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Il conclave laico

 
 
Prologo
 
Poche settimane prima di morire, mio padre mi chiese di raggiungerlo nel suo studio, perché doveva parlarmi. Stante la situazione – eravamo consapevoli entrambi che non aveva molto da vivere – ci andai con trepidazione.
Lui era seduto sulla poltroncina di fronte alla sua amata scrivania di jacarandà, ereditata da suo nonno, io mi accomodai sulla sedia che fronteggiava la postazione del computer.
Stanco e dimagrito, cercava di stare seduto dritto, mentre, guardandomi fisso, mi diceva:
“Francesco, devo raccontarti una storia che troverai incredibile. So che mi crederai, perché sai che in genere non racconto favole e perché sai che ora non ho tempo da sprecare.”
“Certo, papà,” gli risposi, un poco sorpreso, agitandomi sulla sedia.”Dimmi tutto.”
Lui tacque per un po’, quasi a riordinare le idee, poi cominciò:
“Forse ti ricordi il conclave, quindici anni fa, che nominò l’attuale Papa?”
“Si, ricordo,” dissi,”mi pare che fu piuttosto lungo.”
“Due settimane.”Precisò con sicurezza.”Due settimane che non ho mai potuto dimenticare né raccontare.”
“Anzi,” riprese dopo un attimo “prima che me ne dimentichi, ciò che sto per dirti è assolutamente, assolutamente, hai capito, segreto. E’ stupefacente che in quindici anni nulla sia trapelato ed io te ne voglio parlare ora perché tu non sia colto di sorpresa se invece, in futuro, qualcosa venisse fuori. In tal caso sarai tu a decidere come comportarti. Anche a Ada non ho raccontato  nulla, anche se lei sa che allora qualcosa d’importante mi accadde.”
Ada è la mia matrigna,  seconda moglie di mio padre, anche lei vedova come lui, quando si sposarono.
“ Stai tranquillo, papà, terrò ciò che dirai solo per me.”, lo rassicurai.
“Bene, allora ecco la storia.”, disse, e cominciò a raccontare.
 
Il racconto
 
Quel giorno ero sceso in giardino per vedere se era arrivata posta. Mentre ero piegato sopra il muretto per raggiungere la cassetta delle lettere, vidi arrivare lentamente, come se cercasse un numero civico, una nera limousine, una Mercedes, se ricordo bene.
Proprio mentre richiudevo la cassetta della posta, l’auto si fermò davanti a casa: c’erano l’autista davanti e due persone dietro. Lo sportello posteriore dalla parte della strada si aprì e ne scese un giovane, che s’affrettò ad aprire lo sportello che stava davanti a me. Incuriosito, mi ero fermato a guardare, un po’ sfacciatamente, ciò che accadeva.
Dalla vettura uscì, faticosamente, anche per l’alta statura, un bel vecchio, elegantemente vestito, capelli bianchi, barba corta, ben curata.
Scusa se mi dilungo in questi ricordi, cercherò d’essere più conciso, ma è la prima volta che ne parlo e voglio riviverla tutta, questa storia, non più solo col pensiero, questo lo faccio spesso, ma anche con le parole.
“Lei, per caso, è il dottor Cipriani?” mi chiese il vecchio signore, guardandomi con attenzione.
“Sì, certo, lei…?”
“Mi perdoni se non mi sono fatto annunciare, sono il dottor De Vlaeminck e ho bisogno di parlare urgentemente con lei.”
“Non mi pare di conoscerLa.”dissi.
“La prego, mi faccia entrare e le spiegherò tutto.”
“Si accomodi, prego.” Dissi, aprendogli il cancelletto di casa.
“Tu, Albert, va intanto a mangiare qualcosa con Aldo,” disse il vecchio signore al giovane. “poi torna qui ad aspettarmi.”
“Sì, emin.., dottore.”
Il vecchio lo fulminò con lo sguardo, poi entrò. A me non era sfuggito quel “emin” ed ero al colmo della sorpresa e della curiosità.
