Scritto da © Giovanni Perri - Gio, 10/12/2015 - 11:11
Invece sono qui
in una delle tante noie d'aprile
ad avvitare lampadine incollando albe al soffitto
tramando coi ragni nascosti nella mano
da un'ora nel corpo di un'idea
da quasi un secolo
il tavolo da ping pong del mio seminterrato
in un angolo un mucchio di libri e giornali
un gioco di polvere col dito
rumori che filtrano ricordi e gli occhi
gli occhi che inventano motivi
Mi percepisco appena sento piovere
ed è pioggia dagli alberi appena sento ridere
e vengono bocche a baciarmi campane a suonarmi
e sento una porta che si apre e ti vedo
mio cane di razza mio antico vicolo nel cuore
Avrei potuto scriverci un racconto
L'uomo che avvita lampadine mentre fuori piove
e la gente passeggia tra i negozi sul palmo di una mano
sabato pizza e amore una mosca vegliarda nel mio compleanno
e quella malattia di vivere completamente
e senza te_mai completamente
sbagliando i silenzi
curvando le voci sulla morte di un piede o di una mano
arrivando da mondi lontanissimi qui adesso
a darmi una pena che inchioda
ma vedo tante parole cadere
ecco, le mie le tue che si accavallano
perdendoci
da me a te due occhi continui
come quando mi guardavi e mi salivi alla fronte
perché mentre mi leggi ora, vedi, mentre mi parli
e mi mangi
mi scendi piano al collo invece
e mi lasci in uno specchio argentino
come una luna imprevista:
perché sei nella carta da parati; nella carta regalo sei nel mio natale
ottusa inspiegabile assenza nell'aria che mi buca
avrei potuto, beninteso, vivere, nascosto tra le dita come un gatto
essere io la tigre o il dolore di una casa di vetro
saltare da un lato all'altro del tavolo
fantasticare mondi su una stella
e scrivere di getto tutto un mappamondo di rancori
invece sono qui
solo un metro di pioggia ed un orecchio che gira in un'idea impossibile perché
è dura continuarsi dopo tanto amore
dura avvicinarsi da soli alla morte
mio piccolo
immenso
fiore lampadina
mio tetto scoperto
in una delle tante noie d'aprile
ad avvitare lampadine incollando albe al soffitto
tramando coi ragni nascosti nella mano
da un'ora nel corpo di un'idea
da quasi un secolo
il tavolo da ping pong del mio seminterrato
in un angolo un mucchio di libri e giornali
un gioco di polvere col dito
rumori che filtrano ricordi e gli occhi
gli occhi che inventano motivi
Mi percepisco appena sento piovere
ed è pioggia dagli alberi appena sento ridere
e vengono bocche a baciarmi campane a suonarmi
e sento una porta che si apre e ti vedo
mio cane di razza mio antico vicolo nel cuore
Avrei potuto scriverci un racconto
L'uomo che avvita lampadine mentre fuori piove
e la gente passeggia tra i negozi sul palmo di una mano
sabato pizza e amore una mosca vegliarda nel mio compleanno
e quella malattia di vivere completamente
e senza te_mai completamente
sbagliando i silenzi
curvando le voci sulla morte di un piede o di una mano
arrivando da mondi lontanissimi qui adesso
a darmi una pena che inchioda
ma vedo tante parole cadere
ecco, le mie le tue che si accavallano
perdendoci
da me a te due occhi continui
come quando mi guardavi e mi salivi alla fronte
perché mentre mi leggi ora, vedi, mentre mi parli
e mi mangi
mi scendi piano al collo invece
e mi lasci in uno specchio argentino
come una luna imprevista:
perché sei nella carta da parati; nella carta regalo sei nel mio natale
ottusa inspiegabile assenza nell'aria che mi buca
avrei potuto, beninteso, vivere, nascosto tra le dita come un gatto
essere io la tigre o il dolore di una casa di vetro
saltare da un lato all'altro del tavolo
fantasticare mondi su una stella
e scrivere di getto tutto un mappamondo di rancori
invece sono qui
solo un metro di pioggia ed un orecchio che gira in un'idea impossibile perché
è dura continuarsi dopo tanto amore
dura avvicinarsi da soli alla morte
mio piccolo
immenso
fiore lampadina
mio tetto scoperto
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