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Il do di verso

 
 
Credo ai ritmi, alle abluzioni nel suono,
quando è tenuto sacro il rumore.
Alle note vergate in calce,
a voce;  per le scritture a retro
delle cantilene, le decime
ai fogli: non credo alle spoglie
transitorie, il crollo in parola.
 
Sulle mani, e perle mani, tutto il sale
dell’oceano flesso, adeguato alla lingua molata
su cui sbarca, per dono, un regalo d’improperi
al labbro profano, al manutentore
del lazzo.
 
Chi disse do amore, era supponente.
Là, tramonta.
 
II
 
Credere e avvertire la differenza
delle idee. Le parole volano pesanti.
Il vento non guarda ai significati, porta ciò che sente;
a noi il turno lo scotto il passaggio,
a noi il fumo nero da farci star male.

Mi piace come il mare entri nel caso
traduca in salsa ogni gusto nuovo.
 
III
 
Perchè l'aria diffonda la corposità dei toni
è necessaria la successione dei gradi.
L'arrampicata è disagevole e costa
almeno una lettura verticale
delle forze. Poi, tornando alla parola,
che almeno una mano
imprima il segno, lo stupore.
 
IIII
 

e gonfio il petto
m'allargo in concessione
e libro
ma basso
tanto
che non lo distinguo dal salto

d'altro verso
con acume
potrei
sedermi su un sasso
e
spiegare le ali.

 

V

 

Così le ali, non agitate al volo,

esprimerebbero il volume,

il tomo dell'aria

la vera scrittura a vapore.

 

Infine, il beneplacido del sasso

rivolta il riposo, slancia

il sentiero, non commette

orme.

 


 
 

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