Lo feci accomodare in salotto, scusandomi per il disordine, il piccolo Alessio era da poco andato via con la nonna Ada; gli chiesi se volesse bere qualcosa.
“Volentieri, dottore, dell’acqua naturale, non troppo fredda.”
Portai da bere e mi sedetti sulla mia solita poltrona, alla destra del dottor De Vlaeminck.
Lui mi guardò con evidente curiosità per un paio di secondi, poi disse:
“ Dottor Cipriani, io sono il cardinale De Vlaeminck, decano del collegio dei cardinali, ora riunito in conclave a Roma.”
“Il suo nome, infatti, mi aveva ricordato qualcosa. Ma non dovreste essere rinchiusi nella cappella Sistina sino alla nomina di un nuovo Papa?” chiesi, un po’ in imbarazzo per quella autorevole ed inaspettata presenza in casa mia.
“Proprio così, dottore, e noi il nuovo Papa lo abbiamo eletto.”
“Mi scusi, non lo sapevo. Eppure ho visto due ore fa il telegiornale e non ne hanno parlato.”
“Non lo sa ancora nessuno.” Disse il cardinale, che sembrava imbarazzato anche lui. ”Dobbiamo prima avere l’accettazione da parte dell’eletto e lui non è uno dei partecipanti al conclave.”
E mi guardò fisso di nuovo. Io fui assalito da un inatteso brivido, che il cardinale rafforzò con le successive parole.
“ E’ lei, che è stato eletto, dottor Cipriani.”, disse con dolcezza.
Benché ormai me lo fossi immaginato, rimasi come fulminato da quelle parole. Guardavo il cardinale come per verificare se davvero lui fosse lì o se si trattava di un sogno ad occhi aperti, come a volte ne faccio prima di addormentarmi.
Ma egli era lì, in carne ed ossa, con un sorriso triste sulle labbra sottili.
Dopo qualche secondo, mi alzai e mi rivolsi a lui con improvvisa veemenza:
”Cardinale, fosse anche vero ciò che mi ha appena detto, trattasi di pura follia. E le dò subito quattro motivi per cui tale nomina è sicuramente nulla: primo, non sono credente, non credo nel cristianesimo, non credo nelle religioni in genere. In particolare, penso che la Chiesa cattolica sia una delle istituzioni più sanguinarie ed ipocrite mai create dall’uomo. Ovviamente non sono un prete, infine sono felicemente sposato ed ho un figlio.”
“Dottore, si calmi; capisco il suo sconcerto e forse anche il suo timore. Tuttavia, nessuna di queste ragioni è sufficiente per annullare la sua nomina. Già in passato abbiamo avuto papi che non erano preti, che erano sposati ed avevano anche numerosi figli legittimi e bastardi. Il fatto che lei non sia un buon credente e che anzi disistimi la nostra Chiesa, sarà probabilmente il motivo che la porterà a non accettare la nomina, null’altro.”
“Sicuro, cardinale, non accetterò mai di fare il Papa, anche se qualche volta ho sognato di diventarlo per poter distruggere dalle fondamenta la Chiesa, o, nel migliore dei casi, rivoltarla come un calzino per riportarla alle origini, alla spiritualità delle prime comunità nate poco dopo la morte di Cristo. Sa, come capita che, a volte, si sogni di far saltare per aria il Parlamento convocato a Camere riunite, per poter sostituire completamente ed in un sol colpo una classe politica corrotta e incompetente.”
“Capisco, dottor Cipriani, ma qui non siamo in un sogno ad occhi aperti, ma in una quasi irreale realtà. E’ necessario che lei venga con me a Roma, in conclave, per accettare o rifiutare la nomina, altrimenti il conclave è paralizzato, non sapremmo come procedere.”
“Scusi, cardinale, può avere prima di tutto la cortesia di spiegarmi come mi avete coinvolto in questa pazzia?”
