Scritto da © Hjeronimus - Mar, 25/09/2012 - 17:16
È in ciò che si esprime l’umanesimo nascente degli artisti gotici dei secoli XII, XIII e XIV: la costruzione di un concetto spaziale come criterio-guida della rappresentazione. Una rappresentazione che cerca perciò di implementare la santità delle scene in una cornice realistica, di modo che è l’empireo mistico a subire una umanizzazione, e non viceversa. E, al contrario, sulla falsariga del pietismo nascente, è bene spesso l’umiltà in cui lo scenario vien calato a illustrarcene la santità.
Il bisogno di realismo nasce negli strombi dei portali gotici, nelle figure-colonna allungate nelle edicole allineate della porta dei Re, a Chartres, nel sorriso angelico porto da angeli efebici dalla porta del Paradiso di Magdeburg, la cui bellezza commovente è più incarnazione che etereità. Nasce nella maestà umanistica del Gloria scolpito da Maestro Mateo a Santiago de Compostella, così come nelle nobilitazione del lavoro umano, nelle formelle che Wiligelmo lascerà per sempre appese al duomo di Modena. Una fatica epocale che, movendo dall’umanesimo risorto nelle conventicole gotiche, approderà per gradi a quella “Rinascenza” stessa che ne rovescerà l’estetica, imputando al gotico la sua “mostruosa” malagrazia, la sua “gotica” disarmonia.
Quello dell’età gotica è il frutto di una cultura urbana (non a caso è il tempo dei Comuni), ma ciò che rinasce è anche un amorevole riequilibrio del rapporto dell’uomo alla natura, dopo i secoli traumatici e bui dell’alto-medioevo, ove la natura è madre crudele e ostile. È in questa riconciliazione che si colloca quella esigenza di rappresentazione realistica; è il rinato naturalismo a insinuare il principio del “bello naturale”. Se ne percepirà la conseguenza nell’apparire del paesaggismo nella pittura tardo-gotica della cosiddetta “scuola danubiana”.
L’evoluzione della rappresentazione spaziale nel nord-Europa si avvarrà di questo movente gotico-umanistico per esprimere una “imitazione del vero” che ne traesse una illusione perfetta. Ed è questa la via battuta dagli artisti di questo proto-umanesimo, prima che gli Italiani introducessero anche qui una prassi scientifica, che aprirà la strada appunto alla mimesis rinascimentale, ossia all’acquisizione definitiva alla conoscenza umana della scienza della rappresentazione visiva, fino alla comparsa della fotografia.
Il bisogno di realismo nasce negli strombi dei portali gotici, nelle figure-colonna allungate nelle edicole allineate della porta dei Re, a Chartres, nel sorriso angelico porto da angeli efebici dalla porta del Paradiso di Magdeburg, la cui bellezza commovente è più incarnazione che etereità. Nasce nella maestà umanistica del Gloria scolpito da Maestro Mateo a Santiago de Compostella, così come nelle nobilitazione del lavoro umano, nelle formelle che Wiligelmo lascerà per sempre appese al duomo di Modena. Una fatica epocale che, movendo dall’umanesimo risorto nelle conventicole gotiche, approderà per gradi a quella “Rinascenza” stessa che ne rovescerà l’estetica, imputando al gotico la sua “mostruosa” malagrazia, la sua “gotica” disarmonia.
Quello dell’età gotica è il frutto di una cultura urbana (non a caso è il tempo dei Comuni), ma ciò che rinasce è anche un amorevole riequilibrio del rapporto dell’uomo alla natura, dopo i secoli traumatici e bui dell’alto-medioevo, ove la natura è madre crudele e ostile. È in questa riconciliazione che si colloca quella esigenza di rappresentazione realistica; è il rinato naturalismo a insinuare il principio del “bello naturale”. Se ne percepirà la conseguenza nell’apparire del paesaggismo nella pittura tardo-gotica della cosiddetta “scuola danubiana”.
L’evoluzione della rappresentazione spaziale nel nord-Europa si avvarrà di questo movente gotico-umanistico per esprimere una “imitazione del vero” che ne traesse una illusione perfetta. Ed è questa la via battuta dagli artisti di questo proto-umanesimo, prima che gli Italiani introducessero anche qui una prassi scientifica, che aprirà la strada appunto alla mimesis rinascimentale, ossia all’acquisizione definitiva alla conoscenza umana della scienza della rappresentazione visiva, fino alla comparsa della fotografia.
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