Scritto da © gatto - Dom, 26/03/2023 - 23:45
“E STO INFINITAMENTE / SE DIO HA FATTO IL MARE”. SULL’ULTIMO LIBRO DI RAFFAELE PIAZZA, “NEL DELTA DELLA VITA” (GUIDO MIANO EDITORE)
“Nel delta della vita infinita”, scrive Raffaele Piazza nel suo ultimo libro, siamo posti di fronte ad un bivio, dobbiamo scegliere la strada da progettare e attraversare, secondo il nostro libero arbitrio. Nelle 50 poesie del libro ricorre più volte il titolo, ampliato in un intreccio di meditazioni e riflessioni in versi: “Nel delta della vita luce e ombra / morale chiaroscuro delle scelte…”. Qualunque scelta, potremmo dire, ricordando Pascal, sia l’esito della scommessa preliminare sull’esistenza di Dio, “siamo incastrati” comunque per il semplice fatto di vivere; cosa che il poeta visualizza, mette sotto gli occhi del lettore, nel gioco degli ossimori, struttura retorica su cui si fonda il libro. Il bene e il male sono di fronte a noi in ogni momento, credenti o non credenti dobbiamo immettere la nostra vita, il flusso vitale in cui siamo immersi, in un qualcosa che va oltre noi, la nostra esistenza minima, sia esso “ristretto”, ben circoscritto alla sfera terrestre o collegato a fedi religiose, metafisiche. Raggiungere il mare attraverso il “delta” della fede per il poeta è il fine che dà senso a tutto il percorso. Tra le due opzioni positive: fare sì che la nostra vita ‘sfoci’ verso la moralità come superamento dell’egoismo oppure verso la fede, come ponte tra la terra e il cielo, il poeta sceglie da credente nettamente la seconda. Già porre l’esistenza di un “delta”, da parte dell’autore, fa scartare la possibilità che il flusso della vita si areni in un ‘non-luogo’, nel non senso, nel nulla dell’egoismo più totale, fine a se stesso, come della violenza cieca, anche verso se stessi.
Fatta questa premessa, che dal prologo si dipana in tutto il testo, il poeta richiama i temi affrontati nei libri precedenti, quasi come una variazione cui non sia possibile sottrarsi; attraverso la scrittura egli tenta di liberarsi dagli ostacoli che il flusso vitale, l’acqua della sua stessa vita che scorre, trova inevitabilmente davanti. Tale è la sua angoscia per il suicidio di Mirta, compagna prediletta; angoscia che cerca di superare con l’ausilio della fede concepita come comprensione e perdono di Dio anche verso chi compie una scelta estrema, sbagliata: “e vengono / i morti (anche Mirta) e gli angeli”. Più avanti nel libro anzi leggiamo: “E tutto scorre se sei una nuvola / nel sublime incielarsi”, con un rimando al celebre neologismo dantesco del canto III del Paradiso: «Perfetta vita e alto merto inciela / donna più su», verso con il quale Piccarda Donati, colei che non è riuscita per cause di forza maggiore a portare a termine nel chiostro i voti, si riferisce a Santa Chiara. La sacralità del ricordo dell’amica Mirta, la pregnanza del termine dantesco, la fede del poeta in Dio, permettono di andare oltre l’interpretazione di una semplice metamorfosi in nuvola di Mirta, in vista bensì del suo essere accolta e perdonata dal suo Creatore, benché non abbia portato a termine il suo percorso di vita e, a differenza di Piccarda, per scelta propria. Nella stessa poesia riuscita appare la conclusione, con cui il poeta cerca di comunicare il senso di profonda pace e consapevolezza interiore che la percezione di Dio e della bellezza della creazione gli fanno nascere dentro: “e sto infinitamente / se Dio ha fatto il mare”.