“Ha ragione, dottore, è giusto, anzi necessario, che lei sappia perché il suo nome è stato votato da più di due terzi dei cardinali elettori, che oltretutto nulla sapevano di chi lei fosse e come la pensasse sulla nostra Chiesa.” Tacque, poi aggiunse: ”Le chiedo però di darmi la sua parola che non racconterà ad alcuno quanto sto per dirle, deve rimanere segreto.”
“Cardinale, sa bene che non ho alcun obbligo di segretezza, né intendo per ora assumerlo; se vuole raccontarmi, bene, se no pazienza.” Poi aggiunsi: ”Sa, ora sento anche una forte rabbia per la situazione in cui, per qualche strana ragione, mi avete cacciato. Sono un uomo semplice, vivo serenamente con poche cose e poche persone care ed improvvisamente mi trovo a poter essere uno degli uomini più potenti della terra, basta che risponda sì ad una breve domanda in latino!”
Dopo qualche secondo di silenzio un po’ teso, il cardinale disse:
“Le racconterò ciò che è successo in questi ultimi tre giorni di conclave, poi lei mi dirà se accetta di mantenere il segreto. Conto che lei lo farà. Sono forse una bestia sanguinaria, come ci considera lei, ma penso di conoscere bene gli uomini.”
“Certo, cardinale, per poter manipolare gli uomini bisogna appunto conoscerli bene. Ma ora mi racconti, presto tornerà la sua automobile.”
“Posso avere prima un altro bicchiere d’acqua, per favore?”
Andai in cucina, presi una bottiglia d’acqua minerale, la svuotai in una caraffa di vetro e la posai sul tavolino di fronte al cardinale De Vlaeminck, dopo aver riempito i due bicchieri usati prima.
“Ecco, si serva a suo piacere.”
Il cardinale bevve qualche sorso, poi cominciò il racconto degli ultimi tre giorni del conclave.
“Come lei certamente avrà letto sui giornali, in conclave sono entrati due gruppi di cardinali che vogliono risolvere la crisi della Chiesa, ben nota a tutti noi, in modi diametralmente opposti. In breve, un gruppo, chiamiamolo pure conservatore, ritiene che la Chiesa debba recuperare i fasti e le tradizioni di cento anni fa, compreso l’uso della lingua latina nella liturgia. L’altro gruppo, chiamiamolo progressista, pensa invece che la modernizzazione della Chiesa debba invece essere molto più sostanziale, adattandola ai modi espressivi più attuali, venendo incontro alle richieste di un ruolo paritetico delle donne all’interno della Chiesa, ad una visione della sessualità più flessibile e, probabilmente, punta alla nomina di un papa africano o latino-americano. Noi cardinali elettori siamo 117 e, per l’elezione, ci vuole una maggioranza di voti dei due terzi, cioè almeno 78 voti. I due gruppi, in tutte le votazioni effettuate nella prima settimana, hanno sempre raccolto ognuno circa un terzo dei voti in favore del loro candidato, gli altri voti sono stati dispersi in pochi nomi e, principalmente, in schede bianche. Naturalmente, fra una votazione e l’altra, si è cercato di trovare soluzioni diverse, quasi sempre incentrate su un candidato di transizione, che spostasse in un tempo futuro la soluzione del problema di base. Ma non si è ottenuto nulla e la situazione è rimasta congelata per lunghi giorni.”
Il cardinale tacque, come a riprendere fiato, bevve ancora un sorso d’acqua, fece un lungo sospiro, mi guardò e continuò:
“Qui entra in scena lei, con un vero “coup de teatre”. Un mattino, prima che iniziasse la prima votazione, un cardinale chiese la parola e disse: ”Eminenti fratelli, sono imbarazzato a dirvi ciò che debbo dirvi e immagino che mi ascolterete con pietosa indulgenza. Ma questa notte ho fatto un sogno, anzi, meglio, ho avuto una nitida visione, in cui, avvolta in un fascio d’abbagliante luce, una voce dolce, ma decisa, mi diceva di votare il nome di Alfonso Carlo Cipriani, perché in lui sta la possibilità di rinascita della Chiesa di Cristo, e di comunicare questo consiglio a tutti voi. Io non so chi sia questo Alfonso Carlo Cipriani, ma sono deciso a votarlo, ed invito tutti voi a fare come me”
Aveva ragione, lo guardammo con pietosa indulgenza e nella successiva votazione la situazione ripeté lo stallo precedente, salvo che c’era un voto a nome Cipriani.
