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ZIBALDINO 14-15/17: Dei pensieri e delle azioni. Della primavera.

Botticelli, dalla Primavera
14. Dei pensieri e delle azioni

 

Avvertiamo un certo disagio nel nostro signore. Alcuni pensieri inespressi ci dicono che lui non considera affatto banali le cose che diciamo, ma vorrebbe anche che facessimo della nostra libertà un uso più costruttivo. Ci fa intendere che, pur ritenendo legittime le nostre domande sul Giudizio Universale, pur passandoci piccole ironie e qualche facezia su grandi argomenti, vorrebbe che tralasciassimo almeno per un po’ la metafisica. Lui non desidera che il nostro senso di libertà risulti sminuito dalle sue osservazioni. Noi nutriamo per lui un grande e profondo amor filiale e siamo consapevoli che le sregolatezze di alcuni di noi sono solo l’effetto di un prolungato periodo di detenzione, i cui indubbi benefìci rieducativi hanno dovuto fare i conti con inevitabili forme di onanismo. Il nostro signore non sa tutto di noi né noi sappiamo di lui più di quel che riusciamo ad esprimere. Lui però sostiene e incoraggia la nostra libertà, perché sa che tra noi ci sono pensieri in grado di raggiungere zone per lui inaccessibili. I pensieri eroici possono arrivare a sacrificare la loro vita per questo. Il nostro signore auspica la proliferazione dei pensieri-azioni e ci ricorda che il tragico Amleto conclude che

 

Thus Conscience does make Cowards of us all,

And thus the Native hue of Resolution

Is sicklied o'er, with the pale cast of Thought,

And enterprises of great pitch and moment,

With this regard their Currents turn awry,

And lose the name of Action.

Uno di noi ha approfittato subito e ha detto al nostro signore che se Shakespeare è diventato così famoso scrivendo quel capolavoro che è il Giulio Cesare, lui, non potrebbe tentare la fortuna scrivendo il Giulio Andreotti? I congiurati, tutti uomini d’onore, ci sono e come!

 

15. Della primavera

Ora che Cassandra ha svuotato la sua sfera e Tersite il suo sacco, entrambi giocano con gli specchi e dispongono che appaiano i futuri. Fanno gargarismi con antiche pozioni velenose e rigurgitano scenari di morte. Osharàva rovànka yeràdah shogàva. Non sappiamo perché nelle sinapsi rimbombino questi messaggi. Nella Biblioteca della Memoria ci sono libri logori e muffosi scritti in questa lingua arcana. Nessuno di noi la capisce. Non capiamo neanche da dove venga. I pensieri votati all’azione sono stati arringati e benedetti con riti celtici. I loro contenuti sono stati sigillati in modo da evitare danni durante il viaggio; i più importanti sono stati clonati e depositati nelle casseforti del Notaio della Mente. Hanno anche una scorta speciale che li tutela da attacchi di pensieri provenienti da altri encefali. Ci è giunta notizia che un nostro fratello è partito per un viaggio avventuroso verso le sinapsi orientali, alla ricerca del pensiero cieco. È ancora viva la leggenda di quel vecchio pensiero. I pensieri neonati la conoscono un attimo dopo la nascita. È la prima cosa che imparano. Intorno all’area degli scavi sono in corso grandi movimenti che sembrerebbero orientati alla prosecuzione dei lavori. È comunque primavera e si parla ancora di Botticelli e di Vivaldi, di Poliziano e di Stravinskij. E come sempre:

 

bevi al calice dei fiori,

lasci stare argenti e ori,

prima o poi tu t’innamori

e d’amore senti i cori,

non ci sono altri valori,

non ci sono altri sapori,

solo lei adesso adori,

sarai lieto finché muori.

 

 

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