In tutti i libri di Piazza il cattolicesimo domestico fa da argine al male che interiormente ci avvolge e che può spingerci perfino fuori dal ‘letto del fiume’ in cui la nostra vita scorre. Possiamo scegliere come Mirta il suicidio o incanalare il flusso in un sistema di certezze precarie o assolute che siano, dei punti di riferimento. Non so se quelli di Piazza possano somigliare a quelli del personaggio di Augusta nella “Coscienza di Zeno”, su cui si esercita corrosivamente l’analisi critica del marito, Zeno, che converte le certezze borghesi della moglie da salute e salvezza in malattia. Sta di fatto che il rito del matrimonio è ossessivamente presente nelle sue raccolte; la camera nuziale, uno dei bracci del “delta” per il poeta, e la vita familiare sono celebrati come fine sublime dell’esistenza. Se “avventura e viaggio è questa vita”, occorre quindi ricercare la presenza di punti fermi, di uno spazio che ci conforti e rassicuri, questo ci dice il poeta che spesso richiama, anche in altri suoi libri “il Parco virgiliano” a Napoli, dove è la casa, centro dell’esperienza dell’amore familiare, cui si contrappone l’Arenile di Bagnoli (p. 27). Qui Mirta, inquieta, andava in riva al mare, luogo dove adesso la sposa, Selene, conduce l’amato per curargli la ferita della perdita dell’amica suicida. Nel libro il poeta pensando alla moglie, al fidanzamento con lei, richiama con una variazione (“rivivere la rima cuore e amore / fondamento dell’esistere”) il famoso testo di Saba sulla rima ‘fiore / amore’: “Amai trite parole che non uno / osava. M’incantò la rima fiore / amore/ la più antica difficile del mondo”.
La figura mitologica di Selene richiama Endimione, l’amato che dorme con gli occhi aperti e che l’amore risveglia. L’amore erotico nel matrimonio assume per Piazza un valore religioso, di resurrezione dal sonno di morte. Il misticismo erotico si associa al cattolicesimo domestico, unico conforto che il poeta ricerca di fronte al “sudore” del peccato originale, associato nella Genesi alla cacciata dell’Eden, quindi all’angoscia e alla lotta dell’esistenza: «ed entro in te solo per amore, / Selene, nel tuo fiore e sul bordo / delle cose mi accarezzi /e detergi il sudore”.
Siamo come rette che non si incontrano in nessun punto: “Vita a delta, parallela / ad altre vite parallele” e che tentano di trovare lo sbocco della propria esistenza secondo il poeta. Il passo ulteriore, seguendo l’acqua e il battesimo (“bere l’acqua della vita”; «il pensiero di entrare nelle acque / di salato battesimo»), è la fede assoluta, totale, abbracciando la luce che viene dall’Oriente nella nostra vita in Occidente, così da trovare la “sintesi”. Le citazioni evangeliche nel discorso poetico di Piazza, inseguendo il gioco degli ossimori, tracciano inequivocabilmente il percorso da seguire perché “il modello è Gesù” dice esplicitamente l’autore. “Delta della vita tra oriente e occidente / buio e ombra leggerezza e pesantezza / nella sintesi sicurezza e prudente / come il serpente e puro come / la colomba...». La “pesantezza” della sofferenza, del ‘male di vivere’, le malvagità che ci circondano, rimangono, ci accompagnano in ogni momento dello scorrere della nostra vita; necessaria quindi la circospezione dell’essere come “serpenti” pur nella purezza e semplicità dell’anima. Ma è possibile, oltre la pesantezza ed anzi insieme ad essa, trovare la “leggerezza”, secondo l’insegnamento del Vangelo, di Cristo: «Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero». Le citazioni evangeliche sono parte della costruzione del testo poetico, ma si incrociano anche con quelle di Giovanni Paolo II, come in questi versi: “Tutto viene a chi sa aspettare / e il segreto è non avere paura / (spalancare le porte a Gesù), versi che rimandano alla nota omelia del papa del 22 ottobre del 1978: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!”.
È Gesù, infine, il Dio cristiano, il grande mare cui ci conduce per il poeta il “delta della vita”, che permette di trovare il senso dei due abissi del nulla, i due attimi da dove proveniamo e dove andiamo, quello della nascita e quello della morte. In ogni momento dello scorrere dell’acqua verso il delta che ci fa sfociare nel mare, ad ogni nostro passo, la fede è possibilità di redenzione e di riscatto così da gettarsi nell’infinito mare della rinascita e dell’eternità generata dalla “culla del tempo”:
Attimo del delta della vita
due attimi dove sporge il
sole dal nulla, la culla del tempo
sottesa a redenzioni ad ogni passo.
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