Ma il mattino successivo altri cinque cardinali ci dissero di avere avuto la stessa visione raccontata il giorno prima, ed erano anche loro convinti che quel nome andasse votato, anche se non sapevano chi fosse quella persona. Ora, sei cardinali, alcuni di essi ben noti per il loro acume e la loro fede, ci obbligarono ad affrontare il problema seriamente e così si cominciò a discutere. C’era chi affermava che poteva trattarsi di una allucinazione collettiva, ma così in realtà non appariva. Altri dicevano che le vie del Signore sono imprescrutabili e che quelle visioni fossero da attribuirsi allo Spirito Santo, che, come forse lei sa, è colui che c’ispira e ci guida nella scelta del Vicario di Cristo. La discussione non arrivò ad alcuna soluzione, si procedette perciò alla successiva votazione, ed ecco che il suo nome ottiene un terzo dei voti: molti cardinali, sia progressisti che conservatori, avevano votato il suo nome, una situazione davvero unica, imprevista ed anche insidiosa: come si fa a votare qualcuno che non si sa chi sia?!”
Il cardinale prese di nuovo fiato, ed anch’io ero scosso dal racconto: possibile che lo Spirito Santo, a cui io peraltro non credo, fosse il suggeritore del mio nome?
Il cardinale soggiunse:
“Vede, dottore, anche il fatto che in così breve tempo oltre trenta saggi cardinali si fossero convinti a votare un signor nessuno, mi perdoni la definizione, era un evento del tutto anomalo. Su questo fiorì un nuovo, acceso dibattito, durante il quale fu però chiaro che sempre più cardinali si convincevano del intervento diretto dello Spirito Santo. Infatti, nella successiva votazione, avvenne il fatto che mi ha portato qui: sul suo nome si raccolsero poco più di novanta voti; insomma, lei era stato eletto Papa. Anch’io ho votato per lei,  Se dovessi dirle esattamente il perché, non lo saprei fare. Sono stato inspirato a farlo, ecco, e sono ancora molto, molto confuso, come se fosse stato un altro a votare e non io.”
Il cardinale sembrava esausto, bevve ancora, poi si rilassò e mi guardò.” Ho condensato gli avvenimenti, ma in pratica le ho detto tutto. Ora tocca a lei prendere in mano il pallino, come si dice.”
 
Mio padre tacque, era pallido, stanco.
“Francesco, capisci in che situazione mi sono trovato?”
“Sì, papà, una cosa pazzesca; ma come è possibile, a quel livello, votare uno sconosciuto?! E poi?”
“Senti, se non ti spiace, vorrei riposarmi, il racconto è ancora lungo, ci possiamo ritrovare qui fra un’oretta, cosi mi sdraio un po’.”
“Certo, papà, chiamami quando vuoi, tanto so che in ogni caso il Papa non l’hai fatto!”
“No, ed ogni tanto mi dispiace, chissà cosa avrei potuto combinare?! Ciao, ci vediamo più tardi.”
Ci rivedemmo dopo circa un’ora, papà si era ripreso, anzi sembrava tutto pimpante e voglioso di continuare il racconto.
“Dove eravamo arrivati? Ah, si, mi era rimasto in mano il pallino.”
 
Toccò a me prendere tempo, servirmi dell’acqua, alzarmi, fare un giro per il soggiorno e poi risedermi sulla mia poltrona.
