Scritto da © Antonella Iuril... - Gio, 05/01/2012 - 07:48
Milan Kundera
L’ignorante essenziale ricerca la verità, mette in discussione i dogmi, e punta il dito su ogni forma di discordanza e di incoerenza, scuote i luoghi comuni del sapere e mira verso la comprensione profonda di se stesso e di quanto lo circonda. Paradossalmente il suo fine non è il raggiungimento della conoscenza, ma ambisce di volta in volta ad aprire nuove porte, a sollevare altri dubbi, lungo la strada della ricerca della verità.
L’ignoranza illuminata supera la conoscenza e la saggezza, è la consapevolezza profonda del limite dell’intelletto anche quando è provvisto di qualità fuori dal comune, di comprendere “l’Assoluto” o se vogliamo la “Divinità”, che è la base dell’esistenza, ma nello stesso tempo trascende ogni forma di categoria, limitazione, definizione descrizione.
"L'uomo può essere certo solo dell'attimo presente. Ma sarà poi vero? Può davvero conoscerlo? Certo che no. E come potrebbe capire il senso del presente chi non conosce il futuro? Se non sappiamo verso quale futuro ci sta conducendo il presente, come possiamo dire se questo presente è buono o cattivo, se merita la nostra adesione, la nostra diffidenza o il nostro odio?"
Milan Kundera
“Nulla è più terribile dell’ignoranza attiva”
Johann Wolfgang von Goethe
Secondo l’insegnamento della Cabala, esistono quattro diverse forme d’ignoranza:l’ignoranza passiva, l’ignoranza attiva, l’ignoranza essenziale, e l’ignoranza illuminata.
L’ignoranza passiva è la più evidente, è quella dell’individuo che spende gran parte del suo tempo davanti ad un televisore e si lascia inondare passivamente la mente senza attivare alcuna forma di elaborazione personale.
L’ignorante passivo, è sostanzialmente un ignavo, che in fondo non si cura di nulla, fatta eccezione della sua inesauribile esigenza di essere intrattenuto e “riempito” di indiscriminati messaggi. Ansioso di adottare gli stereotipi piu’ comuni, non mette mai in discussione l’autorita’ mediatica, ma si avvale dei luoghi comuni relativi alla propria cultura, senza lasciarsi coinvolgere in un confronto attivo con culture a lui sconosciute; accontentandosi di una informazione a buon mercato.
L’ignoranza attiva invece è facilmente confusa con la conoscenza. E’ di colui che cerca di realizzare per sé una istruzione nozionistica, convinto di intraprendere la strada della conoscenza, non rendendosi conto di sostituire una un’ignoranza con un’altra.
L’ignoranza attiva, è altrettanto pericolosa quanto quella passiva, e nonostante tutti gli sforzi di apprendimento si rivela deludente. Infatti, l’allievo alla fine, anche se riuscira a memorizzare le dotte nozioni, sara’ privo della capacità di elaborazione e di creatività, la sua conoscenza “posticcia” mancherà di unità e di integrazione.
L’ignorante attivo, è sicuro di comprendere, ma di fatto, non si rende conto di quanto facilmente può trasformarsi in astratto strumento di propaganda a servizio di un sistema accademico, religioso o politico, il cui fine ultimo, è la diffusione dell’ignoranza attiva.
Secondo questo tipo d’ignoranza, la coscienza è solo un’attività elettrica, la vita è una reazione chimica, i nostri antenati erano delle scimmie, dove il mito viene deprivato dei suoi simbolismi, e alla fine tutto concorre in nome di verità scientifiche o dogmi indiscutibili, ad isolare e privare l’uomo della capacità di attingere a se stesso e a separare la sua mente dal suo spirito e dalla sfera misterica della vita.
L’ignoranza essenziale, è lo stato che si raggiunge quando una persona in tutta sincerità riconosce la propria ignoranza, ” Più so, più so di non sapere” diceva Socrate, e a differenza dell’ignoranza passiva, rappresenta un passo in avanti lungo la scala dell’auto-comprensione.
L’ignoranza essenziale non è mancanza di coscienza, ma piuttosto è la coscienza della mancanza.
L’ignorante essenziale ricerca la verità, mette in discussione i dogmi, e punta il dito su ogni forma di discordanza e di incoerenza, scuote i luoghi comuni del sapere e mira verso la comprensione profonda di se stesso e di quanto lo circonda. Paradossalmente il suo fine non è il raggiungimento della conoscenza, ma ambisce di volta in volta ad aprire nuove porte, a sollevare altri dubbi, lungo la strada della ricerca della verità.
L’ignoranza illuminata supera la conoscenza e la saggezza, è la consapevolezza profonda del limite dell’intelletto anche quando è provvisto di qualità fuori dal comune, di comprendere “l’Assoluto” o se vogliamo la “Divinità”, che è la base dell’esistenza, ma nello stesso tempo trascende ogni forma di categoria, limitazione, definizione descrizione.
L’ignoranza illuminata, comprende che tanto il monoteismo, quanto il paganesimo, hanno la possibilità di essere parte di quel “Tutto” che rappresenta la “Divinità”, che entrambe dispongono solo di nozioni parziali e che nessun “ismo” può avvalersi di qualità assolute.
Quando ci convinciamo che i nostri comportamenti sono la diretta conseguenza del nostro sapere, e che la visione di noi stessi e della vita in generale è il risultato di anni di evoluzione e delle nostre capacità intellettuali; dimentichiamo che il nostro concetto di esistenza, è innanzitutto modellato da paure irrazionali, dipendenze emotive, e appetiti primitivi, e purtroppo usiamo le nostre menti non per ricercare la verità, ma per creare verità che allevino le nostre paure e soddisfino i nostri appetiti.
Ci s’illude di eliminare ansia ed insicurezza, ed intanto le aziende farmaceutiche produttrici di ansiolitici e anti-depressivi, si rivelano essere le più fiorenti al mondo assieme al commercio di alcol e al traffico di droga.
testo e foto Antonella Iurilli Duhamel
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