Pochi mesi prima della sua morte, avvenuta nel 1987 alla veneranda età di novantotto anni, mia nonna Ernesta, mi mostrò un libro sdrucito, si trattava di "Passi nel deserto" (1), il diario che nonno Furio aveva scritto in Africa, durante la sua missione in Cirenaica in qualità di ufficiale dell’Aviazione Militare Italiana. Al suo interno per la prima volta, vidi la sua foto e accanto una misteriosa dedica: “ I petali della stella d'oro strappata all'infinito”.
Non avevo conosciuto mio nonno, infatti, non lo aveva conosciuto neanche mia madre; intorno alla sua figura era sempre aleggiato un grande mistero, ma dal momento in cui mia nonna mi consegnò quel diario , come fosse una preziosa reliquia, mi sentii incoraggiata a porle tutte quelle domande che fino ad allora non le avevo mai fatto. Fui informata di avvenimenti il cui segreto era stato implicitamente ritenuto inviolabile dalla mia famiglia e, soprattutto seppi la verità sulla loro bellissima e triste storia. Da quel momento in poi ogni volta ne parlava, i suoi occhi si riempivano di stelle. Oggi al pari di allora, le emozioni che lei è stata capace di suscitare in me, sono dei sensibilissimi tasti sempre pronti a vibrare.
I miei nonni si erano conosciuti grazie ad Italo Balbo, ministro dell’aeronautica, famoso anche oltre confine grazie ad una fortunata trasvolata atlantica, che gli era valsa una fama pari a quella di A.C. Linderberg. La nonna Ernesta non ancora trentenne, era divenuta da poco sua assistente; un evento più unico che raro, poiché donna e per giunta d’umili origini. I suoi genitori che erano dei semplici fruttivendoli di Vigevano, non esitarono a sobbarcarsi di sacrifici pur di farla diventare maestra. Nonostante l’onere dei suoi studi per la famiglia, le sue doti e la sua affermazione personale, furono un fiore all’occhiello e una rivalsa nei confronti del loro senso di miseria. Nonna Ernesta oltre che intelligente, era molto ambiziosa e determinata nonostante i limiti e i pregiudizi del suo piccolo paese.
La prima occasione importante le venne incontro quando ebbe il suo primo incarico d’insegnamento a Milano, da sempre città dei suoi sogni! Così grande e piena di possibilità, rappresentava per lei il luogo ideale in cui continuare a crescere culturalmente e professionalmente. A Milano poi, incontrò l’amore e si sposò. Disgraziatamente, la sua gioia fu di brevissima durata: per ben due volte rimase vedova, e ancora molto giovane si ritrovò sola con due figlie molto piccole da crescere. Una gran tragedia inaspettatamente addolcita dall’entusiasmo di una nuova sfida: lavorare a Roma a fianco di Italo Balbo.
Ben diversa, era a stata l’esistenza di mio nonno Furio, un affascinante ufficiale aviatore dalla personalità forte ed originale. Le sue nobili origini gli avevano elargito privilegi e opportunità fuori del comune che gli consentivano una vita all’insegna dell’arte e dell’avventura. Il suo rapporto con Italo Balbo era motivato dalla comune passione per il volo, la politica, la cultura, le belle donne, ma soprattutto la figura di Giuseppe Mazzini. Italo Balbo, repubblicano e mazziniano, si era laureato con una tesi su Mazzini e l’Unità d’Italia; il nonno oltre ad essere repubblicano e mazziniano, era cugino in secondo grado dell’eroe risorgimentale.
I miei nonni erano agli antipodi, non solo per estrazione sociale, ma soprattutto per “modus vivendi”. La nonna, dotata di una rigorosa autodisciplina non aveva mai preso nulla alla leggera. Sin da giovanissima, infatti aveva imparato a fare tesoro di ogni opportunità che la vita poteva offrirle. Il nonno, amante delle emozioni forti dannunziane, delle alte quote raggiunte dal suo aereoplano; non disdegnava di appagare il suo innato senso estetico, quando per caso o per destino si incontrarono, fu come diceva mio nonno, “un coup de foudre”, da quel momento in poi le loro esistenze furono inesorabilmente trasformate; la nonna cominciò a sognare ad occhi aperti, a vivere l’amore con la pienezza di una donna desiderosa di rinascere, mentre il nonno cominciò ad apprezzare i lacci di un legame più profondo e sincero.
Questo amore forte, quanto inaspettato, non tardò a dare i suoi frutti. Dopo qualche mese la nonna Ernesta rimase incinta di mia madre Furia. I nonni erano molto innamorati e intendevano creare una famiglia a Roma, ma il clima politico non consentì loro piani a lungo termine. Nel 1933 Italo Balbo fu esiliato con onore da Benito Mussolini che pur di sbarazzarsi di un antagonista carismatico e germanofobo gli offrì il governo della Libia. Era ampiamente risaputo che Balbo osteggiava apertamente le leggi razziali allora in vigore, infatti, prima a Ferrara e poi in Libia, riuscì astutamente ad evitarne l’applicazione.