“Cardinale De Vlaeminck, non vedo alternative, mi tocca seguirla a Roma, pronunciare il mio no e poi tornarmene qui, anche se la vita non sarà più la stessa, con questo nuovo peso mentale e di coscienza  che mi accompagnerà per il resto della vita.”
“Si, dottore, credo che sia la cosa migliore da fare. Non credo nemmeno che io debba scusarmi a nome mio e dei miei colleghi cardinali per quanto successo, siamo stati anche noi vittime di qualcosa  più forte di noi. Quando crede che potremo partire, un aereo privato ci attende a Tessera?”
”Mentre aspetto che torni mia moglie, preparo un valigino, poi credo che potremo andare.”
Ad Ada dissi che dovevo partire, che non si preoccupasse, di non fare domande a cui in quel momento non avrei potuto rispondere e di dire, se qualcuno avesse notato la mia assenza, che ero a Milano da mia madre, che stava poco bene. Ada era impaurita e perplessa, ma disse che andava bene, guardando con sospetto il cardinale che le sorrideva con occhi buoni.
In effetti, poche ore più tardi eravamo già all’interno della Cappella Sistina, dopo aver attraversato lunghi corridoi e salito erte scale all’interno dei palazzi vaticani. Non ti dico l’emozione di trovarmi in quel luogo unico al mondo, specie in quel momento, tutto bardato per il conclave. Dentro c’era un brusio che ricordava uno sciame d’api sopra l’arnia e tutti quei cardinali bianco-porpora che si muovevano di qua e di là, come formiche nel formicaio. Quando si avvidero del mio arrivo, però, tutto si fermò come d’incanto, tutti gli sguardi si rivolsero verso di me e calò il silenzio. Il cardinale De Vlaeminck ed io attraversammo tutta la cappella, andando incontro al maestro di cerimonie e al segretario del conclave. Essi erano già stati informati sul colloquio a casa nostra e del nostro arrivo, quindi diedero senza indugio avvio alla cerimonia dell’accettazione della nomina. Tutti i cardinali si erano seduti nelle loro cattedre, i cui baldacchini erano tutti abbassati; di solito ne restava solo uno alzato, quello del cardinale eletto, ma questa volta io non ero seduto su una cattedra, anzi ero in piedi davanti a De Vlaeminck, che ben presto mi rivolse la frase di rito:
“Acceptasne electionem de te canonice facta in Summum Pontificem ?”
Nella vita di ognuno di noi, anche nella storia dei popoli, nella storia dell’umanità intera, ci sono dei momenti topici, determinanti, di soluzione di continuità, che Stephan Zweig chiamava “Sternstunden”, ore stellari, in cui l’asse della storia personale, o dei popoli, o dell’umanità muta improvvisamente l’angolo di rotazione e stravolge la realtà precedente.
Quello fu uno di quei momenti.
Io tacqui per almeno quindici secondi, sono lunghi, sai, poi chiesi a De Vlaeminck:
“ Prima di rispondere, mi è permesso dire qualcosa ai cardinali qui riuniti?”
Il segretario, il cerimoniere e De Vlaeminck si guardarono perplessi, ma poi De Vlaeminck disse:
“Prego, dottor Cipriani, parli pure.”
Io mi spostai verso il centro della cappella, in modo da poter essere ben udito da tutti e dissi parole che non ricordavo d’aver pensato, ma che mi sgorgarono dalle labbra senza indecisioni.
”Grazie, cardinale De Vlaeminck e grazie anche a voi, cardinali elettori.
So che mentre ero in viaggio verso Roma, voi avete avuto tutte le informazioni su di me, sulla mia vita ed anche sulla mia non proprio positiva opinione su ciò che voi siete e rappresentate.
