Scritto da © Bruno Amore - Mar, 26/06/2012 - 21:00
Hanno mietuto tutto l'oro antico delle spighe
dalle colline e giù nei campi in basso
son rimaste le stoppie aguzze d'un giallo sbiadito
sembra aspettino i vomeri lucenti e finalmente
chiudere in pace il conto dell'annata.
S' infileranno, quelle lame lunghe taglienti
nel corpo ancora caldo ormai spossato
rovesciando quanto non fu sfruttato.
Ma non s'è visto un torso, una schiena
arrovellarsi al sole in fatiche per le ripe
non una falce, un rastrello, un manufatto amico
solitari mostri ruotati rosso arancio e ferro
che ingoiavano, tagliavano steli come burro
sputando parallelepipedi e cilindri di paglia
una lunga fila, come una catena a larga maglia.
Dov'è il pio bove, dalle lunate corna
dove il sudore che irrorò la zolla
dove la festa della trebbiatura
che tutti accomunava pur nella calura
dove quella fraterna convivenza che univa
dove quell'anima che della madre terra si nutriva.
Hanno mietuto tutto l'oro antico delle spighe
dalle colline e giù nei campi in basso
son rimaste le stoppie aguzze d'un giallo sbiadito
sembra aspettino i vomeri lucenti e finalmente
chiudere in pace il conto dell'annata.
S' infileranno, quelle lame lunghe taglienti
nel corpo ancora caldo ormai spossato
rovesciando quanto non fu sfruttato.
Ma non s'è visto un torso, una schiena
arrovellarsi al sole in fatiche per le ripe
non una falce, un rastrello, un manufatto amico
solitari mostri ruotati rosso arancio e ferro
che ingoiavano, tagliavano steli come burro
sputando parallelepipedi e cilindri di paglia
una lunga fila, come una catena a larga maglia.
Dov'è il pio bove, dalle lunate corna
dove il sudore che irrorò la zolla
dove la festa della trebbiatura
che tutti accomunava pur nella calura
dove quella fraterna convivenza che univa
dove quell'anima che della madre terra si nutriva.
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