistoni, il rapporto di compressione, il numero di giri e la curva di coppia massima per ogni rapporto del cambio e di tutti i tipi di moto del globo terraqueo.
L’officina di lato aveva un grande bancone, Patrizio si era riservato una piccola porzione per appoggiare i ferri del mestiere, nessuno in officina si azzardava ad usarli senza il suo permesso.
Una chiave del dieci, un pappagallo, delle fascette per il cablaggio elettrico, connettori Molex e crimp vari accuratamente disposti in piccole scatole... Ogni tanto si alzava per controllare se era tutto a posto, quel giorno qualcuno aveva appoggiato una bolla di trasporto per l'ordine di un paio di sonde lambda. Patrizio guardava appoggiato sulla morsa, che la sigla fosse quella corretta. Poi un seghetto per il ferro e un paio di barrette filettate con una manciata di dadi da 3.
Aulla Ottobre 2011 ore 17:45
Patrizio scendeva giù dalla statale che aggirava il paese, raggiunse la stazione per scendere verso il paese e arrivare all’imbocco della autostrada. Prima però doveva attraversare un sottopasaggio del treno. La viabilità era stata modificata da qualche anno, a seguito della consistente ristrutturazione edilizia che il paese aveva avuto.
Pioveva ma non troppo e il traffico era tipico di quell’ora. Raggiunto il sottopassaggio la strada faceva un lieve avvallamento che le pioggie di quella giornata avevano riempito. Patrizio se ne accorse e da buon pilota rallentò prudentemente.
Attraversare troppo velocemente una area allagata anche solo da qualche centimetro d’acqua poteva essere pericoloso. Conosceva bene i fenomeni di acquaplanning e sapeva anche che durante l’attraversamento le onde provocate dalla ruote erano due. Una era esterna e l’altra era interna verso il motore. Erano le stesse onde che facevamo in bicicletta quando da adolescenti attraversavamo i cantieri dei palazzi che costruivano dalle nostre parti.
Superato il sottopassaggio arrivò all’incrocio dove la statale principale si immetteva e di lato, ma c’era qualcosa di anomalo in quel momento. Tutta la piazza centrale era completamente allagata da un due tre centimetri c’acqua e c’erano delle macchine ferme, diverse macchine. Così per curiosità Patrizio accostò da una parte scese e sentì subito quel tipico rumore che fanno le scarpe quando calpestano una pozza.
C’era una donna sotto la tettoia del distibutore che telefonava un po’ concitata. Proseguire non era possibile le macchine arrivate prima si erano fermate sul ciglio della strada. Così Patrizio tornò indietro riprese la macchina ed entrò nel distributore aspettando che smettese di piovere.
Nel distributore c’erano tre macchine e due camion con targa straniera uno rosso della iveco e uno bianco della scania.
Faceva anche un po’ freddo così decise di non spegnere il motore, tanto sarebbe stata questione di minuti.
La pioggia rallentò un pochino e divenne pioggerella, nel cielo qualche nuovola più chiara. Forse si rasserena. Patrizio in quella attesa forse si addormentò un attimo.
Il pensieri volano il lavoro, il figlio Matteo e l’univeristà, la moglie Jessica piccola impiegata da un commercialista sciacallo. Poi brevi ricordi del passato, la multinazionale edile dove era diventato capo cantiere, il negozio di riparazione delle macchine fotografiche... subito abbandonato perchè Patrizio non aveva ancora capito che nella vita non bisogna confondere gli hobby con il lavoro. La prima officina di moto, e il primo contratto con la Honda. Poi il fallimento e il litigio con il socio. La casa, il campo con un po’ di orto insomma una vita intensa con tanti problemi ma anche tante soddisfazioni. Alla fine di Patrizio si poteva dire che era un invidiabile cinquantenne.
E un po’ lo invidiavo, io alla fine con la mia università ero solo riuscito a vincere un paio di concorsi scolastici poi l’impiego nell’ufficio comunale.
Tutto questo sogno continuò fino a quando senti un po’ freddo.
“Accidenti si è spento il motore”.
Patrizio guardò fuori dal finestrino ma le persone non erano più nel distributore prese il cellulare e
chiamò.
“Jessica.... Si niente di particolare sono ad Aulla mi si è spenta la macchina... senti un attimo Matteo... perchè se non riesco a metterla a posto temo che dovrà venire...no.. no.. tesoro tutto bene....”
Patrizio sentì un leggero fastidio alla caviglia e di istinto allungò la mano.Il freddo arrivò quasi subito assieme a una leggera imprecazione perchè dentro l’abitacolo c’erano più di 10 centimetri d’acqua e adesso rimanere dentro poteva essere un problema e lo sarebbe stato. Così d’istinto usci fuori dall’auto..