Anch’io, durante il viaggio verso Roma, ho pensato molto a quanto accaduto tra queste mura di stupefacente bellezza. Già lo sapete, non credo nello Spirito Santo, tuttavia devo riconoscere che qui è avvenuto qualcosa di poco spiegabile, una specie di corrente mentale, che, come una ragnatela, un
web neuronico, ha condizionato la volontà e le decisioni della maggior parte di voi. Vogliamo chiamarla “ispirazione dello Spirito Santo”? Come ipotesi per me va bene, quindi inquadro il mio pensiero in quest’ottica e mi chiedo: ma cosa vuole davvero lo Spirito Santo? Sa di certo che io non accetterò mai d’essere Papa. Allora perché mi ha voluto qui, attraverso questa improbabile elezione?”
Mentre parlavo, sentivo che i cardinali mi ascoltavano con grande attenzione e rispetto – a pensarci bene, se avessi risposto sì alla precedente domanda rituale, tutti loro avrebbero dovuto prostrarsi ai miei piedi e riconoscermi totale obbedienza – così continuai  parlare con grande serenità.
“Io una risposta me la sono data e voglio proporla alla vostra considerazione. Credo che si voglia da me che io indirizzi il vostro voto. Per essere più chiaro, non che sia io a dirvi chi votare, la scelta finale deve essere vostra, ma forse si vuole che io restringa, secondo mie scelte a monte, i nominativi su cui voi eserciterete la vostra scelta; insomma, uno screening preventivo secondo miei parametri, da non mettere in  discussione con voi.
Prima di andare oltre, tuttavia, e dirvi come intendo attuare tale screening, chiedo che voi vi esprimiate con il voto su questa mia idea. Se il voto sarà favorevole con una maggioranza almeno pari a quella con cui sono stato eletto, allora vi dirò come intendo procedere.”
Inutile dirti il clamore che le mie parole scatenarono in tutta la Cappella Sistina. Per almeno un’ora le discussioni s’intrecciavano da una parte all’altra della cappella, gruppi di cardinali s’avvicinavano e poi s’allontanavano dopo aver scambiate parole anche accese, spesso coglievo su di me sguardi interrogativi, alcuni furiosi, altri pieni d’approvazione. De Vlaeminck, essendo considerato fra i più saggi di loro, era chiamato a destra e a manca per consiglio o chiarimenti. Io mi ero seduto su una sedia e attendevo, mi era abbastanza indifferente ciò che avrebbero deciso, in fondo stavo cercando solo di aiutarli a trovare una via d’uscita ragionevole al disastro che avevano creato.
Alla fine fu deciso che avrebbero votato la mia proposta; voto segreto, naturalmente: avrebbero dovuto scrivere sì o no sul biglietto che il cerimoniere consegnava loro.
Beh, accadde che solo poco più della metà dei voti fossero favorevoli, un numero ben lontano da quello con cui mi avevano eletto Papa.
Li guardai perplesso, tutto sommato anche un po’ deluso, perché ero convinto che la mia proposta fosse buona e più intelligente che non la loro elezione del sottoscritto a Papa; mi alzai e dissi al cardinale De Vlaeminck che non era il caso di perdere altro tempo e che ero pronto a rispondere alla domanda di rito. Gli chiesi anche se riteneva che la domanda dovesse essere ripetuta o se potevo rispondere subito. Mi disse:
“Meglio ripetere tutta la liturgia, dottore.” Così, di nuovo, lui, il cerimoniere ed il segretario si disposero davanti a me e egli mi chiese:
“Acceptasne electionem de te canonice facta in Summum Pontificem ?”
Stavo per aprire bocca per pronunciare il mio sonoro “no”, quando un grido, proprio un urlo d’animale ferito, giunse da una delle cattedre cardinalizie:
“No, no, fermatevi,”gridava il cardinale che era stato per tanti giorni il candidato dei conservatori, “vi prego, fermatevi ed ascoltatemi. Ho peccato. Sì, ho peccato d’orgoglio, di superbia, d’arroganza. Non ho accettato che uno sconosciuto decidesse chi potesse essere degno dell’onere papale, un onere che io volevo tanto caricarmi sulle spalle, insieme agli onori e al potere che ne derivano. Le mie sottigliezze dialettiche hanno convinto o condizionato molti miei amici cardinali e così si è giunti a questo disgraziato risultato di voto. Ma ho sbagliato, il dottor Cipriani ci ha proposto una via d’uscita ragionevole, anche lui sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, a cui dice di non credere, e noi dobbiamo fare come dice lui. Cardinale De Vlaeminck, eminenti fratelli, in nome di Dio, ripetiamo la votazione, poiché quella precedente è stata inquinata dal mio peccato d’orgoglio.”