Nel 1933 mia nonna, a seguito di Balbo in viaggio verso l’Africa, e oramai prossima al parto, ebbe la rottura anticipata delle acque, fu costretta ad interrompere il viaggio nei pressi di un piccolo villaggio calabrese per dare alla luce mia madre. Tuttora, a Belvedere, che è il nome del paese, ci sono delle persone molto anziane che ricordano il giorno in cui una giovane donna con una grossa pancia fu lasciata alla stazione e fu trasportata a braccia da un gruppo di forti e generosi giovanotti fino all’ospedale più vicino, tuttora situato in salita. a diversi chilometri di distanza dalla stazione.
La situazione era di estrema drammaticità: oltre le difficili condizioni politiche, il peso delle responsabilità che di lì a poco avrebbe assunto, due bambine da crescere, la totale mancanza di latte, indussero nonna Ernesta ad affidare mia madre neonata alle cure di una balia che aveva allattato molti bambini del luogo: la nonna Filippina. Nonna Ernesta, ebbe garanzie da parte del podestà che la sua bambina sarebbe stata al sicuro a Belvedere , mentre lei avrebbe tentato di creare in Africa un futuro migliore per sé e la sua famiglia. Nel suo intimo sperava che lontano dall’Italia, si potesse vivere in condizioni più umane senza dover temere ogni giorno di essere eliminati.
A Tripoli, i miei nonni e le mie zie vivevano in un palazzo del governo, praticamente il loro appartamento era situato nel luogo di lavoro. Un giorno mentre mia nonna e le mie zie stavano studiando musica, furono interrotte dall’irruzione di un giovane terrorizzato, un antifascista che era riuscito a sfuggire al controllo dei suoi guardiani. Bianco come un cadavere, implorò mia nonna di salvarlo, e apparentemente senza riflettere, lei lo fece nascondere dietro una tenda. Sembrava che all’improvviso lei si fosse dimenticata di essere una fascista, che le sue bambine erano estremamente vulnerabili, e che stava mettendo in gioco la sua esistenza oltre quella della sua famiglia. Le camicie nere irruppero brutalmente nella stanza a caccia del loro prigioniero e mia nonna terrorizzata, almeno quanto il giovanotto dietro la tenda, ebbe la presenza di dire: “Non disturbate, stiamo studiando”. Le guardie non si insospettirono data la sua autorità, e così il ragazzo ebbe salva la vita.
Intanto anche a Tripoli, la qualità della vita degenerava giorno per giorno; l’alleanza con i Tedeschi apriva la porta ad ogni genere di sopruso e di violenza, mentre i miei nonni insieme a Balbo, avevano cominciato a cospirare con Inglesi ed Americani per sabotare l’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, conflitto che di lì a poco sarebbe scoppiato. Mia nonna era solita dire che il suo mal di fegato era nato proprio in quegli anni, a causa della paura patita durante le missioni segrete in cui il nonno era coinvolto oltre la Manica. Per questo, quando l’aereo di Italo Balbo fu abbattuto dal fuoco amico della contraerea nei cieli di Tobruk, lei non ebbe nessuna fiducia nella versione ufficiale dei fatti, e non fu la sola, furono in molti, compresa la moglie di Balbo, a sospettare che il mandante fosse proprio Benito Mussolini e di lì a poco anche mio nonno perse la vita pilotando il suo aereo.
Invisa dai fascisti per la sua collaborazione con Balbo ritornò a Vigevano con il cuore spezzato per la propria tragedia, e per una guerra che aveva tentato con tutte le sue forze di evitare, nuovamente sola, vedova e povera con tre figlie da crescere. Come se tutto ciò non fosse abbastanza alla fine della guerra fu assurdamente imprigionata a assieme alle mie zie nel Castello Sforzesco di Milano.
Certamente non le furono risparmiate le violenze di rito: un giorno dopo, che i suoi aguzzini l’ebbero rapata i e picchiata a dovere perse i sensi. Avrebbe potuto morire ma si riprese e con sorpresa aprendo i suoi occhi incontrò due bellissimi occhi azzurri che la osservavano con pietà. Il ragazzo, che alcuni anni prima lei aveva salvato Tripoli, era ora lì davanti a lei; non più vittima perseguitata, ma vincitore e carnefice; tuttavia un vincitore umano, di buona memoria e soprattutto capace di gratitudine. Fu grazie a quel casuale incontro, che mia nonna e le mie zie riuscirono a tornare salve anche se non certo sane a casa.
Mia nonna ha avuto una lunga vita, intensa e certo non priva di perdite e dolori: ha sempre pagato in prima persona la scelta di una vita autonoma ed autentica. Pur credendo nell’amore mi diceva spesso: “Ama, con tutta te stessa ma non permettere a nessun uomo di dirti come devi essere. Sii sempre in grado di badare a te stessa dignitosamente”. Era piccola di statura; quando mi abbracciava la sua testa si appoggiava al mio petto come una bimba bisognosa d’amore, ma la sua statura morale era immensa.
Prima di morire, mi prese il viso tra le sue mani, e occhi negli occhi mi disse: “ non piangere, la morte non separa chi si vuol bene, noi siamo una cosa sola, non scordarlo mai!”; poi come era solita fare, aggiunse, “E non dimenticare quello che diceva Platone: i saggi parlano quando hanno qualcosa da dire, gli stolti parlano perché devono dire”.
Spero di non averla delusa.
Antonella Iurilli Duhamel
1. "Passi nel deserto" ed. F.lli Ribet - Torino
" ed. Transfinito by Lulu.com
- Blog di Antonella Iurilli Duhamel
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