“Jessica”
“Si pronto ecco digli a Matteo di stare a casa, quì le cose sono un pochino complicate c’è acqua dappertutto... Non ti preoccupare io sto bene ti richiamo io...”
Patrizio si fermò, un attimo, si accorse che l’acqua stava salendo a vista d’occhio ma beffardamente aveva smesso di piovere.
Il problema vero era che non poteva tornare indietro verso il sottopassaggio, perchè era diventato un turbinoso torrente in piena, mentre dall’altra parte c’era il fiume... quello vero e che adesso incomincava ad urlare...
Patrizio si allontanò lentamente, perchè la corrente terribile rendeva difficile ogni passo, tentando di raggiungere un punto che potesse sostenerlo. C’era un lampione qualche metro più in la.
Un passo e poi un altro chinandosi un poco per cercare di abbassare il baricentro del corpo e evitare di cadere in quella melma turbolenta.
Mancava un paio di metri per arrivare al palo della luce quando si girò di istinto, qualcosa stava accadendo ma non capiva cosa.
La macchina !
La macchina si stava spostando da sola, stava galleggiando e si vedeva bene
La corrente stava aumentando e la stava portando via... assieme a tutte le altre. Per un momento pensò di tornare, poi ancora un barlume di coscienza lo fece fortunatamente desistere.
Patrizio guardava, prima a destra sulla strada e poi di nuovo a sinistra verso il distributore. Non c’era da stupirsi se il camion parcheggiato all’entrata prendesse il via inziando a galleggiare.
Il problema era che si dirigeva lentamente e inesorabilemnte verso di lui.
Un motorino o forse anche una macchina puoi riuscire a scansarli con una mano, ma non un tir con tanto di cassone rimorchio che ha ambizioni da natante.
Doveva togliersi di li e doveva farlo presto. Ma non era facile.
La corrente lo investiva ad ondate e staccarsi dal palo nel momento sbagliato sarebbe stato fatale.
In un attimo poteva essere preso anche lui e portato via dalla corrente.
Adesso c’era da capire, quando staccarsi e dove dirigersi perchè il camion ora era a meno di dieci di metri e niente poteva fermarlo.
Un attimo un colpo di reni e Patrizio si tuffò in quella melma diretto verso un altro palo dall’altra parte della strada.
La corrente era debole, e nuotare in quelle condizioni era un impresa non indifferente, il peso dei vestiti gli bloccavano i movimenti una bracciata e poi un altra. Ogni centimetro era una conquista mentr dietro il camion che sopraggiungeva era diventato molto più che una minaccia.
Non sapeva quanto la corrente sarebbe rimasta così debole. Un altra ondata, in quelle condizioni e sarebbe finito in mezzo al fiume Magra in piena.
Raggiunse il marciapiede tentò di appoggirasi salendo sopra un muretto di separazione dalla strada. Scivolò colpendo il ginocchio e subito sentì il dolore bruciante della ferita ma con un ultimo sforzo allungando la mano raggiunse il nuovo palo della luce.
Subito sentii dietro di lui uno sfrigolio e un rumore sordo. Il camion aveva centrato il palo e piegandolo lo aveva buttato in acqua.
Si era fatto male ma era salvo.
Salì sopra la siepe che era li sotto il palo e la pressione dell’acqua diminuì. Adesso però incominciava ad essere allo stremo delle forze, la corrente d’acqua non terminava mai.
Ancora delle urla e poi un vigile del fuoco si avvicinò lanciandogli una corda con un grosso nodo al capo.
Lui se la cinse intorno alla vita due volte e poi lentamente lo tirarono fuori. Sfinito ma vivo.
Le alluvioni in particolar modo quelle che coinvologono i centri cittadini devastano tutto ed i reflui delle acque fanno saltare subito l’intero sistema fognario rendendo l’acqua infetta.
Per questo sarebbero necessarie campagne di antitetanica preventive le cose si sanno ma non sempre si applicano....
Salvate la speranza in un mondo migliore, e non soffocatela mai con le vostre ansietà...
Nel vassoio ho messo due sfoglie al pan di spagna, due cannoli, due bigne alla crema, due babà e due sfogliatelle perche sapevo che a Patrizio piacevano tanto.
“Ciao Jessica...”
“Ciao Luca... vieni”
Gli consegno il vassoio infiocchettato e gli chiedo sottovoce
“E' di là ?”
Lei mi da un solo cenno e io lentamente proseguo verso la camera da letto.
Patrizio è immobile sul letto, la pelle liscia sembrava di cera. La stanza debolmente illuminata ha la serranda abbassata ma ci sono piccole strisce di luce del sole che tramonta e che attraversano la parete. Mi siedo sulla sedia messa li per le visite.
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