Nuovo clamore sotto le magnifiche volte della cappella, ma stavolta di durata più breve. Si arrivò alla ripetizione del voto e alla fine solo una decina di “irriducibili” negò il sì alla mia proposta.
Da quel momento la situazione fu tutta in mano mia. Chiesi di avere la scheda personale di tutti i cardinali, con tutte le informazioni sulle loro carriere, le loro opere, le loro prese di posizione su vari argomenti. Non fu un problema, quei documenti erano già in possesso dei cardinali per agevolare le loro scelte. Dissi poi che mi sarei preso il tempo necessario per consultarli e fare la selezione dei papabili secondo le mie idee. Avrei poi consegnato i nomi prescelti a De Vlaeminck, avrei atteso che uno di essi fosse eletto, poi avrei pronunciato il mio rifiuto e me ne sarei tornato a casa. Non ci furono discussioni, tutti ormai avevano accettato tale procedura del tutto anomala.
Non impiegai molto a fare le mie scelte, avevo due priorità ben precise in testa: prima di tutto volevo un Papa abbastanza giovane, che avesse tempo per realizzare un vero rinnovamento all’interno della Chiesa; ciò mi permise di non prendere nemmeno in considerazione i cardinali di più di sessantotto anni e ridusse ad una trentina le schede da studiare.
Altrettanto importante, per me, il secondo parametro: la Carità. Pensavo ad un Papa che mettesse questo valore come priorità assoluta della sua azione: parlo della carità del cuore, dei sentimenti, dello spirito, dell’azione verso il prossimo, dell’indulgenza, della compassione, in una parola, purtroppo abusata, dell’Amore verso l’altro da te. Non più un Papa di potere ma un Papa d’amore non solo a parole, ma nel proprio sentire e nelle azioni quotidiane.
Studiando le schede, trovai sei profili che sembravano rispondere ai miei due criteri prioritari.
Comunicai a De Vlaeminck i sei nomi che avevo scelto e poi tutto si svolse rapidamente. Con due sole votazioni, ad ampia maggioranza, fu eletto l’attuale Papa. Subito dopo, io pronunciai il mio no, lui pronunciò il suo sì ed io tornai a casa la notte stessa, impegnandomi a non raccontare nulla se non a te, quando ne avessi ravvisata la necessità. Durante quel conclave, alcune norme furono infrante o bypassate e forse anche per questo motivo non se ne è mai saputo nulla, a differenza di altre occasioni.
 
Mio padre si appoggiò con più forza allo schienale della sua poltrona, era visibilmente emozionato per quel racconto fatto dopo 15 anni, poi mi chiese: “Cosa ne pensi di questa storia?”
“Fantastica, nel vero senso della parola; però anche bellissima e, alla fine, siete stati tutti bravi, tu ed i cardinali. E la scelta che avete fatto, del nuovo Papa, veramente azzeccata, la Chiesa non è mai stata in auge come ora, proprio per il rinnovato messaggio di amore che il Papa ha saputo far esprimere ai suoi vescovi e ai suoi sacerdoti, anche tramite il proprio esempio.”
“Bene, Francesco. Ora tieni per te questa storia, sarebbe un peccato macchiare qualcosa che ha funzionato così bene.” E se ne andò a riposare.
 
Epilogo
 
Mio padre ci lasciò poche settimane più tardi, con grande serenità e forza d’animo. Ada ed io ci mettemmo naturalmente in moto per organizzare i funerali: papà mi aveva detto che, pur non essendo credente, non aveva nulla in contrario a funerali religiosi, se ciò avesse fatto piacere a Ada o a me. Ma poche ore dopo che avevamo parlato con il parroco della nostra cittadina, arrivò a Ada una telefonata dal Vaticano: era il Papa in persona; Ada non sapeva nulla della storia del conclave, perciò, confusa, passò a me la telefonata. Io dissi subito al Papa che conoscevo la storia e lui, tranquillizzato, mi disse:
“Dottor Cipriani, lei capirà certamente l’importanza che suo padre ha avuto nella storia recente della Chiesa e l’affetto ed il rispetto che noi tutti, vescovi e cardinali, che abbiamo vissuto quei lontani momenti, abbiamo per lui. Inoltre, penso che sia giunto il momento di rendere noto quello straordinario avvenimento. Infine voglio dare a suo padre un riconoscimento, purtroppo postumo, particolarmente importante e significativo. Ecco perché chiedo a lei e alla moglie di suo padre di concedermi la possibilità di esequie solenni in San Pietro, officiate da me e da alcuni dei cardinali. Solenne, in questo caso, significa una cerimonia alla pari di quelle svolte in onore di Papi deceduti, quindi anche con la presenza di capi di Stato o loro rappresentanti. In fondo, anche suo padre è stato, potenzialmente, un Papa.”
“Santità,”risposi” dovrò raccontare a Ada il motivo di questo suo desiderio e poi La richiamerò per darle una risposta.”
Il Papa si disse d’accordo, mi diede il numero di telefono diretto del suo segretario e mi salutò.
Raccontai tutto a Ada; lei, che ricordava quei lontani giorni d’assenza del marito, per i quali non aveva avuto alcuna spiegazione, fu subito d’accordo per i funerali in San Pietro e, pratica come sempre, aggiunse:
“Però dovremmo pagare il viaggio e la permanenza a Roma dei parenti più legati ad Alfonso che vorranno venire al funerale.”
“Non ti preoccupare, risolveremo anche questo problema.”, la rassicurai.
Subito dopo la stampa, a cominciare dall’Osservatore Romano, iniziò a divulgare la storia, che lasciò stupefatta l’opinione pubblica di tutto il mondo. Ci furono le più diverse, talvolta assurde, interpretazioni dell’accaduto. Certo, l’intromissione determinante di un laico, addirittura non credente, in uno dei momenti più delicati della vita della Chiesa, creava perplessità sulla validità stessa della elezione del Papa. Da una parte si esaltavano il rispetto verso la fede altrui e la serietà morale del laico e quindi del laicismo in generale, dall’altro si commentava, in vario modo, l’inaspettata umiltà della Chiesa ad accettare l’evento straordinario in virtù di una Fede forte e salda .
Tutto ciò, la storia e le sue possibili interpretazioni, furono raccontate, con voce commossa ed emozionata, dal Papa, durante i funerali in San Pietro. Egli concluse così la sua omelia:
“Alfonso non era credente, non credeva nella natura divina di Cristo, tanto meno credeva nella missione divina della Chiesa di Roma. Eppure, proprio a lui dobbiamo il ritorno della Chiesa al vero messaggio di Cristo, al ripudio del potere e della politica come priorità dell’azione del Vaticano, sostituiti dal messaggio d’Amore espresso innanzi tutto con l’esempio del comportamento di chi questa Chiesa rappresenta a tutti i livelli. E’ vero che anche i non credenti possono vivere come santi ed essere proclamati tali, ma non è la santità che voglio riconoscere in Alfonso. Ho voluto queste solenni esequie perché ho riconosciuto nel pensiero e nell’azione decisiva di Alfonso il marchio di Padre ispiratore di una nuova Chiesa di Roma e qui lo proclamo, Urbi et Orbi. Preghiamo per lui e per la nostra Nuova Chiesa. Amen.”
 
 
 
 
                Fine
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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